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La Cgil e FLC Cgil sullo schema di decreto relativo alla scuola secondaria

Pubblichiamo il comunicato congiunto della Cgil e della FLC sullo schema di Decreto legislativo sul secondo ciclo approvato dal Consiglio dei Ministri il 27 maggio u.s. La Cgil e FLC Cgil sullo schema di decreto relativo alla scuola secondaria Roma, 15 giugno 2005

15/06/2005
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Testo comunicato

Venerdì 27 maggio il Consiglio dei Ministri ha approvato lo Schema di Decreto legislativo sul secondo ciclo. In nome di quel dialogo garantito a parole ma mai praticato, il testo dello Schema è stato reso noto solo pochi giorni fa, a più di dieci giorni dalla sua approvazione, dopo ulteriori tentativi di cercare una mediazione fra le forze della maggioranza e di ridurre gli elementi contestati dai diversi soggetti.

Sul metodo

E’ accaduto ciò che per tempo avevamo previsto e denunciato: a scuole praticamente chiuse, il Ministro che sospese e poi cancellò la Legge 30/’00 promossa dal precedente Governo, perché non era stato frutto, a suo dire, di un confronto nelle scuole e nel paese, licenzia un testo mai confrontato con nessuno.
Con il sindacato l’ultimo incontro risale al mese di marzo scorso ed in quell’occasione fu presentata la seconda versione della bozza: da lì all’approvazione di venerdì scorso ne sono state prodotte altre dieci.
Con la scuola non si è proceduto a nessuna consultazione, come invece la Cgil e la FLC Cgil avevamo proposto sin dal primo incontro del 13 gennaio scorso.
Nessun confronto neppure con le Regioni che, in particolare per quanto attiene al secondo ciclo, hanno competenze rilevanti, che non possono essere marginalizzate o addirittura negate, come invece ha inteso fare il Ministro, definendo lo Schema di decreto di natura ordinamentale, sul quale quindi il dovuto passaggio in Conferenza Unificata sarebbe un puro adempimento formale. Non a caso le Regioni hanno espresso protesta formale, denunciando lo strappo istituzionale del Governo.

Nel merito

Il testo dello Schema riconferma tutte le ragioni delle nostre critiche. Esso costituisce un ritorno indietro che non ha nulla di moderno, è anzi arretrato rispetto alle caratteristiche della società contemporanea. L’esercizio della cittadinanza attiva, infatti, secondo l’autorevole parere di esperti e come rilevato anche da indagini internazionali, richiede più conoscenze, saperi di base più consolidati, in un mondo che diventa ogni giorno più globalizzato e quindi sempre più piccolo.
Lo stesso modello di sviluppo economico è strettamente connesso al livello di istruzione e formazione delle lavoratrici e dei lavoratori: nessuna seria qualificazione è possibile se non c’è investimento in formazione e ricerca. Da queste ultime, ora più che mai, dipende la capacità competitiva dei sistemi, non già dal contenimento dei costi di produzione, come invece è convinzione e pratica della maggioranza di Governo.

Con la conferma della ripartizione in due sistemi del secondo ciclo e con la definitiva approvazione del decreto sul diritto dovere, si produce la divisione precoce dei giovani per appartenenza sociale, si gerarchizza non solo fra sistemi, al contrario della tanto sbandierata pari dignità, ma fra gli stessi licei, per i quali si afferma una “ superiorità” culturale e sostanziale del liceo classico. In tal modo si nega la praticabilità dei passaggi non solo tra un sistema e l’altro ma tra gli stessi licei, profondamente differenziati per struttura e per contenuti.

Nei confronti della Costituzione si ribadisce una grave concezione residuale, laddove si afferma che il riferimento ai suoi principi costituisce un optional, una possibilità e non un vincolo giuridico e sostanziale. Ciò è tanto più grave per la scuola, la più importante istituzione pubblica, che ha come compito l’educazione e la formazione dei cittadini!

Sul futuro della formazione tecnica e professionale dei giovani, si ricorre ad una formula vaga, “ il campus”, che dovrebbe accontentare Confindustria e mettere a tacere quanti si interrogano, preoccupati, sul destino degli istituti tecnici e professionali.
In tal modo si tenta di aggirare l’ostacolo, ma non si risolve nessun problema. Infatti dalla lettura del testo non si evince alcuna indicazione chiara rispetto ai soggetti, fisici ed istituzionali, ai contenuti, nonché all’assetto di questa nuova espressione, che rimane tale, data la vaghezza e la genericità usate. Del resto non era possibile fare di più, visto che il Governo ha scelto consapevolmente di non esplicitare le sue scelte, ammesso che abbia fatto delle scelte, sull’assetto reale del secondo ciclo, perché ciò gli procurerebbe comunque problemi in termini di consenso diffuso, che sarebbero troppi da sostenere in una campagna elettorale lunga un anno.
In tal modo, però, si continua ad alimentare incertezza e confusione, che comunque da sole stanno determinando cambiamenti, non certo positivi, sulla scuola secondaria superiore. E’, infatti, noto come le famiglie nelle iscrizioni al primo anno, negli ultimi anni, preferiscono l’iscrizione ai licei a quella all’istruzione tecnica e professionale, non avendo nessuna idea sull’identità di quest’ultima. Questo fenomeno, del tutto inedito, sta creando non pochi problemi, sul versante del personale, delle strutture e sulla reale possibilità di accoglimento da parte dei licei di un numero così rilevante di alunni, rispetto alla loro capacità ricettiva,
La confusione travolge, inoltre, anche il rapporto tra scuola e lavoro: le modalità in cui si dovrebbe realizzare, per la stessa fascia di età, sono molteplici e non chiaramente distinguibili tra loro. Si va dal tirocinio, disciplinato dalle norme emanate nel 1997, all’alternanza scuola lavoro, per la cui attuazione nel decreto specifico non si danno riferimenti precisi, all’apprendistato, normato dalla più recente normativa mercato lavorista, che tende ad eliminare l’obbligo, per gli apprendisti e per l’impresa, alla formazione esterna all’azienda. Non si tratta di una questione di poco conto, visto che la differenza sta tra un contratto che stabilisce diritti e doveri, nonché una retribuzione ( l’apprendistato), e prestazioni lavorative ( tirocini, alternanza) gratuite e prive di qualsivoglia tutela.
Su tutto dovrebbe far premio la garanzia degli organici definiti per l’anno scolastico 2005/06 fino al 2010. Come a voler dire agli insegnanti: non è chiaro su cosa e come sarete utilizzati, ma state tranquilli che qualcosa farete in questa fase di transizione. Ci pare un modo professionalmente discutibile di affrontare il tema.
Per quanto riguarda il sistema di istruzione e formazione professionale, per la sua identità e strutturazione si indicano livelli essenziali in modo così indefinito che è facile prevedere che alla fine avremo venti sistemi regionali molto diversi tra loro, esattamente come accade ora per i percorsi triennali sperimentali, cui non a caso si fa esplicito riferimento. Ciò che è chiaro è che per i percorsi di istruzione e formazione professionale la pari dignità rimane una pura opzione verbale, risultando quel sistema inferiore e subalterno a quello liceale, non adatto a fornire una base culturale e professionale sufficiente per coloro che li frequenteranno, che riceveranno in tutti i casi una formazione minore, più povera e di durata più breve.

Si dice che tutto avrà inizio nell’anno scolastico 2006/07.

Ma a dicembre 2005 gli alunni delle medie che informazioni potranno ricevere, rispetto alle scelte che dovranno esprimere entro gennaio 2006 per l’anno scolastico successivo?
Gli istituti tecnici dove saranno, quali contenuti offriranno e soprattutto chi rilascerà diplomi? E gli istituti professionali potranno considerarsi ancora dello stato oppure passati in silenzio alle regioni? Ed a quel punto, come sarà l’offerta formativa, come si presenteranno ai tredicenni e alle loro famiglie, con quale progetto culturale, quale identità?

Consideriamo questa impostazione un vero e proprio gioco al massacro, che travolge le istituzioni e le persone che ad esse si rivolgono!

C’era e c’è bisogno di qualificare la scuola secondaria superiore, di renderla obbligatoria per quei ragazzi che, lasciati soli, non ci andranno.

Ci vuole un progetto civile, culturale e politico che attraverso la scuola realizzi i principi costituzionali di uguaglianza, libertà e democrazia che non consideriamo una possibilità ma un obiettivo alto cui tendere continuamente.
Ci vuole la stessa determinazione che nel lontano 1962 portò alla istituzione della scuola media unica, il più grande processo di promozione sociale realizzato nel nostro paese.

Il futuro si costruisce a scuola con i bambini di oggi.

Per questo occorre fermare il percorso di questo schema legislativo, con iniziative pubbliche, con pronunciamenti formali delle scuole, delle istituzioni pubbliche, della società civile.
Noi chiediamo il ritiro del Decreto, chiediamo che si avvii davvero un confronto nel paese, attraverso una consultazione formale dei soggetti chiamati ad attuarlo.