Secondo ciclo: chi diventa che cosa?
Dove confluiranno i vecchi indirizzi?
Il decreto sul secondo ciclo all’articolo 27 comma 4 riporta il seguente e ormai noto passaggio:
“sino alla definizione di tutti i passaggi normativi propedeutici all'avvio del secondo ciclo di competenza del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, il medesimo Ministero non promuove sperimentazioni del nuovo ordinamento nelle scuole, ferma restando l'autonomia scolastica".
Uno di questi passaggi normativi è contenuto nello stesso articolo al comma 1 a) e laddove si prevede che prima di avviare il tutto il Ministero, sentita la Conferenza Unificata Stato-Regioni, deve definire
“tabelle di confluenza dei percorsi di istruzione secondaria superiore previsti dall’ordinamento previgente nei percorsi liceali di cui al presente decreto, da assumere quale riferimento di massima per la programmazione della rete scolastica….”
In sostanza questo passaggio rimanda al fatto che il ministero deve definire come si trasformano in licei gli attuali indirizzi di secondaria superiore.
Se la cosa è relativamente facile per i licei tradizionali, diventa problematica per tutti gli altri ordini di scuola. Si tratta infatti di riportare a 17 indirizzi ben 41 indirizzi attualmente esistenti e non abbiamo dubbi che la cosa sarà anche oggetto di pressioni diverse da parte di scuole, province e comuni, discipline, ecc. Non sarà perciò un processo breve e lascerà comunque scontenti e problemi.
Tra l’altro implicherà anche decisioni relative a cose non ancora definite. Per esempio: potranno convivere nella stessa scuola licei di tipo diverso? Un liceo economico e un liceo tecnologico ad esempio?
Ma anche a questo punto tutto ciò non potrà costituire una soluzione definitiva del problema, perché la ristrutturazione rischia di sguarnire completamente il territorio di percorsi scolastici. Per esempio: se il MIUR dovesse decidere che tutti gli ITC si trasformano in licei economici e in un territorio avessimo nello stesso ITC un indirizzo ragionieri (IGEA), ragionieri programmatori (Mercurio), e corrispondenti in lingue estere (Erica) avremmo a questo punto un liceo economico che potrebbe magari soddisfare l’utenza dell’IGEA, ma certo priverebbe il territorio di una preparazione di tipo informatico e di una di tipo linguistico. E d’altra parte queste non attengono al liceo economico, ma rispettivamente al liceo tecnologico e al liceo linguistico. Allora che fare? Aprire tre licei? Fare tre licei in uno? Oppure tutto liceo economico e non se ne parli più?
Intuiamo già la risposta del MIUR: liceo economico con campus informatico e linguistico. Cioè le cose vecchie con il vestito nuovo, però scucito e sicuramente con minor valore di prima. E poi perché non un linguistico con campus economico? O un tecnologico informatico con campus economico e linguistico?
Insomma una bella gatta da pelare. E dovrà pelarla non solo il MIUR ma anche l’ente locale.
E ne deriva subito una conseguenza: si può pensare che una simile gatta da pelare se la risolvano le scuole, inventandosi nei due mesi che mancano alle iscrizioni, una sperimentazione? Evidentemente una cosa simile è da suicidio, tanto più in assenza della direttiva su come si canalizzeranno in 17 indirizzi i 41 esistenti. Col rischio che una scuola sperimenti un tipo di liceo e si trovi poi costretta ad attivarne un altro per ragioni istituzionali o magari anche solo per ragioni territoriali.
Una ragione in più per non farsi prendere da fregole anticipazioniste e dire no a qualsiasi ipotesi di sperimentazione, tanto più ora che è chiaro che nemmeno Il MIUR l’ha disposta.
Roma, 21 ottobre 2005