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Secondo ciclo: ecco la sperimentazione.

Nota sul decreto ministeriale relativo alla sperimentazione del secondo ciclo.

03/02/2006
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In data 31 gennaio e non, come annunciato, nella serata di domenica 29 è stato firmato il decreto sulla sperimentazione.

L’anticipo delle date è stato probabilmente dovuto alla necessità del Ministro, impegnato nella campagna elettorale a sindaco di Milano, di controbilanciare nella presenza sulla scena mediatica le notizie relative alle elezioni primarie milanesi dell’Unione.

Nel merito il giudizio politico lo abbiamo già espresso al momento della notizia. La Flc-Cgil è e resta contraria a qualsiasi sperimentazione, totale o parziale, di questi ordinamenti, non solo per quello che prefigura ma a maggior ragione ora per quello che provoca arrivando a iscrizioni terminate e sulla base di decreti improvvisati che riducono l’offerta formativa sul territorio e prevedono la scomparsa dell’istruzione professionale.

Le sperimentazioni “possibili”.

Il testo fa riferimento ad un decreto sulle confluenze degli indirizzi emesso un mese fa (28-12-2005) ma mai pubblicato fino a ieri. E’ evidente dal testo che le sperimentazioni possibili in ogni scuola sono solo quelle coerenti con le rispettive confluenze.

Se ne deduce che

* gli istituti professionali, non contemplati in queste confluenze, non possono fare queste sperimentazioni (fatte salve alcune affermazioni contraddittorie che vedremo più avanti).

* non è possibile utilizzare queste sperimentazioni per istituire nuove specializzazioni diverse da quelle che la scuola ha (ferma restando comunque la diversa fisionomia dei nuovi indirizzi);

* è possibile istituire nuovi indirizzi solo nell’ambito del liceo e, per i licei con indirizzi, solo nell’ambito dell’indirizzo in cui le scuole o gli indirizzi esistenti confluiscono.

Le condizioni di sperimentazione.

Le sperimentazioni possono essere anche parziali o per singoli profili ordinamentali. Chiaro che per profili ordinamentali si intende che in un istituto a più indirizzi la sperimentazione può riguardarne anche solo uno, non è chiaro cosa si intenda per parziale.

E’ chiaro invece che la sperimentazione si fa solo se ci sono le risorse umane per farla. Se non ci sono non si può fare. Se ne deduce che tali risorse o derivano da eventuali soprannumeri presenti, o da una diversa organizzazione del lavoro delle risorse esistenti. A tale scopo più avanti il testo fa un esplicito riferimento alla programmazione plurisettimanali e alla possibilità di reti di scuole.

Le sperimentazioni inoltre devono avere l’assenso delle famiglie degli alunni destinatari. Detto così sembra che qualcuno decida quale classe corso o sezione deve sperimentare, poi si chieda l’assenso delle famiglie magari spostando ad altre classi chi non ci sta.

In realtà il problema è ben più complesso:

1. trattandosi di un modello completamente nuovo andrebbe riproposto a tutte le famiglie, quindi bisognerebbe rifare tutte le iscrizioni;

2. trattandosi di un modello che non ha sbocchi professionali, deve essere presentato nella sua vera essenza preuniversitaria e non professionale agli alunni e alle famiglie;

3. riguardo agli sbocchi professionali va chiarito alle famiglie che, fatto salvo quanto previsto per il liceo classico, il percorso sperimentale non dà più l’accesso a tutte le facoltà universitarie.

La sperimentazione del “campus”.

La formulazione del “campus” o “polo formativo” viene iscritta nell’ambito dei percorsi cosiddetti integrati dell’accordo stato-regioni. Essa chiama in causa i licei con indirizzi (soggetto non ancora esistente!), gli istituti professionali e la formazione professionale come soggetti che si devono raccordare, ma non dice quale è il soggetto di questa operazione. In tal senso oltre a indicare impropriamente gli ancora inesistenti licei con indirizzi (i più intenderanno che si tratta degli istituti tecnici), sembra rimettere in gioco i professionali anche come soggetto (mentre il decreto 226 e quello sulle confluenze, come detto più sopra, li escluderebbero).

La consistenza della sperimentazione.

La caratteristica della sperimentazione sembra ridursi

1. alla suddivisione degli insegnamenti in obbligatori, obbligatori a scelta dello studente e facoltativi;

2. alla progettazione di unità di apprendimento.

Ma prevede anche l’introduzione del Portfolio e di un non meglio precisato servizio di tutorato.

Relativamente alle discipline da assicurare in forma opzionale si da indicazione di dare priorità all’approfondimento delle materie obbligatorie e si suggerisce di ricorrere a eventuali reti di scuole, confessando una scarsa libertà di azione legata alla scarsa disponibilità di risorse umane e limitando perciò la flessibilità di questa parte e di quella facoltativa per gli studenti alle risorse alle competenze già esistenti.

Nell’insieme siamo di fronte, oltre che ad una scelta politicamente sbagliata negli obiettivi e nei tempi, anche ad un provvedimento abborracciato nei modi, che potrebbe essere letto nel “fate ciò che volete, purchè diciate che state già sperimentando”, visto che la cosa, ha finalità non pedagogiche ma politiche.

Da un punto di vista sindacale la cosa è ancora più grave: si parla con leggerezza di orari plurisettimanali e di reti di scuole, che implicano interscambio di docenti e elasticità degli orari senza che la questione sia stata affrontata in sede contrattuale..

Roma, 3 febbraio 2006