Intervento di Casadio alla manifestazione nazionale del 28 febbraio 2004
L’intervento di Giuseppe Casadio della segreteria nazionale della CGIL alla manifestazione nazionale del 28 febbraio a Roma
Nessuno si stupisca di vederci ancora qui oggi, in tanti con le Confederazioni sindacali; dopo la grande giornata del 29 novembre, dopo le decine e decine di iniziative, manifestazioni che hanno costellato i mesi, e ancora le settimane e i giorni scorsi (e da ultimo quella dello scorso 17 gennaio); e con altre ancora programmate per i prossimi giorni in molte città e piazze del paese.
Nessuno si stupisca per la determinazione che si esprime in questa piazza e in questa lunga mobilitazione. La nostra non è una lotta di resistenza, destinata ad esaurirsi, anzi: si amplia progressivamente l’arco delle soggettività che scendono in campo, che prendono partito contro le politiche del governo in tema di scuola pubblica. Lo testimoniano anche molte adesioni giunte a questa manifestazione. E si arricchisce il nostro patrimonio di buone ragioni, le stesse che tanti operatori insegnanti, ragazzi e loro famiglie, associazioni, amministratori locali, intellettuali, studiosi, sempre più numerosi professano nelle piazze, ma non solo!; nei luoghi della produzione culturale, sulle pagine dei giornali, nei dibattiti politici.
Mentre a difesa delle scelte della Ministra Moratti nulla si avverte in realtà se non pronunciamenti di puro schieramento politico.
Come può, chi esercita responsabilità di governo, prescindere da tutto questo? Pur essendo egli stesso (il Ministro stesso) consapevole, per di più, di disporre di strumenti fasulli: difettano le coperture finanziarie per realizzare il suo stesso disegno; ed è già in essere perfino una giurisprudenza della Corte Costituzionale sfavorevole all’impianto di quel disegno.
In virtù di quale strategia, di quale progetto, si motiva tanta ostinazione?
Un importante editorialista ha scritto di recente su uno dei principali quotidiani italiani che la legge 53 -la legge Moratti- “è indubbiamente l’intervento più ideologico fra quelli disposti dal Governo e dalla sua maggioranza”; secondo il ministro Moratti, infatti, si tratta di “non mettere più al centro la classe”, ma seguire i problemi e le abitudini individuali degli allievi (così’ si legge nella relazione generale alla legge).
E che dovrebbe succedere, dunque - c’è da chiedersi - le famiglie suggeriranno materie e corsi ai bambini e chiederanno alle scuole di attivare materie opzionali? Non è forse la premessa di un caos dilettantistico? Così si interroga l’editorialista nella sua riflessione (Edmondo Berselli, la Repubblica 2-2-04).
E così è infatti. Già la emanazione del decreto sul ciclo primario sta alimentando caos, incertezza, destabilizzazione. Ma non solo.
La legge 53, la strategia a cui si ispira, i primi atti applicativi, sono il paradigma ideologico di una concezione essenzialmente competitiva di tutti i sistemi di relazione, anche delle relazioni fra le persone, a partire appunto, dai primi gradi della scuola pubblica, cioè dai fondamenti, che lì si costruiscono, della coscienza civile dei cittadini di domani.
Se si ha chiaro ciò - come a noi è chiaro - si comprendono nella loro portata reale tutte le scelte che caratterizzano i provvedimenti e le politiche scolastiche della Moratti:
- l’anticipazione degli accessi;
- il familismo esasperato;
- la distorsione del rapporto fra scuola pubblica e scuola privata;
- la devastazione del tempo pieno come spazio formativo di qualità per tutti;
- l’imposizione della scelta precoce;
- il classismo intrinseco nel doppio canale.
E vedremo quali ulteriori sorprese riserverà il decreto sul ciclo secondario (non c’è da attendersi di meglio!)
Sono i tasselli di una strategia, ben visibile oltre l’improvvisazione che connota i singoli atti e il caos che ne deriva:
Una strategia a cui è funzionale:
- il taglio delle risorse dedicate
- la precarizzazione del lavoro degli operatori
- il depauperamento delle strutture e degli organici
Su tutto ciò noi siamo in disaccordo.
La scuola pubblica che intravediamo nelle architetture della legge Moratti è una costruzione sbilenca e irrealistica, fondata sulla rappresentazione di una società che non c’è e che non vogliamo!E’ una costruzione che si risolve in destabilizzazione, caos, incertezza, moltiplicando le difficoltà per i più deboli.
Ma soprattutto siano in disaccordo perché per noi la scuola pubblica non è una arena in cui si selezionano gli oligarchi di domani, bensì una istituzione sociale fondamentale, il primo cantiere della coesione sociale, in cui la persona prende coscienza di sé, dei propri diritti e apprende come investire i propri saperi in un progetto collettivo condiviso. E in cui l’autonomia è condizione essenziale di integrazione con la società reale, non veicolo di nuove rotture, disparità, nuove disuguaglianze, egoismi di ceto o di territorio.
La radicalità del nostro dissenso sta qui. Davvero, come è stato scritto, questo progetto è il più berlusconiano fra quelli prodotti dall’operato legislativo di questo governo e della sua maggioranza. Il profilo strategico è nitido, ben riconoscibile.
E gli ingredienti di base che lo sostanziano sono gli stessi che, variamente dosati, caratterizzano tanta altra parte dell’agire di questo governo.
Sono gli stessi che informano il liberismo primitivo e ideologico di Tremonti: nessuna politica industriale, nessuna politica di sviluppo per il Sud “perché l’economia si libera, non si governa”; e allora: meno tasse si pagano (legalmente o illegalmente…) meglio è….; e allora per far crescere ricerca e innovazione non servono azioni forti di sistema; poco importa che l’università sia alla canna del gas, meglio promettere tutele ad personam, ai “cervelli che rientrano”.
E intanto il nostro apparato produttivo è investito da un travaglio ormai sistematico.
Sono gli stessi principi che alimentano un assurdo accanimento nel ridimensionare le tutele del welfare….(pensioni e non solo) incuranti delle rotture sociali fra generazioni, ceti, realtà territoriali.
Sono gli stessi principi che vivono nel propagandismo militante con cui si spaccia la precarizzazione del lavoro per modernità, con cui si umilia il ruolo delle rappresentanze collettive.
Sono gli stessi principi che animano una sciagurata sub-cultura istituzionale che vuole imporre la frantumazione dello stato, delle sue istituzioni politiche e sociali in nome di tutti gli egoismi.
In questo senso davvero il progetto “Moratti” è il più berlusconiano dell’operato legislativo di questo governo. Perciò qui ci sono le confederazioni, come furono con gli operatori della scuola pubblica il 29 novembre scorso.
E per queste ragioni, tutte –fra esse anche la tutela e la qualificazione della scuola pubblica-, le confederazioni si apprestano ad una giornata di lotta generale.
Riflettano su ciò i nostri interlocutori. E’ annunciato che oggi, in un albergo di questa città, si svolge un meeting in difesa della “Riforma Moratti”, “per smascherare le bugie dei detrattori” dice l’On. Bondi.
Non perdano l’occasione! Riflettano su tutte queste cose e forse comprenderanno le ragioni della grande forza di questo movimento e della sua capacità di durare.