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Dimensionamento scolastico: Emilia Romagna, CGIL e FLC ne chiedono la sospensione

In un comunicato congiunto la posizione del nostro sindacato sul piano di riorganizzazione della rete scolastica nella regione per il 2013/2014 consegnato alle parti sociali.

21/01/2013
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A cura della CGIL FLC CGIL Emilia Romagna

CGIL e FLC dell'Emilia Romagna, visto l'esito della riorganizzazione della rete scolastica in Emilia Romagna per l'anno 2013/2014, consegnato alle parti sociali il 21 dicembre 2012 in sede di Commissione Regionale Tripartita, ribadiscono all'Assessore Regionale competente, alla CRT ed alle Parti Sociali, che lo sviluppo ed il sostegno dell'autonomia scolastica è un cardine irrinunciabile delle politiche regionali.

L'intesa tra Governo, Regioni ed Enti Locali dell'11 ottobre 2012 indica come parametro medio regionale 900 alunni per ogni istituzione scolastica e, applicato alla regione Emilia Romagna, secondo la tabella allegata alla bozza, assegna 607 autonomie comprensive dei CPIA, contro le attuali 551, e contro le 545 con gli ulteriori tagli previsti per il 2013/2014.

La riorganizzazione della rete scolastica dell'Emilia Romagna produrrebbe ben 62 autonomie in meno rispetto a quelle che la distribuzione nazionale attribuisce.

Dal settembre 2013, la programmazione delle province, sopprime altre autonomie scolastiche (-12 di cui 6 riutilizzate per aumentare il numero dei CPIA) con pesanti conseguenze quali scuole smembrate, istituti comprensivi con più di mille studenti, istituti con un alto numero di plessi, ulteriori tagli di posti di lavoro ed un inevitabile impoverimento dell'offerta formativa (-1 a PC, -1 a Modena, -2 a Bologna, -3 a Ravenna, -1 a Forlì, -4 a Rimini).

Segnaliamo, altresì, che i tagli intervengono in presenza di un trend demografico e di alunni/alunne in costante aumento nei prossimi anni (media di 10.000 alunni/e in più ogni anno) che richiede necessariamente un ampliamento della rete scolastica ed una programmazione di lungo periodo.

CGIL e FLC, che hanno condiviso gli indirizzi regionali nel merito del dimensionamento  della rete scolastica, sottolineano che in tale atto di programmazione regionale si prevedeva esplicitamente:

  • l'invarianza del numero di autonomie scolastiche in ambito provinciale, secondo il piano di dimensionamento del 2000, come punto fermo della programmazione;
  • priorità e sostegno ad un servizio scolastico diffuso e di qualità;
  • il parametro dimensionale per l'istituzione degli istituti comprensivi che deve oscillare fra un minimo di ottocento ed un massimo di 1200;
  • invito a ricercare, con gradualità  e con la più ampia partecipazione, le soluzioni adeguate.

Oltre all'intesa ed agli indirizzi regionali sopra ricordati, e' intervenuta, anche, una recente  sentenza della Corte Costituzionale 147/2012 che ha dichiarato incostituzionali le seguenti misure:

  • fissazione ad almeno mille alunni degli istituti comprensivi pena la perdita dell'autonomia scolastica;
  • istituzione forzata di istituti comprensivi;
  • soppressione delle scuole elementari e medie come scuole autonome.

La CGIL e la FLC segnalano una forte preoccupazione rispetto:

  • Alla grave incoerenza nella programmazione delle Province rispetto agli indirizzi regionali. Tali indirizzi sono vincolanti e, fra l'altro, vennero condivisi all'unanimità in sede di Conferenza regionale per il sistema formativo da quelli stessi soggetti istituzionali che successivamente in sede di programmazione territoriale, li hanno evasi. Basta consultare la programmazione di ogni provincia per constatare:
    • il mancato rispetto della media regionale di 900 studenti e dell'invarianza delle autonomie;
    • il superamento del numero massimo di 1.200 alunni per istituzione scolastica, da una parte, e, dall'altra, la costituzione di nuove autonomie sottodimensionate (al di sotto di 600 alunni in pianura e di 400 alunni in montagna) che non avranno diritto al Dirigente Scolastico e al Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi (DSGA).
  • All'assenza, in tutti i provvedimenti adottati, dell'indispensabile protagonismo delle scuole/istituti in tutte le sue componenti ed in rete con le altre scuole/istituti della Provincia. Le scuole/istituti sono state, spesso, vittime di scontri fra Enti Istituzionali più forti, di una mancata corretta informazione e dei tempi imposti dalla politica dei tagli. Le scuole/istituti, invece, dopo la riforma costituzionale sono soggetti dotati di autonomia propria (esattamente come un Comune); come tali devono essere riconosciute, valorizzate e trattate. Non possono essere terminali di scelte prese altrove;
  • Alla mancanza di una condivisa e vera “cabina di regia” regionale, efficace ed in grado di orientare, coordinare ed esprimere rilievi in ordine alla coerenza degli interventi programmati nelle Province. Non sono sufficienti i pur apprezzati interventi dell'assessorato regionale che hanno contribuito a ridurre la previsione di tagli.

Riproponiamo quanto CGIL e FLC hanno già indicato:

  • la necessità di rispettare in tutta la regione un parametro medio regionale di 900 alunni;
  • La costituzione di istituti comprensivi veri, solo se può essere assicurata una effettiva continuità didattica, dove, ad esempio, a cinque classi della scuola primaria corrispondano tre classi di secondaria (un ciclo vero e continuo di otto anni);
  • Evitare la costituzione di istituti con un numero molto alto di plessi che interessano molti comuni (fissare un numero max);
  • Tenere conto della densità abitativa per apportare gli opportuni correttivi (zone di montagna);
  • Istituire scuole di media grandezza più vicine possibile all'utenza onde evitare il disagio dei trasporti e dell'accompagnamento;
  • Procedere al dimensionamento attraverso un grande processo di partecipazione di tutti i soggetti interessati, dando voce alle Autonomie scolastiche pluralisticamente rappresentate, rispettandone i tempi, le volontà, le esigenze concrete;
  • Procedere con "una saggia lentezza" utilizzando l'arco di un triennio per dare stabilità alla rete scolastica, all'organico e per permettere un piano di investimenti sui servizi, sull'edilizia e sui trasporti.

Con ostinazione continuiamo a sostenere che le scelte devono farsi carico della complessità dei territori e mettere al centro una idea di scuola al servizio dei cittadini e non di un numero da raggiungere. Se la scuola non è vissuta da tutti i livelli istituzionali come "capitale sociale" della comunità locale, non c'è norma statale che possa garantire la sua qualità e i suoi risultati. Se le istituzioni locali non considerano la scuola come prima e originaria fonte della cittadinanza, a partire da ciò che compete loro (dimensionamento, ambiente, spazi …) non saranno certo “i livelli superiori” a sopperire a questa mancanza.

Gli attuali tagli al numero delle autonomie della nostra regione e quindi l'impoverimento dell'offerta formativa sono responsabilità anche della Regione, delle Province e dei Comuni.
Le decisioni prese valgono “rebus sic stantibus”, ma quando ci sono atti (Conferenza regioni e sentenza Corte Costituzionale) che incidono  sui presupposti, sorge non solo l'opportunità ma anche la necessità di una valutazione ulteriore.

Per questo chiediamo alla Regione di sospendere per un anno la riorganizzazione della rete scolastica, affinché in Emilia Romagna, per il prossimo anno scolastico, ci sia "non uno (scuola/istituto scolastico) di meno” rispetto all'anno scolastico.

Bologna, 17 gennaio 2013