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Lo smart working negli Enti di Ricerca, facciamo il punto!

Ne parleremo in un’apposita giornata seminariale che la FLC CGIL Roma e Lazio sta organizzando per la prossima struttura di Settore.

01/06/2020
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A cura della FLC CGIL Roma e Lazio

Nell’attuale situazione d’emergenza, ai fini della prevenzione e del contenimento della diffusione dell’infezione da coronavirus (COVID-19), il Governo italiano ha emanato alcuni decreti legge che semplificano l’accesso allo smart working, invitando le Amministrazioni Pubbliche a potenziare il ricorso al lavoro agile.

In particolare, la Direttiva 1 del 2020 – Emergenza epidemiologica COVID-2019, sostituita dalla Direttiva 2/2020 del 12 marzo 2020, hanno rafforzato ulteriormente il ricorso allo smart working, prevedendo che questa diventi la forma organizzativa ordinaria per le pubbliche amministrazioni e  ribadisce che il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione fino alla cessazione dello stato di emergenza. 

Anche l’articolo 39 decreto-legge “Cura Italia”, stabilisce che, fino al 30 aprile 2020, “i lavoratori dipendenti disabili […] o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità […] hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile […] a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.

Infine l’art. 263 del “Decreto Rilancio” (dl 34/2020) “Disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile”, dispone che le P.A. debbano organizzare il lavoro dei dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità oraria, rivedendo l’articolazione giornaliera e settimanale introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali  e non in presenza con l’utenza. A tal fine, le P.A. dovranno assicurare adeguate forme di aggiornamento professionale ai dirigenti degli enti e l’attuazione di tali misure rileverà ai fini della valutazione della performance.

Lo smart working viene introdotto per la prima volta nella Legge 124/2015 cosiddetta Madia la cui definizione riportata all’art. 18  che prevede le modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

L’introduzione dello smart working nella pubblica amministrazione rappresenta una profonda rivoluzione del sistema, sia da un punto di vista culturale che organizzativo.

Lo svolgimento del lavoro in tale modalità, comporta numerosi vantaggi sia per i lavoratori, che per le Pubbliche Amministrazioni.

Con il lavoro agile, i dipendenti hanno la possibilità di organizzare il proprio tempo, conciliando i tempi di vita e di  lavoro risparmiando sui costi degli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro; d’altra parte, lo smart working porta una serie di benefici anche per le Amministrazioni, che possono valorizzare le risorse umane, ridurre le forme di assenteismo, promuovere l’uso delle tecnologie digitali, con risparmi nei consumi elettrici all’interno degli uffici. Lo smart working favorisce, anche la programmazione del lavoro, la collaborazione, la produttività ed efficienza dei dipendenti ed il conseguimento dei risultati.

Lo smart working è una delle nuove frontiere del mondo del lavoro. Ma come tutte le cose ha i suoi limiti e le sue potenzialità che vanno analizzate.

Primo tra tutti “lavorare smart non significa essere sempre reperibili”.

I limiti della durata della giornata e della settimana lavorativa non cambiano. Il numero di ore di lavoro rimane invariato. La differenza semmai può riguardare la distribuzione delle ore di lavoro durante la giornata, permettendo così, se possibile, al lavoratore di gestire la propria giornata lavorativa come meglio ritiene.

Rimangono validi anche i limiti imposti dai contratti collettivi di lavoro: questo significa che al lavoratore devono essere garantiti un periodo minimo di riposo continuativo di 11 ore ogni ventiquattro ore e 15 minuti di pausa dal video terminale ogni 2 ore di lavoro.

Altro tema delicato “l’esercizio di controllo e monitoraggio delle attività del lavoratore”:  la legge sullo smart working non prevede eccezioni rispetto a quanto stabilito dallo Statuto dei lavoratori e dalla normativa sulla privacy. Di fatto, al datore di lavoro non è permesso effettuare un controllo continuo e indiscriminato sul dipendente e sul suo operato, neanche per mezzo di software appositi.

Il lavoro agile non si differenzia dal lavoro regolarmente svolto nei locali dell’azienda dal punto di vista della retribuzione, questo significa che i lavoratori che godono della possibilità di lavorare smart non devono essere economicamente penalizzati rispetto a chi lavora esclusivamente in azienda (questo può valere per le eventuali ore di lavoro straordinario come per i buoni pasto).

L’emergenza sanitaria e l’adozione imposta sul distanziamento sociale ha fatto rivalutare alla P.A.  la modalità di lavoro agile finora utilizzata in forma residuale dalla classe dirigente. In questi due mesi di lockdown l’uso della modalità agile è stata usata dal 90% dei lavoratori senza che ciò abbia avuto ricadute negative sulla produttività.

L’emergenza ha fatto la sua parte ed ha consentito il massimo dell’estensione di questa modalità di lavoro. Infatti negli Enti di Ricerca è stata raggiunta la percentuale del 90% dei lavoratori che hanno utilizzato tale modalità di lavoro.

È  notizia di queste ore che la Ministra del Lavoro Catalfo intende incontrare le parti sociali per regolamentare lo Smart Working.  Sarà l’occasione per valorizzare e contrattualizzare questo strumento.

Nel frattempo sarà necessario capire meglio cosa è accaduto durante questi mesi, i punti critici, i limiti e le  potenzialità dello Smart Working nel settore Ricerca.

Per questo sarà utile avviare un’indagine sull’utilizzo dello SW negli Enti di ricerca, sullo stato dell’arte rispetto alla sua applicazione e/o eventuali criticità rispetto agli aspetti remunerativi che rientrano nell’ambito della contrattazione per avere utili elementi di analisi per costruire una “piattaforma” per il prossimo confronto all’interno del rinnovo del  Contratto I. e R.

Ne parleremo in un’apposita giornata seminariale che la FLC CGIL Regionale sta organizzando per la prossima struttura di Settore.

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