In Lombardia partono i licei brevi: meno tempo scuola, meno istruzione
Il commento di Corrado Ezio Barachetti, Segretario generale FLC CGIL Lombardia.
A cura della FLC CGIL Lombardia
Apprendo dagli organi di stampa della dichiarazione del Direttore generale dell'USR Lombardia, dott. Francesco de Sanctis, che in conseguenza all'autorizzazione definitiva, a firma del Ministro Carrozza, della sperimentazione per l'attivazione di percorsi liceali della durata di 4 anni, ne auspica una esportazione alle scuole pubbliche: «A Busto Arsizio ha chiesto l'autorizzazione anche lo scientifico statale Tosi. E il nostro obiettivo è arrivare alle scuole pubbliche», così ha dichiarato.
Tre le scuole paritarie coinvolte nella sperimentazione: il collegio San Carlo di Milano, il Guido Carli di Brescia e l'istituto Olga Fiorini di Busto Arsizio. La prima maturità «anticipata» sarà quella dei liceali milanesi, il prossimo anno. Nell'istituto religioso di corso Magenta il progetto era stato, infatti, avviato tre anni fa con l'autorizzazione dell'allora ministro Mariastella Gelmini.
Non siamo stupiti che per l'ennesima volta tocchi alla sola Lombardia fungere da “laboratorio” per sperimentare soluzioni legate ai percorsi d'istruzione. Lo hanno fatto per la Istruzione e Formazione Professionale con i diplomi scolastici regionali, ci hanno provato malamente con la “chiamata diretta” dei docenti da parte dei Dirigenti scolastici, altrettanto malamente con le graduatorie “lombarde” per docenti e personale scolastico, con l'obbligo scolastico a 15 anni e altro ancora.
Anche oggi la nostra denuncia continua ad essere sempre la stessa: tutte queste “voglie”, più o meno sperimentali, sono sorrette da un unico comune denominatore, ridurre il tempo scuola, ridurre l'istruzione e la sua organizzazione, per noi ciò non va bene.
Non voglio addentrarmi nel problema specifico dettato dal fatto che qualsiasi riduzione trascina con sé una perdita di occupazione, situazione che già da sola sostiene il mio giudizio negativo, tanto più che nessun progetto parla di recupero dei posti mettendoli a disposizione per un organico funzionale d'istituto, preferisco restare sulle ragioni della scelta.
Si sostiene che così ci si avvicina agli standard europei, che in questo modo ci si laurea a 21 anni, che prima ci si potrà specializzare verso un proficuo ingresso nel mondo del lavoro attraverso la frequenza di percorsi formativi di II livello.
Togliere un anno di studio significa comprimere i tempi di apprendimento e questo significa abbandonare l'idea del “crescere apprendendo” per passare a percorsi dai saperi nozionistici e con scarsa possibilità di tempo per la costruzione di un pensiero critico e capacità di elaborazione.
Ma andando oltre ciò e nella speranza che si possa aprire un serio confronto su queste strategie che vedano prioritariamente coinvolti coloro che la scuola la fanno e la vivono, e per tornare all'apertura del comunicato, mi domando: perché “l'istituzionalista” de Sanctis dal momento che svolge la funzione di Direttore generale dell'USR Lombardia, non ha trovato un minuto, un'occasione per dirci che cosa stava bollendo in pentola?
Non lo ha fatto lui, non lo ha fatto l'Assessore Aprea, non lo ha fatto nessuno. Eppure queste scelte sono vive da tempo e così come abbiamo appreso sono state a suo tempo sostenute dall'ex Direttore USR Giuseppe Colosio, lo stesso che ora è divenuto collaboratore attivo della Fondazione A.I.B., Ente gestore del Liceo Internazionale per l'Impresa Guido Carli, appunto uno dei tre istituti impegnati nella sperimentazione.
Forse che fare “laboratorio”, fare “sperimentazione” produce più risultati se fatto di nascosto?
Oppure, forse, fare ciò è più opportuno farlo in un ambiente più "intimo" e "protetto"?
Io ho imparato che la Scuola in generale se vuole vivere e se soprattutto vuole essere un servizio a disposizione del Paese deve essere aperta, partecipata, condivisa e ricca di idee.
La FLC CGIL Lombardia chiede al Ministro Carrozza di mettere in trasparenza le sue volontà e soprattutto di metterle a confronto con l'insieme della società pedagogica, culturale e scientifica, e infine chiede anche di non dimenticare che nei luoghi d'istruzione ci sono i veri protagonisti a garanzia del futuro del Paese, coloro che ci lavorano.