Università di Urbino, sciopero pienamente riuscito
In un documento la presa di posizione della RSU e delle Organizzazioni sindacali contro il DL 112/08.
Le iniziative di mobilitazione negli atenei
È pienamente riuscito lo sciopero all'Università di Urbino che si è svolto nella mattinata del 18 luglio.
Lo sciopero, trasformato in assemblea cittadina nella Sala del Consiglio Comunale tappezzata dagli striscioni dei precari, ha coinvolto praticamente tutti. Le ragioni della mobilitazione, sono da ravvisare nel disagio complessivo del personale e nella preoccupazione per le incertezze che pesano sull'Ateneo e la mancanza di condivisione nelle scelte.
All'assemblea erano presenti anche docenti e alcuni presidi, oltre che il Sindaco di Urbino, l'Ass.re Provinciale alla Formazione ed altre autorità.
Nell'assemblea, conclusa da Marco Broccati della Segreteria nazionale della FLC Cgil, si è discusso poi degli effetti devastanti del DL 112/08 soprattutto per un piccolo Ateneo come quello di Urbino. In un documento la presa di posizione della RSU e delle OOSS contro il decreto.
Dopo la protesta, il Rettore ha scritto una lettera a tutto il personale nella quale ha dichiarato di capire il disagio e la delusione che stanno alla base della protesta e di condividerne i motivi dello sciopero.
Il Rettore ha poi rivolto l'appello a riprendere la strada del dialogo e del lavoro comune portato avanti per tanti anni.
Roma, 21 luglio 2008
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FLC Cgil Pesaro Urbino - CISL Università Urbino - Si-Può Urbino
Il Decreto Legge 112: un esplicito attacco all'università italiana
e a tutto il mondo della conoscenza
Le OOSS, la Rsu, le lavoratrici e i lavoratori dell'Università di URBINO esprimono la loro preoccupazione e la loro netta contrarietà ai provvedimenti riguardanti l'università, la ricerca, la scuola contenuti nel Decreto Legge n. 112/2008 collegato alla manovra finanziaria 2009 e approvato a giugno dal Consiglio dei Ministri.
Tali provvedimenti rappresentano un vero e proprio attacco al sistema pubblico della ricerca e della conoscenza, alle prospettive di stabilizzazione dei precari, alle procedure di reclutamento e di carriera, ai salari e alla qualità del lavoro.
In particolare, nell'università il Decreto colpisce tutto e tutti.
Le università potranno trasformarsi in fondazioni di diritto privato (art. 16), ovvero si prevede l'attivazione di un processo di privatizzazione, finanziato con risorse pubbliche.
Una scelta pericolosa, da respingere con fermezza, che implica:
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il trasferimento di tutto il patrimonio dell'università ad un soggetto privato
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di non essere più sottoposti alle regole di rendicontazione del bilancio pubblico
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che l'intero personale diventi da dipendente pubblico a dipendente delle fondazioni, senza specificare con quale contratto
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che tutto il sistema universitario venga depauperato.
Tutto ciò rappresenta un esplicito attacco ai diritti contrattuali del personale, alla possibilità che nel nostro Paese possa esistere un luogo di didattica e ricerca libero, come prevede la Costituzione, alla garanzia del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale.
Le regole del mercato e della valutazione possono essere introdotte anche senza privatizzazione, distribuendo le risorse in base al merito e alla virtuosità.
Un altro aspetto devastante per le università è il blocco del turn over, che riduce drasticamente l'occupazione prevedendo assunzioni solo nel limite del 20% delle cessazioni (art. 66).
La norma riguarda tutto il personale (docente, ricercatore, tecnico-amministrativo, cel) e rischia di azzerare ogni possibilità di reclutamento, avanzamento di carriera e rinnovamento degli atenei. L'autonomia universitaria obbliga certamente a comportamenti responsabili e a programmazioni lungimiranti ma non deve trasformarsi in strumento mortificante delle forze sane che rappresentano una preziosa risorsa.
Nel limite indicato dovranno rientrare anche le stabilizzazioni: saranno così definitivamente interrotti i processi di superamento del precariato che da anni ricopre incarichi strutturati a cui le amministrazioni non possono rinunciare.
Inoltre le risorse che si liberano con i pensionamenti saranno impegnate per ripianare i bilanci dello Stato.
Contestualmente viene ridotto il fondo di finanziamento ordinario destinato alle università che subisce un drastico taglio di 500 milioni di euro in tre anni: non solo vengono ridotti gli organici con inevitabili tagli ai servizi erogati all'utenza, ma a fronte di una già persistente situazione di oggettivo sottofinanziamento, una ulteriore riduzione di risorse avrà conseguenze disastrose per la gestione e soprattutto per le prospettive degli atenei.
Tali conseguenze si ripercuoteranno inevitabilmente sulla formazione degli studenti, futura classe dirigente, con il rischio di esporre l'intera nazione alla colonizzazione culturale ed economica.
Il Decreto interviene pesantemente anche sulla contrattazione integrativa nelle università limitandone le risorse disponibili (art. 22): infatti non solo vengono congelate tutte le risorse, comprese quelle provenienti dal bilancio proprio dell'ateneo aggiuntive al fondo del salario accessorio e destinate ad integrare il fondo fissato dalla Finanziaria 2006, ma quel tetto viene ulteriormente ridotto del 10%, mettendo in discussione anche quote di salario ormai ritenute fisse e continuative.
Anche in questo caso le relative somme risparmiate verranno sottratte all'università e versate in un apposito fondo di bilancio dello Stato.
Inoltre il Governo, fissando il tasso di inflazione programmata all'1,7% per il 2008 e all'1,5% per il 2009, a fronte di un'inflazione reale del 3,8%, provoca una perdita secca del potere d'acquisto delle retribuzioni di almeno 600 euro l'anno. Quanto accantonato per i rinnovi contrattuali per il biennio non basta neanche a coprire il solo 2008.
Il risultato di tutta l'operazione è che le risorse per il contratto nazionale non coprono la perdita di potere d'acquisto, si tagliano le risorse per la contrattazione, si fa sparire la retribuzione di produttività.
Un'altra forte penalizzazione per i lavoratori universitari è rappresentata dalla trasformazione degli scatti biennali dei docenti in triennali, a parità di importo (art. 69): una decurtazione inaccettabile che danneggia soprattutto i più giovani e sottrae ancora risorse agli atenei, visto che i risparmi saranno utilizzati per il bilancio dello Stato.
Ai fini del reclutamento dei giovani ricercatori, si ribadisce la possibilità di utilizzare i 40 milioni di euro stanziati dalla Finanziaria 2007 per il 2008, ma sono stati cancellati gli 80 milioni previsti per il 2009: è un'ulteriore penalizzazione delle possibilità di accesso dei ricercatori, che andrebbero invece incentivate e promosse.
A tutto questo si aggiungono le altre misure contenute nel decreto: i tagli alla scuola e alla ricerca, gli attacchi ai diritti del lavoro, ecc.
Le ricadute del Decreto Legge 112/2008 sull'università, sul diritto allo studio, sulle tasse, sul servizio agli studenti rischiano di essere gravissimi così come gravissimi sono gli attacchi ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Ribadiamo con forza il nostro giudizio negativo contro un disegno governativo di progressivo e irreversibile disimpegno dello Stato dal sistema universitario nazionale.
L'università italiana è da sempre al centro dei processi economici e culturali del nostro Paese, è una grande risorsa da potenziare e valorizzare soprattutto nell'interesse di coloro che vi studiano e che hanno il diritto a ricevere una formazione universitaria di qualità.
Per questo, tutti insieme, studenti, docenti, personale, dovremo contrastare la deriva privatistica, i tagli ai finanziamenti, gli attacchi al diritto allo studio e ai diritti normativi ed economici del personale, e difendere la qualità e la libertà delle università pubbliche.
SALVIAMO L'UNIVERSITA' PUBBLICA. SALVIAMO IL FUTURO DELL'ITALIA
Urbino, 15 luglio 2008
La RSU dell'Università di Urbino
Le OO.SS FLC CGIL, CISL Università, Si.Può