Padova: un muro alla scuola Valeri?
Intervento di Antonio Giacobbi, segretario generale della FLC Cgil del Veneto.
Grande evidenza è stata data nei giorni scorsi sui giornali locali e sulla stampa nazionale a quello che è stato definito “un nuovo muro” a Padova.
I fatti: nella scuola elementare Valeri, che ospita anche alcuni corsi del CTP per adulti al mattino, un giovane di 17 anni originario del Bangladesh fotografa con il telefonino alcuni alunni. Vuole mandare a casa la foto per far vedere alla sua famiglia dove studia e impara l’italiano. Lo spiegherà poi in lacrime agli insegnanti. Di qui parte una serie di interventi di alcuni genitori, preoccupati per la sicurezza dei propri figli, che chiedono di dividere in due l’atrio in cui passano adulti e bambini, anche con un muro, di fare entrare gli adulti, extracomunitari e non, da un ingresso separato, di fare lezioni del CTP solo alla sera.
Sulla vicenda pubblichiamo di seguito l'intervento di Antonio Giacobbi, segretario generale della FLC Cgil del Veneto. In allegato alcuni articoli usciti sui quotidiani locali, il documento dei docenti del CTP, l’intervento di un’insegnante della scuola.
Roma, 25 marzo 2008
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A proposito del “muro” nella scuola Valeri...
di
Antonio Giacobbi, segretario regionale FLC Cgil
Mi dispiace doverlo dire ma non sono d’accordo con quei i genitori che hanno sollevato il caso nei termini in cui ne hanno parlato i giornali.
E’ comprensibile e condivisibile la loro preoccupazione di tutelare i figli, ma certo era la stessa che hanno sempre avuto tutti i genitori che in questi 14 anni sono passati per quella scuola. Cosa è successo dunque di nuovo? Che un ragazzo di 17 anni, immigrato dal Bangla Desh, ha scattato una fotografia da mandare alla sua famiglia per far vedere la scuola che frequenta e dove impara l’italiano. Ed è bastato questo per scatenare tutte le paure che, è vero, ci portiamo dentro.
Ma in che società viviamo? In che paese siamo? Ma che genitori, che adulti, che educatori siamo se non riusciamo a distinguere, a valutare, a governare le nostre paure, a decidere qual è il messaggio da dare ai nostri ragazzi?
Ha ragione l’insegnante Costanzo nel bell’intervento pubblicato due giorni fa: quel “muro”, se muro sarà, è una sconfitta per tutti. Per la nostra cultura, per la scuola, per i processi di integrazione, per i ragazzi che dobbiamo educare all’accoglienza…per le stesse famiglie. Certo anche per le famiglie. Cosa diranno ai loro ragazzi? “Sai, abbiamo chiesto il muro perché (come scrivono sul mattino di domenica) la scuola potrebbe essere frequentata nel futuro da extracomunitari che non rispettano le leggi e potrebbero farti del male?” Come lo sai, mamma? Risponderà forse: “Perché un ragazzo del Bangla Desh ha scattato una fotografia da spedire a casa sua”?
Quando si prende questa strada, nemmeno un muro basta più: serve un nuovo ingresso, anzi no, meglio ancora: che questi immigrati vadano a scuola alla sera, dalle 18 alle 22. Chi sono, cosa fanno, perché vanno a scuola, perché al mattino piuttosto che alla sera…non interessa.
Voglio essere chiaro: il problema non è quello dell’accesso e di aule distinte per adulti e bambini. E’ normale che sia così, avviene in tutte le scuole, anche quando ci sono adulti di nazionalità italiana, alla Valeri si provvederà.
Se non si è fatto prima, è perché non ve n’era bisogno perché non ve ne è stato bisogno in 14 anni di attività. E’ perché la scuola ha lavorato bene, assicurando insieme accoglienza, ascolto, sicurezza e vigilanza.
E comunque mi dicono che la scuola ne avesse già fatto richiesta..
Nemmeno intendo sottovalutare le ansie e le paure che attraversano ciascuno di noi, in una società in cui la sicurezza di tutti è diventata un bisogno primario che le istituzioni devono garantire, a tutti e prima di tutto ai più deboli, e quindi anche ai bambini.
Il fatto è che questa vicenda, che è andata ben oltre il fatto in sé, del tutto normale, ha evocato in alcuni fantasmi e paure che hanno preso il sopravvento, ha fatto prevalere quello che alcuni genitori hanno definito “terrore”, ha impedito di mettere in campo una capacità di riflessione serena. E’ compito delle istituzioni e di chi le rappresenta non farsi mettere all’angolo da situazioni come questa e assumere decisioni che aiutino tutti a comprendere che non è con i muri, più o meno veri, che si sconfigge la paura e si costruisce il futuro. Per tutti.