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CREA: firmato il Protocollo di applicazione delle misure operative per l’emergenza COVID19. Avviata la Fase 2, prosegue lo smart-working

Sottoscritto il Protocollo operativo di Ente, un risultato positivo, che testimonia l’impegno in materia di sicurezza dei lavoratori CREA. Adesso, si impone un effettivo coinvolgimento delle RLS, delle RSU e delle organizzazioni sindacali territoriali.

19/05/2020
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In seguito ad una serrata e impegnativa sequenza di incontri e scambio di documenti con l’Amministrazione centrale, nella giornata di domenica 17 maggio 2020, è stata sottoscritta l’Intesa di Ente per l’applicazione del Protocollo 24 aprile 2020 sulla valutazione del rischio emergenza COVID-19 presso il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA).

Il Protocollo operativo intende assicurare un quadro regolativo uniforme per i Centri e le Strutture dell’Ente, disseminati in oltre 40 luoghi di lavoro. Un dato organizzativo, territoriale e logistico complesso, evidenziato anche in occasione della costituzione delle RSU e della designazione dei rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori (RLS).

Nei giorni precedenti l’avvio del confronto, FLC CGIL aveva denunciato l’irrazionalità e illegittimità della richiesta di autocertificazione dell’assenza di sintomi febbrili e sintomi influenzali, tramite cui si rimetteva a carico dei lavoratori un accertamento che è onere del datore di lavoro allo scopo di garantire le norme di sicurezza in materia di emergenza COVID-19.

Il primo risultato importante è stato, dunque, il ritiro dell’autocertificazione o dichiarazione sostitutiva inizialmente prevista, condizione pregiudiziale per l’avvio del confronto.

L’Intesa declina, in rapporto alla concreta realtà organizzativa istituzionale, i Protocolli già sottoscritti dalle Segreterie generali confederali e dai Segretari generali delle relative categorie del pubblico impiego, che costituiscono norme cogenti e interpretative.

Il principio base del protocollo è la prevenzione e il contenimento del contagio, che viene ottenuto con strategie di prevenzione, monitoraggio, informazione e formazione. Specifiche azioni di protezione vengono predisposte per categoria di lavoratori in base alle possibili circostanze in cui è eseguita la prestazione lavorativa, al rischio specifico di esposizione al contagio e alla personale condizione di salute.

Lo smart-working si conferma come strumento prioritario di svolgimento della prestazione lavorativa, al fine di superare la fase di emergenza (art. 4).

E’ stato costituito un Comitato nazionale per la definizione, l’applicazione e la verifica delle misure di prevenzione e protezione nell’ambito delle attività dell’Ente e di possibili situazioni di contagio. Il Comitato è composto dal datore di lavoro, dai dirigenti competenti e dalle organizzazioni sindacali rappresentative firmatarie del Protocollo (art. 3). Attraverso questa disposizione, è sancito formalmente il ruolo fondamentale che avranno le organizzazioni sindacali, a livello nazionale e territoriale, le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) nel definire i piani di rientro e le misure di sicurezza e di contrasto negli ambienti di lavoro, nonché le condizioni per la prosecuzione o la graduale ripresa dell’attività lavorativa presso le sedi di assegnazione.

Al Comitato è affidato il compito di monitoraggio della corretta applicazione delle disposizioni contenute nel Protocollo, a cui si conformano i Centri e Strutture di ricerca. Eventuali specificità di Struttura sono definite in sede di contrattazione a livello locale (art. 19).

Dunque, uno strumento regolativo flessibile, perfettamente adattabile ad una struttura organizzativa complessa (uffici, laboratori, edifici agricoli, campi sperimentali, stalle, serre, cantine sperimentali, aree boschive, officine meccaniche) ed alla attuale fase di emergenza sanitaria COVID-19.

La disciplina comprende la distribuzione degli spazi interni e le regole di accesso alle Sedi da parte dei lavoratori, anche mediante turnazione, secondo il principio di garanzia della distanza interpersonale di almeno un metro, di almeno 10 m cubi di aria per dipendente ed almeno 4 metri quadri per persona, salvo diversi limiti regionali (art. 10).

Una specifica sezione è dedicata all’eventuale riscontro di un caso manifesto di COVID-19 sul luogo di lavoro e alla pulizia dell’area dove abbiano soggiornato casi sospetti o confermati di contagio (art. 15)

Infine, è prevista una particolare tutela dei lavoratori c.d. ipersuscettibili ovvero alle persone che, in caso di contagio da parte di COVID19, per il loro stato di salute pregressa, presentano la possibilità di manifestare sintomi aggiuntivi o più gravi e debbono quindi ricevere una protezione rafforzata.

Altre questioni collegate più specificamente alla prestazione in modalità di smart-working saranno affrontate con specifici atti organizzativi, come la fornitura di hardware e di connessione di rete, la fascia di disconnessione e l’erogazione dei buoni-pasto.

In conclusione, è stato adottato un Protocollo nazionale di Ente che consente di vigilare sulla applicazione delle misure e migliori prassi per garantire la tutela della salute dei dipendenti durante l’emergenza COVID-19. Un atto di responsabilità dell’Amministrazione e di impegno condiviso con le Organizzazioni sindacali firmatarie, senza il quale sarebbe risultato impossibile governare la complessa realtà organizzativa dell’Ente.

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