Nonno, cos'è il sindacato? Il nuovo libro di Edizioni Conoscenza

Home » Ricerca » Piano Nazionale della Ricerca: molto rumore per poco

Piano Nazionale della Ricerca: molto rumore per poco

Grande la distanza tra gli annunci e la realtà ma le risorse del fondo sviluppo e coesione non erano scontate.

03/05/2016
Decrease text size Increase  text size

Era facile fare la tara alle dichiarazioni roboanti del Ministro Giannini degli ultimi 12 mesi in cui si parlava di quasi 5 miliardi per la ricerca. Il Piano Nazionale della Ricerca (Pnr) infatti stima al suo interno l’impatto del programma quadro Horizon e quindi della nostra capacità di intercettare le risorse in esso stanziate, il programma operativo regionale, comprende il PON ricerca, e tutti i fondi Miur quindi compresi i fondi ordinari. Le vere risorse “aggiuntive” per la ricerca, anche se già accantonate nel bilancio dello Stato, sono 500 milioni di euro del Fondo sviluppo e coesione che il Cipe ha redistribuito su diversi capitoli di cui appunto quota parte sulla ricerca.

In attesa di leggere nel dettaglio il Pnr che, ricordiamolo, fissa prevalentemente obiettivi per la ricerca e l’innovazione e volendo evitare di esercitarci in un commento delle conferenze stampa ci limiteremo per ora a due considerazioni. Non era scontato che il fondo sviluppo e coesione fosse utilizzato prevalentemente sulla ricerca e questo è un fatto indiscutibile. Si tratta ora di capire però in che modo queste risorse verranno finalizzate. Se da una parte è necessario sostenere la nostra capacità di competere su Horizon 2020 quindi di rafforzare con una nostra dote le filiere del programma quadro è altrettanto evidente che il nostro sistema della ricerca è in piena emergenza con una reale difficoltà a riprodursi.

È ineludibile un investimento di carattere strutturale che non può essere sostituito dal sostegno ad eccellenze vere o presunte. Le priorità sono quindi i fondi ordinari e il reclutamento. Anche misure aggiuntive come quelle del Pnr devono essere destinate a interventi che rispondono alle emergenze del sistema ma soprattutto serve un piano pluriennale di stanziamenti a partire dalla prossima legge di stabilità finalizzati a triplicare l’investimento dello stato nella ricerca pubblica fondamentale e applicata, nel reclutamento con almeno 20.000 posti stabili per le università e 10.000 per gli enti di ricerca.

Le risorse si possono facilmente trovare basta pensare che in due leggi di stabilità sono stati destinati 15 miliardi di euro tra incentivi per le assunzioni e sgravi fiscali alle imprese. Noi siamo convinti che un analogo investimento nella ricerca pubblica avrebbe un impatto anticiclico decisamente maggiore.

Nonno, cos'è il sindacato?

Presentazione del libro il 5 novembre
al Centro Binaria di Torino, ore 18.

SFOGLIALO IN ANTEPRIMA!