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Considerazioni sul docente tutor

In questi giorni, soprattutto dopo alcune interviste del Ministro Moratti, si stanno diffondendo diverse interpretazioni sul ruolo del docente tutor, previsto dal decreto attuativo della legge 53.

09/02/2004
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In questi giorni, soprattutto dopo alcune interviste del Ministro Moratti, si stanno diffondendo diverse interpretazioni sul ruolo del docente tutor, previsto dal decreto attuativo della legge 53.
Circolano sulla questione almeno due ipotesi

Il tutor forte.
Secondo questa versione siamo di fronte ad una vera e propria nuova figura di insegnante.
Spingono verso questa interpretazione alcuni aspetti del testo del decreto: si tratta di un “docente in possesso di una specifica formazione”, che svolge questa funzione “per l’intera durata del corso”. Non un docente qualsiasi, quindi, può fare il tutor, ma solo chi è stato appositamente formato. È esclusa anche la rotazione, possibile solo al termine del corso quinquennale nella primaria e triennale nella secondaria di secondo grado e sempre che si sia in possesso della specifica formazione.
Cosa deve fare ? In “costante rapporto con le famiglie e il territorio” svolge funzioni di orientamento e tutorato, coordina le attività educative e didattiche, cura le relazioni con le famiglie e la documentazione (portfolio) del percorso dell’allievo.
Una concentrazione di responsabilità che travolge gli incisi “fatta salva la contitolarità didattica” e “con l’apporto degli altri docenti”, quest’ultimo riferito alla compilazione del portfolio. Queste precisazioni, inoltre, se da un lato cercano con scarso successo di conservare la corresponsabilità docente, dall’altro tradiscono il fatto che i docenti saranno divisi in due parti, tutor e non tutor.
La figura del tutor è creata concentrando in una nuova figura di docente funzioni e competenze (orientamento, tutorato, valutazione, documentazione, rapporti con le famiglie) che oggi sono di tutti, con l’aggiunta del coordinamento delle attività.
Sostanzialmente si tratta di un gioco a somma zero che determina due figure docenti, una forte e sovraordinata e l’altra debole e subordinata, compatibile anche con rapporti di lavoro precario e a prestazione d’opera.
Nella scuola primaria, secondo questa ipotesi, l’introduzione di questa nuova figura coincide con il ritorno al maestro unico responsabile della classe, che insegna le materie “principali” in orario antimeridiano, assicurando una forte prevalenza (nei primi tre anni almeno 18 ore di insegnamento nella stessa classe) e utilizzando le residue ore per le attività connesse all’incarico di tutor.

Il tutor debole
Secondo questa versione il tutor è una funzione e non una nuova figura di insegnante.
Negli ultimi giorni lo stesso Ministro si è fatto paladino di questa interpretazione debole. In alcune interviste ha, infatti, ribadito la grande importanza dell’insegnante tutor nel coordinare l’équipe dei docenti e nell’orientare i ragazzi rispetto alle scelte del proprio percorso educativo e ha precisato che non è una figura, ma una funzione, quindi, ha detto la Moratti, “ogni insegnante può essere tutor, all’interno di una classe, ci sarà un insegnante che è tutor in una classe, un altro insegnante che non svolge la funzione di tutor in quella classe la può svolgere in un’altra”.
Proseguendo in questa interpretazione e ricordando che il decreto riferisce l’attività di insegnamento del tutor agli alunni e non alle classi, si potrebbe anche immaginare che tutti gli insegnanti possono essere tutor contemporaneamente in relazione a gruppi di allievi di numero inferiore alla classe.
In questo caso tutti dovrebbero conseguire la specifica formazione che, comunque, è finalizzata al conseguimento di competenze aggiuntive all’attuale profilo.
La funzione tutoriale continuerebbe ad appartenere a tutti gli insegnanti, sarebbe sviluppata e rafforzata dalla specifica formazione, ma non si creerebbero due diverse figure di insegnanti, tutor e non tutor, in rapporto fra loro in modo inevitabilmente gerarchico e lesivo della pari dignità professionale.
“Tutti tutor, nessun tutor” sembra essere l’ultima offensiva della Moratti sul fronte della rassicurazione dei docenti.

Il tutor possibile è quello dannoso
Quanto teoricamente sembra possibile, si scontra con problemi di fattibilità.
Nella scuola media, come è possibile sostenere che i docenti che insegnano in una classe per poche ore alla settimana possano credibilmente essere tutor di classi o di gruppi di alunni interni alla classe? Quasi inevitabilmente la funzione sarà assegnata agli insegnanti di lettere e matematica.
Per la scuola primaria le Indicazioni Nazionali, allegate al decreto, sostengono che il tutor “svolge attività educative e didattiche in presenza con l’intero gruppo di allievi che gli è stato affidato per l’intero quinquennio, per un numero di ore che oscillano da 594 (18 settimanali) a 693 (21 settimanali) su 891 annuali”
Nella scuola primaria l’introduzione delle attività facoltative e opzionali e del calcolo dell’organico non più sulla base delle classi, ma per la sola copertura del tempo scuola, rendono possibile ad un solo docente per classe assicurare 18 ore di insegnamento all’intero gruppo affidatogli per svolgere la funzione di tutor.
Nella scuola primaria, inoltre, non è possibile assicurare una riduzione di orario a 18 ore a tutti gli insegnanti perché l’organico non sarebbe più sufficiente a coprire il tempo scuola. Il commento ministeriale al decreto, per altro, attribuisce molto rilievo a questa riduzione dell’orario di insegnamento per lo svolgimento delle funzioni nuove affidate al tutor.
Nell’attuale tempo pieno (40 ore obbligatorie con due insegnanti contitolari) sarebbe possibile per entrambi i docenti essere tutor degli alunni della classe, ma nelle 40 ore modello “spezzatino” (27 + 3 + 10) e con l’organico calcolato per coprire il solo tempo scuola, inevitabilmente il tutor coincide con l’unico responsabile della classe che assicura 18 ore di insegnamento prevalente, cui si aggiungono gli insegnanti frammentati (inglese, religione, informatica, laboratori, mensa).
Lo stesso vale per i moduli, un solo insegnante può assicurare 18 ore di insegnamento ad un “intero gruppo di allievi” che inevitabilmente coincide con il gruppo classe.
Quindi, il tutor che potrà essere concretamente messo in atto dalle scuole sarà inevitabilmente una figura di insegnante che si configura come gerarchica e, nella scuola primaria, rappresenta anche il ritorno ad un modello di organizzazione didattica centrato su un insegnante fortemente prevalente, tuttologo, unico effettivo responsabile della classe.

Un ultimo tentativo per tranquillizzare
Le ultime dichiarazioni della Moratti sembrano più che altro dettate dal tentativo di tranquillizzare gli insegnanti.
Se non siamo di fronte ad una nuova figura di insegnante, ma ad una semplice funzione tutoriale che appartiene al profilo professionale di ogni docente, per quale ragione il governo non ha accolto gli emendamenti, presentati in Parlamento anche da forze politiche della maggioranza, volte ad affidare all’autonomia scolastica le decisioni su come assicurare agli allievi la funzione tutoriale ?
Il governo in realtà si è preoccupato di “incassare” le abrogazioni degli articoli del Testo Unico (tempo pieno, tempo prolungato e moduli) e di introdurre le novità (tutor) necessarie per modelli di organizzazione didattica meno “costose” in termini di organici.
Ottenuto ciò, il governo si rende disponibile, in prima applicazione e in particolare per il prossimo anno scolastico, a concessioni pro-tempore per evitare che la rivolta si estenda.
Come l’organico del tempo pieno e prolungato è confermato per il prossimo anno scolastico, ma poi sarà alla mercé delle finanziarie che verranno, così il tutor, in via transitoria (come il Ministro ha detto ai sindacati nell’incontro del 5 febbraio), sarà debole, poi saranno i vincoli organizzativi con cui le scuole devono fare i conti e, soprattutto, i futuri tagli agli organici a renderlo una figura forte e necessaria.
È, quindi, chiaro che la mobilitazione contro l’introduzione del tutor deve rafforzarsi, utilizzando tutti gli strumenti disponibili per contrastarne l’attuazione: ricorsi contro l’eccesso di delega (nella legge 53 non si parla di tutor), rivendicazione delle prerogative contrattuali in materia, deliberazioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche autonome.

Roma, 9 febbraio 2004

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