Corsi lampo per Università degli studi LINK: la FLC CGIL segnala ai Ministri Valditara e Bernini una formazione in ingresso dequalificata e ridotta a compravendita di titoli
In soli 17 giorni si acquisiscono 30 crediti formativi e l’abilitazione per insegnare.
La chiusura della fase dell’aggiornamento delle Graduatorie Provinciali delle Supplenze non vede calare le polemiche sui punteggi connessi a titoli di abilitazione assai onerosi ottenuti mediante modalità telematiche.
E nonostante la scadenza imminente, atenei come Università degli studi LINK rilanciano nuove “Summer Edition” dei corsi abilitanti, che per 2 mila euro e in soli 17 giorni, comprensivi di sabati e domeniche, consentono di ottenere l’abilitazione per insegnare nella scuola secondaria.
La ripresa dei corsi di formazione in ingresso abilitanti, bloccati da oltre 10 anni, è connessa con l’attuazione della riforma del reclutamento prevista dal PNRR e il contributo specifico del governo Meloni è stato di tutto rilievo: i corsi previsti dal decreto-legge n. 36 del 2022 sono stati fortemente alleggeriti sia nel peso formativo, passato da 60 CFU/CFA a 30 per molte tipologie di docenti, che nella modalità di erogazione della didattica, che è diventata in alcuni casi interamente on-line.
Non si sono invece ridotti i costi, che oscillano tra i 2 mila e i 2.500 euro.
L’insieme dei due elementi, formazione a distanza e costi alti, ha favorito l’offerta formativa delle università telematiche private “for profit”, strutturate cioè come società di capitali che hanno il profitto come principale obiettivo.
È il caso anche di Università degli studi LINK, che opera in Italia dal 2011 con una storia segnata da molteplici indagini: alle cronache le controversie per la sua autorizzazione del 2011 e per il caso Mifsud [docente dell’ateneo protagonista del Russiagate], i rinvii a giudizio per un sistema di esami concordati e gli arresti per frode fiscale legati a falsi progetti di ricerca. Dal 2020 l’ateneo è stato interamente acquisito dalla CEPU di Francesco Polidori, fondatore tra l’altro di CEPU, CESD e E-campus.
È evidente a tutti che un percorso formativo di qualità, nel quale acquisire competenze sulle didattiche disciplinari, richieda tempi congrui, una proposta formativa equilibrata, esami, studio e approfondimento che non possono essere realizzati in tempi incredibilmente compressi
Considerato che ogni credito (CFU) richiede di norma, secondo i parametri delle Università, 25 ore di lavoro, comprensive di lezioni e studio individuale, si calcola che ai docenti interessati sarebbe richiesto un impegno quantificabile in 750 ore in 17 giorni.
Si tratta evidentemente di una compravendita di titoli che nulla ha a che fare con una preparazione di qualità che dovrebbe essere il primo requisito di accesso all’insegnamento nel sistema scolastico nazionale.
Mancano totalmente, da parte dei ministeri responsabili, quello dell’Istruzione e quello dell’Università, governo e controllo dei processi di formazione iniziale; mancano le risorse a favore delle università statali, per abbassare i costi delle tasse e alzare la qualità dell’offerta formativa, manca un’idea di formazione in ingresso come strumento di qualificazione delle professionalità che operano nella scuola.
Al contrario prevale il mercato dei titoli che svuota progressivamente le tasche dei docenti, precari e non, che intendono abilitarsi, e riempie quelle delle università telematiche.
La FLC CGIL ha segnalato per l’ennesima volta a entrambi i ministeri competenti queste storture e chiede la costituzione di una cabina di regia, con una rappresentanza sindacale, che monitori i percorsi con l’obiettivo di salvaguardare la qualità del sistema scolastico.