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Cronache dalla scuola reale

Il primo giorno di scuola illustrato da giornali e tv è molto diverso da quello vissuto sul campo. Ecco una testimonianza dalla trincea di una scuola d’infanzia fresca di dimensionamento

13/09/2012
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A ogni inizio d’anno scolastico, la scuola torna in cima ai pensieri di tutti, politici, amministratori, governanti, genitori, opinion maker. È un fuoco di paglia, ma fa tanto fumo. Per carità, si sentono tante cose giuste e sensate, ma purtroppo anche le pontificazioni di tanta gente che a scuola c’è stata solo da studente e più di 40 anni fa. Snocciola le sue ricette e poi tace per un anno.

Noi sappiamo quanto sia complessa e difficile la vita scolastica, e non solo perché chi ci governa si accanisce da anni con tagli e peggiora ordinamenti e organizzazione, ma semplicemente perché a scuola si lavora sull’educazione e sul futuro di generazioni di giovani e per farlo bene servono tante cose.

La testimonianza che proponiamo qui è solo uno spaccato, molto piccolo, di questa complessità. È il diario del primo giorno di scuola di una maestra di scuola d’infanzia che, con sobrietà e leggerezza, ci apre gli occhi su problemi immensi, ma facilmente risolvibili. Se solo ci fosse la volontà di risolverli. 

Il primo giorno di scuola di una maestra di scuola dell’infanzia

Caro diario, ieri, mercoledì 12 settembre, nella mia scuola - che si trova in una bellissima città del Friuli-Venezia Giulia - è stato il primo giorno di lavoro con i bambini. Ho rivisto i miei 26 pargoli tra cui una bambina disabile grave che avevo già l’anno scorso (ne avrò altri due con disabilità lievi).

Li ho rivisti e ho sentito le loro urla allegre e festose, dopo due mesi; per la verità con alcuni di loro avevamo già cominciato a scambiarci messaggi per telefono. Il primo è arrivato già il 25 agosto: “Ciao maestra, hai finito le ferie?  Ti voglio bene”. Purtroppo – ho pensato – le ferie sono già finite. Ho ricevuto anche un preoccupato “Ciao maestra, sarai ancora con noi, vero?” Era della mamma di una bambina con problemi che ho aiutato moltissimo e che teme che la figlia sia affidata a una nuova maestra. La maggior parte dei messaggi dei bambini erano saluti affettuosi. Fa sempre piacere riceverli (sono queste le grandi soddisfazioni del nostro lavoro).

Il primo giorno di lezione, anzi di attività educativa, nella scuola dell’infanzia – come sai – per noi maestre non è il primo giorno di lavoro, perché s’inizia il 1° settembre, che quest’anno era di sabato. Sono andata per la “presa di servizio” nel nuovo istituto comprensivo, quello che l’anno scorso chiamavamo direzione didattica e ho conosciuto il nuovo dirigente. Alle 11, come da programma, ci siamo ritrovate, con le colleghe per una ricognizione della situazione. Eravamo in 8, mancavano le tre supplenti di cui due di sostegno. Nel rivedere le aule vuote, il mio pensiero è andato agli ultimi giorni del mese di giugno.

Facchinaggio

Ricordo ancora, con sofferenza, quei giorni: le aule esposte al sole sia il mattino, sia il pomeriggio: dentro c’erano 32 gradi, i bambini stanchissimi e noi maestre impegnate a spostare gli armadietti (di legno e di metallo) nei corridoi per lasciare le aule libere, perche il 1° luglio entrano i ragazzi del centro estivo organizzato dal Comune. Così, spingi tu che spingo anch’io, fermiamoci un po’ che non ce la faccio, oddio la schiena, siamo riuscite a spostare tutti gli armadi.  Alla fine, dopo aver imballato tutto il materiale dell’aula (una ventina di grandi scatoloni) e i giocattoli puliti dalle collaboratrici scolastiche con il disinfettante portato da casa, li abbiamo trasportati in fondo alla scuola per riporli in bell’ordine. I primi giorni di settembre, faremo il lavoro contrario, per preparare le aule per accogliere i bambini. Insomma, ogni anno due traslochi: a giugno e a settembre.

È questa una delle poche cose brutte e schifose della nostra bellissima professione, perché non ci compete, non siamo pagate per farlo e soprattutto – dopo un anno – peggiora notevolmente le nostre ernie. Dobbiamo aspettare una settimana di tempo per recuperare un po’ di agilità e serve una scatola di antinfiammatori. Tutto questo perché il Comune, da anni, dice che non ha i soldi per pagare gli operai per fare questo lavoro. 

Ci potremmo rifiutare. Ho telefonato al mio sindacato che mi ha detto che noi maestre ci dobbiamo rifiutare, ma il sindacato, come accade spesso, non capisce: io e le altre gli abbiamo chiesto di risolvere il problema, non di dirci cosa possiamo fare o no. Lo sappiamo che ci possiamo rifiutare: maestre sì, ma non stupide; in realtà non ci possiamo rifiutare perché la dirigente ha detto all’assessore all’istruzione del Comune che dello spostamento degli armadi si farà carico la scuola. Ovviamente, quando la dirigente ci ha detto che dovevano collaborare col Comune, abbiamo pensato che se è così disponibile poteva darci una mano, giacché è pagata il triplo di noi, ma ovviamente non glielo abbiamo detto. Così, per l’ennesima volta, abbiamo spostato tutto, con l’aiuto di Anna, la collaboratrice scolastica, che nonostante abbia il certificato di disabilità e sia esonerata dai lavori pesanti ci ha aiutato molto. Ho saputo, poi, che la maestra Maria della sezione di D, che già soffre di ernia, ha trascorso i primi tre giorni di ferie a letto.

Soldi per giochi, carta e pennarelli

Il dirigente mi aveva informato poco prima (sono la coordinatrice del plesso) che avremo a disposizione 128 euro a sezione per tutto l’anno (a tanto ammonta il contributo dello Stato) per comprare giochini, carta per fotocopiare, pennarelli. A novembre avremo già consumato tutto il fondo.

Caro diario, penso proprio che quest’anno il mio contributo per fare il lavoro più bello del mondo e per far bella figura con i genitori alle feste di Natale e a quella di fine anno dovrà crescere: l’anno scorso me la sono cavata con poco meno di 100 euro in denaro e con un po’ di materiale che avevo a casa.

Nella riunione di gruppo abbiamo deciso di chiedere ai rappresentanti dei genitori di fare come l’anno scorso. L’hanno scorso i rappresentanti dei genitori nel consiglio d’intersezione avevano preso contatto con tutte le famiglie e a ognuna di esse avevano chiesto un contributo di 25 euro per costituire un fondo con cui comprare materiale di consumo per la classe. Noi maestre compravamo, presentavamo gli scontrini al rappresentante di classe che, a sua volta, esibiva ai genitori il resoconto delle spese. Tutto certificato. Ma come ben sai, non tutti i bambini hanno due genitori e non tutti hanno dato il contributo richiesto, o perché non potevano o non hanno voluto. Risultato: furono raccolti 480 euro invece che 750, però, con molta fatica, li abbiamo fatti bastare. Speriamo le cose vadano meglio per il prossimo anno, ma con la crisi che c’è… Tu cosa ne pensi, caro diario?

Tre collaboratori scolastici invece che quattro

Durante la riunione, nel grande salone mensa, ogni tanto mi distraevo per ammirare il cortile esterno con un grandissimo giardino, al centro del quale troneggia un vecchio albero, bello, sano e robusto. La mia scuola è bella, molto bella, mi sono detta, però è grande e ha tanti spazi. Questo che dovrebbe essere un fatto positivo si trasforma in uno svantaggio. C’è un lungo corridoio su cui affacciano le aule, il salone mensa/sala giochi e alcune altre stanze. Ci sono troppe porte (8) che danno sul cortile e tutte devono restare aperte; sono porte a spinta, per rispettare le misure di sicurezza. Ci vorrebbero almeno due collaboratori scolastici sempre presenti in servizio durante tutte le 8 ore in modo che uno possa attendere ai numerosi compiti e l’altro vigilare l’ingresso e le numerose uscite, di darci una mano quando serve per accompagnare i bambini piccoli ai servizi (sono 45 su 131) e vigilare i grandi quando da soli vanno ai servizi e… non è detto che ritornino.

La nuova direttrice amministrativa (quella in servizio l’hanno scorso ha perso il posto a causa dell’accorpamento degli istituti scolastici) ci ha informato che non potrà assegnare alla mia scuola più di tre collaboratrici scolastiche di cui una con la certificazione medica che la esonera dai lavori pesanti (cioè lavare i pavimenti e sollevare pesi!).

I bambini disabili

A un certo punto della riunione abbiamo esaminato la situazione dei bambini disabili che frequenteranno la nostra scuola che ospita complessivamente 131 bambini e cinque sezioni. In tre sezioni c’è un bambino disabile e in due no; quelle con bambini disabili hanno 25 alunni, le altre 28, però in una delle due c’è un bambino autistico non ancora certificato (lo sarà a breve) e in un’altra due bambini con problemi gravi che i genitori non vogliono far certificare, ma pare – ha detto il dirigente – che il certificato sia in arrivo.  Diversi bambini sono, come si dice, “borderline”. Molti sono figli d’immigrati. Nella mia classe i figli d’immigrati sono il 59%. In un altro plesso del mio circolo didattico ho saputo che sono oltre il 95%, i figli d’immigrati, perché i genitori italiani si rifiutano di far frequentare ai loro figli quella scuola.

Insomma i bambini disabili del mio plesso scolastico saranno tre con certificazione e due o tre senza. Altri due bambini certificati frequentano le altre scuole del circolo, quindi in totale quelli certificati sono 5. Questi bambini stanno in classe 8 ore il giorno per 5 giorni, quindi ognuno sta in classe 40 ore che moltiplicato 5 fa 200 ore; senza esagerare sono handicap molto gravi e avrebbero bisogno di avere un insegnante di sostegno per tutto il tempo che stanno a scuola; invece ci hanno assegnato solamente due insegnanti di sostegno. Un insegnante di sostegno lavora 25 ore a settimana e, quindi, in due assicureranno 50 ore di sostegno a settimana; ergo ogni bambino avrà il sostegno per 4 ore il giorno, quasi sempre la mattina. Il pomeriggio il rischio di qualche incidente è altissimo. Alla fine di ogni giornata di lavoro senza incidenti gravi, noi maestre rendiamo grazie alla “Buona stella”.

Quanti vomiti? Quante febbri?

La situazione dei pochi collaboratori scolastici assegnati ci ha preoccupato e non poco. Ho ripensato alla situazione dell’anno precedente. La mattina dalle 7.45 alle 11 eravamo in servizio 5 maestre per badare a 129 bambini (per fortuna non sempre tutti presenti). Era presente, per svolgere i suoi compiti di pulizia, assistenza e vigilanza una collaboratrice scolastica che aveva anche la certificazione medica, legge 104/82, che attesta che è persona che non può fare lavori pesanti, tipo prendere in braccio i bambini perché ha l’ernia e altre gravi malattie.

Noi riceviamo i bambini all’ingresso tra urla di gioia e a volte strepiti e pianti. Molti genitori li portano prestissimo, altri con comodo anche oltre 9 e ci deve essere sempre qualcuno a disposizione. La collaboratrice scolastica deve anche per un’ora ritirare i buoni/mensa, pulire e rassettare dove man mano si sporca, tenere in ordine i bagni e, soprattutto, vigilare tutte le porte (quelle di acceso al cortile e quella da cui entrano i genitori per portare i piccini a scuola). Insomma se la collaboratrice fa il guardiano non riesce a fare le pulizie, se fa le pulizia non riesce a dare una mano a noi nel sorvegliare i grandi che vanno ai servizi e, men che meno, accompagnare i piccoli che hanno spesso bisogno di aiuto. I piccoli quest’anno saranno 45 su 131 e alcuni non hanno ancora compiuto i tre anni. Insomma ci dobbiamo arrangiare.

Lasciamo stare cosa succede nei mesi invernali, il pensiero mi fa rabbrividire; Ti dico solo cosa è successo, ieri, il primo giorno di scuola. Solo 3 bambini con la febbre e 7 vomiti; durante i mesi invernali le febbri (bronchite, raffreddore, e altro) sono molto di più. Ti voglio raccontare cosa succede quando un bambino ha il vomito. Bisogna portarlo in bagno, aiutarlo e fargli coraggio, poi pulirlo e siccome la collaboratrice scolastica spesso non può darci una mano (sarebbe suo compito questo) e non possiamo abbandonare gli altri alunni da soli in classe, facciamo cosi: il malato lo prendiamo in braccio (non ti dico come questo aiuta il progresso dell’ernia) qualche refrattario lo prendiamo per mano e tutti gli altri ce li trasciniamo dietro per il corridoio, in modo da poterli controllare con il terzo occhio, mente badiamo al bambino che vomita e piange (e urla). Quando tutto è concluso, noi maestre ci ridiamo su. Alla fine della giornata ci chiediamo reciprocamente: quanti vomiti oggi? Quante febbri? Quante bronchiti?

Questa è la normalità. Purtroppo, a volte, capita anche di peggio. Per queste cose abbiamo il quarto occhio e la protezione di una stella che non è mai visibile ed emana influssi benefici per noi maestre. Gli abbiamo assegnato il nome di “Sfiga” e ci protegge dalle denunce dei genitori per mancata vigilanza e dalle contestazioni dei dirigenti per la stessa ragione. Quando è visibile sono guai. Per questo motivo quando accade un incidente in classe a qualche bambino, si dice che è stato per “Colpa della Sfiga”. 

La prima giornata: tranquilla e faticosa

Mi sono preparata per tempo e con più cura. Arrivano i genitori e noi maestre, tutte, vogliamo dare un’immagine efficiente, serena e piacevole (sia perché ci piace il nostro lavoro, sia perché se non siamo brave e disponibili, l’anno prossimo, i genitori iscrivono i bambini in altre scuole e noi perdiamo il posto).

Alle sette e trenta ero già a ricevere bambini e, fino alle 9.15 non ho fatto altro che sollevare pesi di 15/20 chili e parlare con mamme e papà ansiosi e preoccupati. Ho rassicurato tutte e tutti, ma nessuno è venuto a rassicurare me.

I bambini erano tutti eccitati. Abbiamo trascorso il tempo a parlare delle vacanze e così sono venuta a conoscenza di tante situazioni familiari complesse. È andata come tutti gli anni: urla di gioia dei “grandi”, pianti dei piccoli. Non abbiamo potuto portare i bambini in cortile durante la ricreazione perché pioveva.

La prima giornata è finita

I primi tre giorni di attività educativa, quest’anno, finiranno alle 13, per favorire l’adattamento dei bambini. Ieri, quindi, eravamo due maestre, in compresenza. Alle 13,00 ha suonato, puntuale, la campanella e abbiamo accompagnato i bambini verso l’uscita. I genitori (non tutti purtroppo) aspettavano felici. Alle 13.20 mi restavano da consegnare ancora 5 bambini. Come sempre, nonostante le raccomandazioni, non tutti i genitori arrivano puntuali. Finalmente, alle 13.35 ho riconsegnato tutti, sani e salvi, e mi sono messa in auto un po’ stralunata e con le orecchie tappate. Ho fatto già mezz’ora di lavoro in più che nessuno mi pagherà mai.

Sono andata a recuperare mio figlio che frequenta il secondo anno delle superiori e mi stava aspettando fuori della scuola e ho cercato una farmacia aperta con orario continuato perché avevo bisogno di fare scorta di antinfiammatori. Il mal di schiena è già ritornato. Oggi ho dovuto prenderli in braccio tutti e 26 per salutarli e alcuni più di una volta, domani andrà meglio.

L’anno  scorso ho consumato 16 confezioni di antinfiammatori.  A casa non ce n’è più, l’ultima dose l’avevo ingurgitata il 30 giugno.

Non vedevo l’ora di arrivare a casa e prenderne la mia dose abituale di antinfiammatori. Un po’ di riposo prima di andare a fare la spesa, passare dalla mamma malata, assistita dalla badante immigrata, cui cedo un pezzo del mio stipendio e preparare la cena, prima di portare l’altro figlio in palestra. E’ solo il primo giorno!

Domani, giovedì, sarò sola fino alle 13, come pure venerdì! La mia collega ha chiesto part-time e i prossimi due giorni non è di turno. La parte di posto lasciata libera sarà coperta da una supplente e le nomine le faranno la prossima settimana; nell’attesa la segreteria dell’istituto comprensivo ha già detto che non nominerà il supplente solo per pochi giorni.

Non vedo l’ora che arrivino le vacanze di Natale.

Firmato
EMMEDI