Decreto di inizio d'anno: colpo di mano del Ministero in direzione della restaurazione scolastica
Voti anziché giudizi, voto in condotta e maestro unico i punti salienti del decreto regressivo e punitivo con cui il Ministro Gelmini pensa di cominciare l'anno.
Negli incontri avuti con le parti sindacali l’8 agosto scorso, all’indomani della presentazione del disegno di legge su alcune disposizioni in materia di istruzione università e ricerca, il Ministro Gelmini, rammaricandosi per il fatto che le misure di taglio contenute in finanziaria potessero servire ad esacerbare gli animi, aveva mostrato l’intenzione per quanto riguardava gli altri aspetti della gestione scolastica di voler tenere aperto un confronto ed una discussione per arrivare alla condivisione di obiettivi e strumenti.
La scelta di precipitare le misure in un decreto che mette in atto buona parte delle misure di quel disegno di legge, addirittura aggiungendovi disposizioni che non vi erano neppure contenute e che non erano neppure state manifestate in via intenzionale in quella e in altre sedi di confronto, dimostra che il ministro o non è coerente con gli impegni che prende o non è autonoma nelle sue decisioni.
La cosa è tanto più grave se si pensa che alcune delle misure contenute nel decreto aggrediscono i processi di evoluzione della scuola italiana e gli atti di riforma che ne hanno segnato la storia, come la legge 517/77, il DPR 104/85, la legge 148/90 ed altri ancora.
L’articolo 1 riguarda l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Tale insegnamento è previsto dal disegno di legge presentato il 1° di agosto. Sul testo abbiamo già espresso le nostre valutazioni. Il contenuto del decreto riguarda solo ed esclusivamente l’avvio di corsi di aggiornamento sull’argomento per gli insegnanti delle aree storico-geografica e storico-sociale (lettere, filosofia e discipline giuridico-economiche: nessun’altra risorsa umana al di fuori di quelle esistenti) come se i docenti in questione non conoscessero i valori e i principi sanciti dalla nostra Costituzione
Vi è però uno sfuggente riferimento a una non meglio precisata sperimentazione nazionale, ai sensi dell art. 11 DPR 275/99 (il decreto sull’autonomia), che lascia intendere che le scuole che aderiranno potranno avviare la nuova disciplina ( 33 ore annue, voto a sé stante, come previsto dal ddl) prima dell’approvazione del disegno di legge. Nell’insieme l’articolo sembra elaborato ad uso della stampa per ritornare sull’argomento “Cittadinanza e Costituzione”, un ulteriore annuncio di cose in movimento finalizzate a spargere fumo – non a caso messe in testa al decreto - per nascondere lo scempio che si sta attuando nella scuola.
L’articolo 2 riguarda la valutazione del comportamento, vale a dire la restaurazione del voto in condotta. Anche su ciò avevamo già espresso le nostre valutazioni negative. Rispetto al testo del disegno di legge il decreto presenta una forte ambiguità. Il testo del disegno di legge prevedeva infatti esplicitamente che la valutazione fosse espressa in giudizi nel primo ciclo e in decimi nel secondo ciclo. Il decreto, togliendo le due specificazioni, ma mantenendo il riferimento allo Statuto degli studenti che riguarda la scuola secondaria, inferiore e superiore, lascia intendere che la cosa si applichi solo a medie e superiori ma non alle elementari. Ma nello stesso tempo se il riferimento alla scuola secondaria venisse interpretato solo come il corollario, per altro scontato, dello Statuto degli studenti, la valutazione in condotta e per di più in decimi toccherebbe anche alle elementari. Infatti la cosa potrebbe essere ritenuta una conseguenza logica del successivo articolo 3, che restaura il voto numerico nelle diverse discipline in tutti gli ordini e gradi di scuola, elementari comprese, misura demagogica perché riduce in modo semplicistico un concetto ampio di valutazione ad uno strumento povero come il voto, misura di cui non c’era traccia nel disegno di legge. E’ un equivoco che va sciolto subito.
Rispetto al disegno di legge, che parlava genericamente di “casi più gravi”, al comma 3 viene precisato che il voto inferiore al 6 in condotta dà luogo alla bocciatura.
L’articolo 3 riguarda la restaurazione del voto in decimi per la valutazione del “rendimento scolastico” (sic!) degli studenti. E’ un passo che riporta la scuola indietro di 31 anni, a prima del 1977, e non fa fare passi avanti alla cultura della valutazione tra gli insegnanti. Si tratta quindi di mettere i voti da 1 a 10 nella valutazione periodica e annuale degli apprendimenti sia nella scuola media che in quella elementare. La pervicacia nel perseguimento di questo obiettivo è tale per cui persino nelle norme per gli alunni disabili, affinché non ci siano equivoci, si ha cura di precisare che anche le loro valutazioni dovranno essere espresse in decimi. Nel contempo si smantellano tutti i riferimenti anche ai giudizi analitici, tanto che nei rapporti con le famiglie tutto quello che resta da comunicare sono il voto e il livello di maturazione globale. Forse il ministro spera così di recuperare la benevolenza degli insegnanti più oberati da compiti di scrittura e rendicontazione dei giudizi (sembrano muoversi in tal senso molte abrogazioni e sospensioni), ma attenzione: su di loro pende la spada di Damocle dell’ultimo comma con cui il Ministro si riserva di fornire ulteriori disposizioni applicative su schede e quant’altro.
L’articolo 4 riguarda l’introduzione del maestro unico nella scuola primaria, anche se in realtà sull'entrata in vigore del maestro unico si rinvia, di fatto, all'a.s. 2009-2010. Si prevede infatti che saranno i regolamenti attuativi dell'art. 64 D.L. n.112 del 25 giugno 2008, convertito nella Legge n.. 133 del 6 agosto che regoleranno il ritorno al maestro unico nella scuola primaria con un orario di 24 ore settimanali. Si dice, inoltre che i regolamenti terranno conto delle esigenze delle famiglie per una "più ampia articolazione" del tempo scuola.
Il trattamento economico per le ore di insegnamento aggiuntive rispetto a quanto prevede il CCNL per la scuola primaria (22 ore di insegnamento + 2 di programmazione) verrà affidato ad un'apposita sequenza contrattuale.
Il ritorno al maestro unico, su cui abbiamo espresso un netto dissenso nei giorni scorsi, è stato motivato in modo grottesco dal governo e dal suo ministro dell'istruzione – su copione del ministro dell'economia – richiamandosi ad inesistenti legittimazioni pedagogiche e psicologiche finalizzate a mascherare il feroce taglio degli organici nella scuola pubblica. Con questo ritorno alla scuola del passato si fa scempio di decenni di ricerca, crescita e sviluppo di un segmento del sistema di istruzione riconosciuto da tutti gli organismi europei ed internazionali come uno dei migliori al mondo in termini di risultati di apprendimento e competenze acquisite dagli alunni.
Peraltro, la riforma degli ordinamenti della scuola elementare, oggi primaria, dopo anni di risultati eccellenti ha avuto il suo riconoscimento a seguito delle verifiche del Parlamento italiano e degli organi di controllo sul versante dei costi.
Alla base del progetto politico del governo c'è l'idea di una scuola (solo quella pubblica) che deve costare sempre meno e che per questo si limita ad offrire poche e inadeguate conoscenze, senza tenere minimamente conto delle nuove e crescenti esigenze formative dei bambini in una società sempre più complessa ed in evoluzione.
L’articolo 5 riguarda l’adozione dei libri di testo e contiene il vincolo a non cambiare i libri di testo per cinque anni (a parte l’adozione di eventuali appendici di aggiornamento). Sono norme che si aggiungono a quelle già predisposte con l’art. 15 del decreto-legge del 25 giugno scorso. Ma il provvedimento ha il sapore della stalla che viene chiusa quando i buoi sono già scappati. E’ noto infatti, perché riportato da tutti i giornali, che quest’anno si è avuto l’ennesimo rincaro, ben superiore a qualsiasi tasso di inflazione possibile.
L’articolo 6 ripristina il valore abilitante della laurea in Scienze della Formazione Primaria. La norma vale anche per il periodo intercorso tra l'approvazione della legge finanziaria per il 2008 nella quale, con l'abrogazione dell'Art. 5 della Legge Moratti fu erroneamente cancellato anche il valore abilitante di tale laurea. Si trattava di un atto dovuto che elimina l'incertezza determinatasi i questi mesi. In effetti il Ministero, su nostra sollecitazione, aveva già comunque riconosciuto il valore abilitante di tale laurea in occasione dello scioglimento delle riserve nelle graduatorie ad esaurimento in considerazione che al momento dell'iscrizione tale laurea era abilitante. La scelta di inserire questa norma nello stesso decreto che introduce il maestro unico ha il sapore della beffa: l'attuazione del maestro unico a partire dal 2009/10 e per i successivi tre anni non lascerà neanche un posto disponibile per i vecchi e nuovi abilitati nella scuola primaria
L’articolo 7 restringe la platea dei possibili concorrenti alle scuole di specializzazione in medicina e chirurgia. La finanziaria 2007 aveva permesso anche a coloro che dovevano sostenere il solo esame di laurea la partecipazione al concorso condizionando l’accesso alla scuola al conseguimento della laurea e dell’abilitazione entro l’inizio delle attività didattiche. Con questa modifica solo coloro che conseguiranno la laurea entro la data di svolgimento delle prove potranno partecipare al concorso.
E’ evidente quindi che siamo di fronte ad un esplicito piano di restaurazione, che si cerca qua e là di dissimulare con l’inserimento, neanche tanto sapiente e abbastanza superfluo di “nuovi” argomenti (educazione alla cittadinanza, libri di testo) e atti dovuti. Ma anche questo non più di tanto dal momento che si mira a trasferire nella scuola le stesse logiche sbrigativamente punitive che altri ministri cercano di applicare sul territorio o nei rapporti di lavoro, anche in questo caso alla ricerca di consensi facili, ma questa volta palesemente scriteriati sul piano didattico e pedagogico.
Fermo restando il nostro impegno per bloccare questa restaurazione, ancora una volta toccherà agli insegnanti, alla loro cultura, al loro senso sociale, di evitare le conseguenze più nefaste di tali logiche.
Roma, 2 settembre 2008