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Dirigenza statale: una brutta legge contro il lavoro e l'imparzialità della amministrazione pubblica

Pubblichiamo un articolo di Michele Gentile, responsabile dei settori pubblici della Cgil, sul riordino (in realtà sulla subalternità politica al governo) della Dirigenza statale.

10/05/2002
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Pubblichiamo un articolo di Michele Gentile, responsabile dei settori pubblici della Cgil, sul riordino (in realtà sulla subalternità politica al governo) della Dirigenza statale.

Roma, 10 maggio 2002
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Testo dell'articolo di Michele Gentile

Il disegno di legge sulla dirigenza statale che il Parlamento si appresta ad approvare, rappresenta una ulteriore tappa del processo di smantellamento delle Riforme della PP.AA. che hanno caratterizzato l'ultimo decennio e, alle quali, in diversa veste, avevano partecipato alcuni degli attori "negativi" di oggi.

Il Sindacato, sin dall'origine dell'iter legislativo, aveva reso pubblica la sua fortissima contrarietà ad un provvedimento che smantella il sistema dei diritti per i dirigenti statali, manomette il contratto di lavoro e rende tutti i dirigenti subalterni, non già all'attuazione dei programmi, bensì solo ai "desideri" dei Ministri. Ne fanno dei "clientes".

La scomparsa nel disegno di legge di qualsiasi richiamo "cogente" alla verifica dei risultati dell'attività dei dirigenti al fine di confermare o revocare l'incarico, rappresenta l'esatta identificazione di questo passaggio di "subalternità" al potere politico e alla conseguente logica "spartitoria".

Funzionale a tutto ciò è la manomissione del contratto di lavoro appena firmato, che rappresenta lo strumento "privatistico" di garanzia e di regole per il dirigente. Il contratto è stato osteggiato dallo stesso Governo che, appena insediatosi, ha inteso muoversi per una massiccia restaurazione del primato pubblicistico del rapporto di lavoro.

Infatti, la decontrattualizzazione del rapporto di lavoro e dei contenuti dell’incarico riguarda aspetti cruciali per l’efficace raggiungimento del risultato (la durata dell’incarico, gli obiettivi, le risorse umane e finanziarie a disposizione). Ciò significa che tali contenuti vengono sottratti alla sfera del contratto individuale ed affidati esclusivamente all’unilateralità del Ministro o del dirigente generale nominato dal Ministro.

Il ritorno alla legge ed al decreto, come mezzi di identificazione degli strumenti ritenuti necessari per il perseguimento degli obiettivi assegnati al dirigente, avviene peraltro con una formulazione talmente generica da lasciare la totale discrezionalità a chi deve conferire l’incarico e valutare i risultati. Ciò rende i dirigenti più subalterni e più esposti ai voleri della politica, fino a quanto afferma la legge:"nei provvedimenti di affidamento dell’incarico sono individuati…… gli obiettivi da conseguire con riferimento alle priorità, ai piani ed ai programmi definiti negli atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto". Si determina in sostanza una catena il cui collante è la "fedeltà e l’affidabilità" e non "il saper fare": le conseguenze sul piano dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione sono evidenti.

La pericolosità di tale meccanismo consiste anche nella sua possibile estensione. Si può arrivare fino ai 10.000 dirigenti scolastici ed a tutte le strutture regionali di vertice dell’Istruzione con un evidente invasione di campo relativamente alle tematiche sul Titolo V^ della Costituzione.

Tutto sommato, si può affermare che si introduce una sorta di revocabilità "ad nutum". Se ciò per la dirigenza in generale è previsto da leggi e contratti, per quella pubblica che deve essere innanzitutto garante dell’imparzialità e della competenza nei confronti del potere politico nel rispetto dei diritti dei cittadini e delle imprese, ha elementi di profonda gravità anche istituzionale.

60 giorni dopo l'approvazione della legge - quindi presumibilmente ad Agosto -, decadranno automaticamente, senza alcuna valutazione sull’operato e senza alcuna possibilità per il dirigente di poter esercitare il diritto al contraddittorio, circa 1000 Dirigenti e Direttori Generali. Il numero è determinato dal fatto che la furia demolitoria e la logica spartitoria ha coinvolto anche circa 500 Enti pubblici nei quali esiste questa figura: anche in questo caso, a parte ogni critica politica, il merito riveste non pochi profili di illegittimità.

I contratti privatistici firmati dai dirigenti, verranno abrogati per legge, tutti nello stesso giorno. Si tratta della decapitazione dell'amministrazione statale che provocherà il blocco delle attività, precedentemente, quando i dirigenti non potranno che esercitare una sconosciuta "ordinaria amministrazione" nonchè il caos istituzionale in seguito, a causa della complessa procedura, non più solo di natura contrattuale, per la assegnazione dei nuovi incarichi.

Questa previsione legislativa ha pesanti aspetti di lesione della disciplina lavoristica che non potranno che portare anche ad istanze di carattere legale, che, se richiesto, vedranno anche le presenza del Sindacato firmatario del contratto di lavoro dei dirigenti.

Anche per i dirigenti non generali (circa 4000 persone) la legge attiva un meccanismo di rotazione senza alcuna valutazione delle attività - resa, tra l'altro, impossibile dalla confusione istituzionale che viene creata dalla legge: il Dirigente Generale, prima di valutare gli incarichi dei dirigenti "di seconda fascia", deve concordare il proprio trattamento economico, deve vedere conferito l’incarico con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e successivamente deve decidere se confermare i dirigenti di II^ livello o se rimuoverli. Il tutto entro 30 giorni dalla sua decadenza. Con quale criterio i circa 4000 dirigenti di II^ fascia saranno sottoposti alle valutazioni da parte dei Dirigenti Generali? Come costoro - appena nominati – avranno la possibilità di valutare oggettivamente la situazione per le eventuali rotazioni dei dirigenti stessi? Le risposte non sono difficili. Ma le regole contrattuali per queste figure ancora rimangono in vigore e il Sindacato si batterà perché da ciò non ci siano ripensamenti, contrastando iniziative palesemente illegittime.

Ma il rischio che lo spoils system per circa 6.000 persone avvenga, è molto plausibile. Il Protocollo di Intesa del febbraio 2002 firmato dal Governo e CGIL, CISL, UIL rappresenta su tale tema un punto di piena riaffermazione del primato della contrattazione e del sistema di garanzia definito dai contratti. Nella legge qualche passo avanti c'è stato, ma nella sostanza la "fame spartitoria" delle forze di Governo ha prevalso al punto che oggi la legge è contro l'accordo firmato dal Governo e le OO.SS. Anche per i dirigenti non generali si pongono questioni "legali" in relazione alle previsioni contrattuali e alle garanzie relative al rapporto di lavoro.

Si apre anche un profilo di legittimità costituzionale. La rimozione di un dirigente pubblico, senza alcuna valutazione nel merito, contrasta con i principi di imparzialità e autonomia che sono alla base della professione del dirigente. Così la Corte Costituzionale si è espressa in varie sentenze; ma oltre a ciò, l'imparzialità è parte costitutiva di un bagaglio di correttezza istituzionale che non bisogna mai dimenticare.

Una brutta legge questa che lede il diritto del lavoro ed è discutibile da quello costituzionale. Politicamente la legge mette prepotentemente in evidenza un problema: come configurare uno statuto di autonomia e imparzialità per le funzioni di garanzia istituzionale che anche la dirigenza è tenuta ad esplicare. Un tema questo non risolto nella legislatura precedente e che oggi, in presenza del tentativo del centro-destra di appropriarsi dei punti gestionali che riguardano gli apparati pubblici, diviene ancora più esplosivo. In un sistema bipolare il tema delle garanzie e della certezza del "diritto" è di rilevanza strategica. L’obiettivo che il Governo si è posto è innanzitutto quello di ripristinare una dirigenza subalterna al potere politico; le norme contrattuali ancora vigenti ed il diritto del lavoro saranno, in caso di vertenze, un antidoto efficace; ma nelle dichiarazioni dei vari esponenti di Governo si evince che esiste un secondo obiettivo: liberarsi di alcuni degli attuali dirigenti, adducendo tra l’altro motivi quali " la valutazione dei risultati" che la stessa legge nega in radice. Credo che i due obiettivi debbano essere contrastati richiamandosi anche ai principi costituzionali che la legge mette in discussione.

Roma 6/5/2002