Documento della Segreteria Nazionale
FLC Cgil sulla valutazione, sulle prove Invalsi e sulla loro non obbligatorietà .
La discussione apertasi attorno alle prove che l’Invalsi invierà alle scuole italiane, in ottemperanza alla Direttiva Ministeriale 56 del 12 luglio 2004, richiede in via preliminare alcune precisazioni di contesto.
La scuola dell’autonomia e la valutazione
La scuola che FLC Cgil concepisce e difende è quella che vede l’autonomia come momento di sintesi tra la libertà di insegnamento e di ricerca e la responsabilità nei confronti dell’intera società.
Essa agisce dentro un quadro normativo che ha il compito e la prerogativa di stabilire gli obiettivi generali, quelli di ciascun segmento del sistema di istruzione e formazione e gli standard relativi alla qualità del servizio
All’interno di una cornice così definita, la scuola autonoma esercita il compito di strutturare l’organizzazione, l’attività e la ricerca didattica secondo le modalità che ritiene più confacenti all’ambiente reale in cui si trova ad operare, anche articolando e arricchendo gli obiettivi assegnati.
Nessuna autoreferenzialità, nessuno scadimento in una condizione di isolamento sono possibili se ci si muove dentro questo sistema di regole che necessita, però, anche di un altro e imprescindibile momento: quello della valutazione. È attraverso la valutazione che la scuola autonoma dà conto del proprio operato ed ha l’occasione di riflettere sulle scelte compiute per confermarle oppure ri-orientarle al fine di un più proficuo raggiungimento delle finalità poste.
FLC Cgil ritiene, dunque, che la rilevazione della qualità del sistema di istruzione, degli insegnamenti, degli apprendimenti e degli standard di servizio sia opportuna per l’esplicitazione delle potenzialità delle scuole dell’autonomia e per la trasparenza del loro operato nei confronti dei soggetti esterni.
Un sistema di valutazione serve.
Ma un sistema di valutazione può funzionare se ricorrono due condizioni:
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affidabilità e piena autonomia del soggetto valutatore;
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ampio consenso sugli obiettivi, sulle modalità, sui parametri da utilizzare e sull’uso che sarà fatto della valutazione.
I limiti delle prove Invalsi
La situazione che si prospetta nell’immediato sembra molto lontana dal garantire queste condizioni.
L’affidabilità del soggetto valutatore non può che essere strettamente connessa alla sua terzietà e alla sua indipendenza.
Invece, la riorganizzazione dell’Invalsi, a seguito del Decreto legislativo 286/2004, ha oggettivamente posto l’istituto in una posizione di subalternità rispetto al MIUR.
Sulle tematiche plurime riassunte nella seconda condizione, avendo il Ministro proceduto all’emanazione della Direttiva 56/’04 senza alcun confronto preliminare, FLC Cgil, insieme a Cisl e Uil Scuola, ha formalmente chiesto un incontro al Ministro per avere, almeno a posteriori, garanzie circa:
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l’attendibilità e la trasparenza delle procedure;
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i protocolli di somministrazione;
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la significatività e la valenza culturale delle prove;
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l’uso degli esiti della valutazione.
ll Ministro ha evitato il confronto con le organizzazioni sindacali e con le scuole.
A monte delle perplessità e dei dubbi che FLC Cgil ha espresso ed esprime, non c’è un atteggiamento aprioristicamente contrario ad un’idea di valutazione che, anzi, FLC Cgil considera momento essenziale del processo didattico.
Le contrarietà nascono dalla situazione contingente in cui si colloca questo processo valutativo, il cui fine e il cui uso non sono stati né condivisi né esplicitati.
Il MIUR chiede all’Invalsi di rilevare come le scuole abbiano attivato la funzione tutoriale.
La trattativa contrattuale prevista dall’art. 43 del CCNL è ancora in corso e nessun incarico specifico può essere stato attribuito in tal senso.
Stante il silenzio del MIUR è forse completamente fuori luogo chiedersi se la rilevazione miri ad un controllo sull’operato e sulle scelte delle scuole?
Le Indicazioni Nazionali hanno carattere provvisorio; il MIUR non ha definito i livelli essenziali delle competenze e gli standard di apprendimento per ogni classe: quali competenze e conoscenze si vogliono accertare?
Al termine del processo di valutazione, le scuole potranno confrontare le prestazioni dei propri studenti con quelle rilevate a livello nazionale o nelle macro-aree. In assenza di una rilevazione complessiva del contesto in cui ciascuna scuola opera e mancando il confronto con la situazione in ingresso, come potranno le scuole riflettere sull’efficacia delle proprie azioni e strategie?
Sono alcune delle domande che FLC Cgil ha posto e che le scuole legittimamente si pongono all’approssimarsi dell’avvio delle procedure.
Nessuna risposta è arrivata in tutti questi lunghi mesi.
L’Invalsi e la presunta obbligatorietà delle prove
C’è infine la questione dell’obbligatorietà delle prove.
Essa necessita, preliminarmente, di una breve disamina della normativa che disciplina la materia.
Il Servizio Nazionale di Valutazione è stato istituito nel 1999, al posto del preesistente Cede, ed è stato recentemente riordinato con il Decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, adottato dal Governo in applicazione della Legge delega 53/’03.
La Legge 53/’03, infatti, all’articolo 1, commi 1, 2 e 3, articolo 2 e articolo 3, comma 1, lettere b) e c), ha delineato i principi ed i criteri direttivi entro i quali il Governo avrebbe dovuto adottare norme delegate in materia di valutazione.
In applicazione di queste norme, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto legislativo del 28.10.2004, con il quale è stato istituito il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione, affidandone, principalmente, la realizzazione all'Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione
All’INVALSI, quindi, riordinato anche nelle sue finalità rispetto alla sua originaria istituzione, è stata affidata la valutazione di sistema di tutte le scuole che si aggiunge alla valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, affidata ai docenti.
Nel Decreto in questione non si legge che la valutazione da parte dell’INVALSI sia obbligatoria, nonostante il MIUR abbia adottato di fatto questa interpretazione né, peraltro, il Governo avrebbe potuto disporre l’obbligatorietà dal momento che in tal senso non si è espressa la legge che ha previsto la delega.
Infatti il decreto n° 286, all'articolo 1, comma II°, afferma che “..
Al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 concorrono l'Istituto nazionale di valutazione di cui all'articolo 2 e le istituzioni scolastiche e formative.”
Il decreto quindi stabilisce il principio della concorrenza delle scuole nel procedimento di valutazione, è evidente che concorrenza non significa obbligatorietà. A sostegno di questa tesi sta anche il Regolamento sull'autonomia scolastica che all’art. 10 “
Verifiche e modelli di certificazione”, comma 2 afferma: “Le rilevazioni di cui al comma 1 sono finalizzate a sostenere le scuole per l'efficace raggiungimento degli obiettivi attraverso l'attivazione di iniziative nazionali e locali di perequazione, promozione, supporto e monitoraggio, anche avvalendosi degli ispettori tecnici.
Dall’analisi delle norme, si può parlare, quindi, più che di obbligatorietà di un fine (o obiettivo) comune.
Coerentemente,in tale senso, le singole istituzioni scolastiche devono decidere attraverso gli organi preposti (collegio docenti) l'adesione alla valutazione Invalsi.
Il Miur con la la Direttiva n° 56 del 12 luglio 2004, e poi lo stesso Invalsi con la nota del 12 ottobre 2004, invece trasformano le istituzioni scolastiche da co-attrici di un processo a mere comparse con il ruolo di somministrare sic et simpliciter le prove.
Nei medesimi atti inoltre si stabilisce una distinzione tra il primo ed il secondo ciclo: obbligatorietà delle prove per le prime e facoltatività per le seconde.
E’ evidente che se si volesse abbracciare la tesi della obbligatorietà tout court, non ci dovrebbe essere alcuna differenza tra i due cicli.
Invece il MIUR fa derivare il carattere vincolante delle prove per il primo ciclo dal Decreto n° 59, ma questo è davvero insostenibile in quanto nel decreto stesso non se ne trova traccia.
Inoltre vale la pena di rilevare come la valutazione di cui al Decreto legislativo del 28.10.2004 allo stato non può trovare applicazione dal momento che i parametri di riferimento assunti dal Governo per il sistema di valutazione sono quelle Indicazioni Nazionali il cui iter procedurale per l’approvazione non è neanche iniziato, essendo semplicemente allegate al Decreto legislativo 59/’04, e pertanto mancano dei requisiti necessari definiti nel I° comma dell’art.10 del Regolamento sull’autonomia.
Da ultimo, è bene ricordare che la tesi dell’’obbligatorietà della valutazione da parte dell’INVALSI è in contrasto con il principio dell’autonomia che adesso trova, con la modifica al Titolo V° della Costituzione, tutela anche al livello costituzionale.
Da quanto sopra delineato, appare evidente la non obbligatorietà della valutazione per quanto riguarda le prove definite dall’Invalsi.
L’operato di quelle scuole che hanno posto sul tappeto il problema della validità del percorso Invalsi e, in nome della propria responsabilità, chiedono chiarezza, trasparenza e condivisione sull’intero processo valutativo, è pienamente giustificato e legittimo, oltre che opportuno e utile per l’apertura di un confronto ampio sul tema della valutazione.
Roma, 23 marzo 2005