Incontro al Ministero sull'istruzione professionale
Molto problematiche le soluzioni per l'istruzione professionale secondo i nuovi assetti previsti per conseguire i tagli di Tremonti. Tempi comunque impraticabili entro il 2009, ma il Ministero non sente ragioni.
Si è svolto ieri, 11 novembre, il preannunciato incontro sull’istruzione professionale che fa seguito all’incontro sull’istruzione tecnica e professionale tenutosi il 23 settembre scorso.
In quella sede il Ministero aveva di fatto dato informazioni sull’istruzione tecnica, mentre per l’istruzione professionale si era limitato prevedere:
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una riduzione dell’orario di lezione a 32 ore settimanali.
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il passaggio all’istruzione tecnica degli indirizzi “doppione” dell’istruzione professionale rispetto a questa.
Solo dopo le insistenze dei sindacati, compresa quella della FLC Cgil, il Ministero ha scelto di mettersi al lavoro anche per dare una definizione degli assetti futuri dell’istruzione professionale, tema ben delicato viste le prospettive di regionalizzazione a suo tempo previste dal Ministro Moratti e la “restituzione allo Stato” operata dal Ministro Fioroni.
L’esito di questo lavoro è stato presentato ieri e per l’istruzione professionale se ne deducono le seguenti prospettive:
1. orario settimanale: 32 ore, pari a 1056 annue
2. divisione dell’istruzione professionale in due settori e sei indirizzi:
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Settore Industria e Artigianato
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produzioni industriali e artigianali
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Settore dei Servizi
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servizi commerciali
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servizi di manutenzione e assistenza tecnica
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servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
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servizi socio-sanitari
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servizi per l’agricoltura e sviluppo rurale
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3. diploma quinquennale di istruzione professionale valido a tutti gli effetti per tutti percorsi successivi (universitari e non)
4. possibilità di qualifica triennale o diploma quadriennale in regime di sussidiarietà
5. scansione ufficiale 2+2+1, ma di fatto, per le ragioni suddette, 2+1+1+1
6. rapporto insegnamenti generali-comuni/insegnamenti di indirizzo: 1° biennio 20/12, 2° biennio e anno terminale 15/17
7. insegnamenti generali comuni a entrambe i settori
8. flessibilità del 25% nei primi due anni, del 35% nei secondi due e del 40% nell’ultimo anno (comprensiva di stage, tirocini, alternanza e attuale terza area)
9. recepimento norma su obbligo di istruzione e quadro europeo delle qualifiche con traguardi formativi declinati per competenze
10. metodologie didattiche: laboratori, problem solving, cooperazione progettuale, approccio sistemico, personalizzazione
11. collegamento al mondo del lavoro (stage, tirocini, alternanza)
12. organizzazione per dipartimenti costituiti secondo linee guida nazionali
13. istituzione di un comitato tecnico scientifico paritetico (sic!) composto da dirigenti scolastici, docenti, esperti del mondo del lavoro e delle professioni
14. assunzione di esperti esterni ma solo per arricchimento dell’offerta formativa
15. previsione dell’ufficio tecnico in tutti gli istituti
16. partecipazione ai Poli Tecnico professionali e entità di riferimento per gli ITS.
Il progetto delineato presenta molti elementi di vaghezza sia intrinseci che estrinseci.
Quelli estrinseci sono giustificati sia dall’intreccio con le competenze degli enti locali in materia che dal fatto che non sono ancora stati emanati (e dovranno esserlo quanto prima):
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i regolamenti dei profili in uscita, i profili degli indirizzi, i quadri orari, le confluenze degli attuali ordinamenti nei nuovi
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le linee guida e i criteri per il riordino dell’istruzione professionale
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le linee guida su equivalenza tra istruzione e formazione professionale anche in vista del conseguimento di qualifiche e diplomi
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la riduzione e gli accorpamenti delle classi di concorso
Quelli intrinseci sono piuttosto legati alla formulazione degli indirizzi, i quali come la FLC Cgil non ha mancato di sottolineare, sembrano più delle grosse aree di indirizzo che indirizzi veri e propri.
La vaghezza rischia di diventare equivoco se intrecciata alla flessibilità, più ampia che nei tecnici.
Da un lato, infatti, l’indirizzo vero e proprio (quello definibile in termini disciplinari) potrebbe essere determinato proprio dall’uso della flessibilità, cosa che alcuni rappresentanti del Ministero hanno lasciato intendere sottolineando il ruolo “ creativo” dell’autonomia scolastica in merito. Bisogna tener presente nessun quadro orario ci è stato finora dato, forse ancora neppure è stato elaborato.
Dall’altro lato la stessa flessibilità, comprensiva, come è stato detto, di stage, tirocini, terza area, potrebbe finire col ridurre la “parte scolastica” dell’orario a 17-20 ore, non molto diverse da quelle 15-20 ore di scuolache si paventavano nell’istruzione-formazione professionale secondo il modello Moratti.
Infine i punti da 9 a 16 ricalcano in buona parte le cose già prospettate per gli istituti tecnici. In proposito rimandiamo ai giudizi critici già espressi in quella sede, in particolare al nostro radicale dissenso con la presenza sistematica di “esperti esterni del mondo del lavoro e delle professioni” (senza eufemismi; rappresentanti di aziende e associazioni datoriali o professionali) qui addirittura appesantita con la pariteticità.
Va riconosciuto agli estensori del progetto lo sforzo di sottrarsi ai rischi, seppur non per tutti gli attuali indirizzi, delle sovrapposizioni e dei “doppioni” da passare all’istruzione tecnica, ma la piega che l’istruzione professionale viene a prendere costituisce una inversione di tendenza rispetto allo sviluppo impressole con il Progetto 92 e con le riforme del 1992-1994. Quel processo avvicinava sicuramente i due settori tecnico e professionale, tanto che, col precedente governo, era stata ventilata anche l’ipotesi di una fusione in un unico settore tecnico-professionale. Il mancato perseguimento di questa prospettiva, sembra aver rilanciato una prospettiva opposta,di separazione di fatto, fondata sovente su argomentazioni da conservazione dello status quo (il 54% degli universitari proviene dagli istituti tecnici, solo l’8,4% dai professionali) o su sofismi francamente capziosi (differenze: tecnologie/filiere, innovazione/ applicazione, input/output, hi-tech/hi-touch ecc.).
Si corre il rischio di fare dell’Istruzione professionale di Stato un surrogato della formazione professionale regionale e convenzionata, anche alla luce di dati, comunicatici durante la riunione, per cui quest’ultima, che attualmente coprirebbe poco più di 100.000 “obbligati” tra i 14 ei 17 anni, sarebbe in crescita al Nord (+ 3, 6% rispetto al 2002) ma in calo al Centro (- 2,6%) e al Sud ( -1%). In altre parole tra pochi anni potremmo rischiare di avere una istruzione professionale di stato, in regime di sussidiarietà, al Centro-Sud e una formazione professionale regionale e convenzionata al Nord.
Né ci tranquillizza l’osservazione secondo cui il 21,4% degli alunni dell’istruzione professionale sono alunni diversamente abili e il 40% alunni stranieri (nell’insieme il 60% degli alunni diversamente abili e stranieri di tutto il sistema secondario superiore), quasi questo potesse giustificare un percorso di livello più basso, anziché richiedere invece un potenziamento delle garanzie formative.
Sull’argomento, come tutti i sindacati, presenteremo al Ministero i nostri rilievi scritti e, come già fatto per l’istruzione tecnica, non mancheremo di pubblicarli sul sito. Ma va sé che tutta questa partita, sia per i tecnici che per i professionali, ed anche per i licei, pone, al di à di qualsiasi giudizio di merito, un problema sui tempi. Questa obiezione è stata sollevata da tutti i sindacati ieri presenti all’incontro, ANP compresa. Tra 45 giorni inizieranno le iscrizioni, in questi giorni numerosi insegnanti delle superiori “girano” per le scuole medie a fare orientamento, sui vecchi indirizzi e senza sapere nulla dei nuovi, la stessa modificazione degli indirizzi richiede una mappatura nuova della loro dislocazione, pena il rischio di creare contemporaneamente buche e doppioni.
Ferme restando tutte le nostre critiche, a partire dal fatto che nonci scordiamo che tutto ciò parte da un problema di tagli, quelli di tremonti, e non di riforma,buon senso, se ancora esiste, vorrebbe che tutto fosse rinviato di almeno un anno.
Roma, 12 novembre 2008