Istruzione professionale: attenzione amichevole?
Forse è troppa l’attenzione del ministero per l’istruzione professionale…
Che l’istruzione professionale insieme a quella tecnica fosse nell’occhio del ciclone con le leggi Moratti se ne sono accorti subito tutti. D’altra parte non è un caso che un settore scolastico che aveva un trend di crescita costante negli ultimi vent’anni in termini di iscrizioni abbia avuto all’improvviso una inversione di tendenza passando in pochi anni dal 22-23% dell’utenza quattordicenne al 19-20%.
Sapendo bene di che pasta è fatta l’utenza del professionale è un po’ difficile che, come è successo all’istruzione tecnica, questa si sia riorientata verso i licei classici e scientifici: è più probabile che in previsione dell’abolizione del carattere scolastico del settore (passaggio alle regioni, fusione con la formazione professionale ecc.) o si sia spostata sugli istituti tecnici confidando nella loro sopravvivenza in versione liceo tecnologico (nel qual caso l’emorragia dei tecnici verso i licei sarebbe persino più vistosa di quella visibile) osi sia lasciata sedurre dalla “via facile” dei percorsi triennali (nel qual caso i ragazzi sottratti alla strada tanto decantati dalla Moratti sarebbero stati in realtà sottratti in buona parte all’istruzione professionale).
Naturale quindi che il dissenso verso le leggi Moratti fosse molto alto tra i docenti di questi settori scolastici e che, al contrario, il nuovo governo si sia prefisso l’obiettivo di dare di sé un’immagine più benevola e amichevole verso di essi. Obiettivo in merito al quale non sono mancate esplicite dichiarazioni.
Se non che questa attenzione si è tradotta in alcuni discutibili atti.
In primo luogo nel disegno di legge di riforma degli esami di maturità si è introdotta la possibilità di una seconda prova “lunga” ( su più giorni) e laboratoriale. E fin qui niente da dire.
Successivamente, però, mentre si sottraevano all’INVALSI le competenze sulla terza prova di valutazione nazionale, si sosteneva che per i tecnici e i professionali l’INVALSI avrebbe provveduto a offrire prove, anche se non rivolte ad una valutazione scolastica, ma come una sorta di contributo a prove laboratoriali o comunque simulanti processi produttivi, continuando però a parlare di terza prova e non di seconda. Con una tale approssimazione è logico che i dubbi interpretativi oscillino tra una prova di valutazione e una confusione tra seconda e terza prova.
Poi è stata la volta della finanziaria: qui, prendendo a cuore i pesanti carichi di studio degli studenti del professionale ( 40 ore settimanali), si parla di riduzione dei carichi orari di lezione da 40 a 36 ore, ma non si precisa se questa riduzione riguarda solo gli studenti o anche le cattedre degli insegnanti. Lo si precisa però nei commenti tecnici allegati al testo dove si presume che la riduzione produrrà un calo di quasi 1455 insegnanti nei primi due anni del professionale. Dunque nessuna illusione che le ore tolte agli alunni corrispondano solo a un calo di frontalità e all’aumento di spazi per l’individualizzazione dell’apprendimento: una cosa simile non la si può certo pretendere da una “riforma” fatta in finanziaria, perdiana!
Di tagli dunque si tratta. Per far fronte alle obiezioni su questi tagli il Ministro Fioroni ha ricordato, in una intervista sul Messaggero di lunedì 23 ottobre, che se da un lato c’è questa riduzione, dall’altro c’è l’aumentodi organico determinato dall’obbligo scolastico che dovrebbe portare altrettanti e forse più posti. Lasciando a parte il fatto che la somma algebrica non funziona in didattica, essa tutt’al più funzionerebbe solo sul piano dell’occupabilità, soprattutto pensando che proprio il settore professionale, settore degli “ultimi” per antonomasia, sarebbe sicuramente il più beneficiato dall’innalzamento dell’obbligo scolastico.
Se non che l’istruzione obbligatoria di Fioroni non è l’obbligo scolastico: essa lascia in vita proprio quei percorsi che sono il diretto concorrente dell’istruzione professionale e che si avvalgono nella migliore delle ipotesi solo in parte di docenti di quest’ultima, mentre per lo più sono direttamente gestiti dalla formazione professionale regionale e convenzionata. Insomma neanche algebricamente parlando questi tagli saranno facilmente recuperabili: i conti non tornano, e neanche gli insegnanti!
A questo punto che potrebbe dire un docente del professionale?
“Dagli amici mi salvi Iddio che dai nemici mi guardo io!”
Roma, 27 ottobre 2006