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La Cgil per una dirigenza autonoma e imparziale

Il 15 maggio si è svolta a Roma un’Assemblea dei Dirigenti pubblici della CGIL per esaminare il ddl 1052 sul riordino della dirigenza statale, oggi in discussione alla Camera dopo essere stato approvato dal Senato della Repubblica.

21/05/2002
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Il 15 maggio si è svolta a Roma un’Assemblea dei Dirigenti pubblici della CGIL per esaminare il ddl 1052 sul riordino della dirigenza statale, oggi in discussione alla Camera dopo essere stato approvato dal Senato della Repubblica.

Nel corso del dibattito sono stati individuati i lineamenti involutivi della proposta sostenuta dalla maggioranza parlamentare e dal Governo.

Essa è finalizzata a ricondurre la dirigenza direttamente sotto il controllo politico dei Governi: nomina dei Dirigenti generali entro 60 giorni dall’insediamento del Governo, nomina dei Dirigenti di seconda fascia entro i successivi 30 giorni da parte dei Dirigenti Generali, inderogabilità per Contratto di quanto stabilito dalla Legge in materia di rapporto di lavoro, abolizione dell’atto bilaterale di incarico se non per gli aspetti economici, ruolo unico con controllo centralizzato alla Presidenza del Consiglio dei movimenti fra un’Amministrazione e l’altra, istituzione della vicedirigenza.

Il ddl interrompe un processo di riforma, incardinato sulla separazione tra indirizzo e controllo politico e compiti di gestione, avviato con il D.L.vo 29/93 e non ancora compiuto in alcuni comparti (come gli Enti Locali).

La valutazione, intesa come fatto che promuove e migliora la professionalità, viene ignorata e compressa da meccanismi di affidamento di incarichi che rispondono a logiche non di funzionalità del servizio ma di funzionalità al potere provvisoriamente rappresentato dalle mutevoli maggioranze governative.

L’annullamento della durata minima dell’incarico individuale (l’incarico può essere anche di un anno) rende precaria e incerta la posizione del Dirigente perennemente esposto alla rimozione e al reincarico, né incoraggia la progettualità del Dirigente stesso. L’autonomia e la responsabilità nella gestione vengono per questa via pesantemente compromesse.

La stessa durata massima dell’incarico ai Dirigenti Generali (tre anni) ha lo stesso significato, vale a dire libera mano al potere politico di rimuovere a breve il Dirigente e stato di permanente dipendenza di quest’ultimo dai voleri del Ministro che conferisce l’incarico.

Durata dell’incarico, obiettivi, risorse vengono ricondotti tutti ad atto unilaterale.

Nella “furia” da controllo sono stati inseriti fra i Dirigenti da nominare anche quelli degli Enti pubblici non economici che in verità sono scelti dai rispettivi Consigli di Amministrazione.

Come Dirigenti Scolastici siamo intervenuti nel dibattito per sottolineare quanto questo disegno si dimostri pericoloso per la funzionalità dell’Amministrazione pubblica e per il sistema delle autonomia, in particolare per quella scolastica.

L’abolizione della natura privatistica e pattizia degli incarichi e la loro riconduzione ad atto unilaterale indebolisce la responsabilità e l’autonomia del Dirigente in generale e indebolisce e sminuisce l’autonomia del Dirigente Scolastico che fonda la propria autonomia sulla stessa autonomia scolastica.

L’articolo 1 del CCNL del 1 marzo dell’Area V della Dirigenza Scolastica ha ribadito ciò con vigore ed evidenza.

L’autonomia delle scuole, prevista dalla Costituzione, è autonomia funzionale indisponibile a revisione per via di Legge ordinaria; la stessa autonomia progettuale, didattica, di ricerca, amministrativa di cui è titolare ogni singola scuola rende il Dirigente Scolastico partecipe della stessa libertà.

Gli interventi recenti di carattere liberticida di un deputato di Forza Italia che richiama i Dirigenti Scolastici, che osano criticare pubblicamente la legge delega sulla scuola, ad essere Servitori dello Stato, intendendo in realtà servitori del Governo, rendono chiara l’idea governativa della Dirigenza dello Stato.

Il Governo, mandando avanti questa Legge, disattende clamorosamente quanto aveva sottoscritto in materia con CGIL CISL UIL il 4 febbraio 2002.

Tale modo di procedere mostra con chiarezza che l’Amministrazione Pubblica non viene considerata come un bene neutrale e imparziale ma come una risorsa di parte politica al servizio delle momentanee maggioranze. E’ una visione non liberale dello Stato che ricorda analoghe operazioni e “visioni “ politiche che riguardano la magistratura, che diventerebbe ordine non indipendente ma dipendente dagli indirizzi politici del momento.

L’assemblea dei Dirigenti della CGIL ha assunto i seguenti impegni:

- denuncia pubblica sulla stampa del grave rischio che corre la Pubblica Amministrazione che ricadrebbe, con una tale misura di legificazione e decontrattualizzazione del rapporto di lavoro, ad uno stato di soggezione dal potere politico non conosciuta nemmeno nel periodo precedente la Riforma del D.L.vo 29/93;

- denuncia pubblica della violazione di alcuni principi fondamentali, quali la trasparenza e l’imparzialità della P.A.;

- ricorso ad ogni strumento utile a ricondurre nella Contrattazione Collettiva il rapporto di lavoro.

Roma, 21 Maggio 2002