La Cgil scuola sul d.d.l. delega approvato il 14 marzo
Con l’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri, il decreto delega "per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia d’istruzione e di formazione professionale" passerà ora al vaglio delle Commissioni Camera e Senato, prima dell’approdo in aula.
Con l’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri, il decreto delega "per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia d’istruzione e di formazione professionale" passerà ora al vaglio delle Commissioni Camera e Senato, prima dell’approdo in aula.
Nulla di nuovo per quanto riguarda i futuri assetti del sistema d'istruzione e formazione e le logiche a loro sottese, il testo definitivo riconferma le scelte fatte precedentemente. Le modifiche apportate sono, soprattutto, da collegarsi alle osservazioni mosse in questi mesi dalle regioni e dai comuni, che su alcuni punti avevano anche presentato osservazioni unitarie. Tali modifiche, mentre accolgono tutte le osservazioni delle regioni governate dal centro-destra, lasciano completamente insoddisfatte le ulteriori critiche mosse dalle altre regioni e dall’ANCI. Si dimostra così, ancora una volta, la natura blindata del testo e la non disponibilità del governo ad un confronto democratico sui temi della scuola e della formazione.
Un primo blocco di richieste formulate da tutte le regioni e dall’Anci e delle relative modifiche apportate, riguardano, innanzitutto, quegli aspetti che non potevano non essere modificati in quanto connessi con la ridefinizione delle competenze dello Stato e delle Regioni in materia d’istruzione e formazione, in base alla legge costituzionale 3/2001ite dalla legge costituzionale 3/2001. Norme, come si ricorderà, tranquillamente ignorate dal ministro Moratti fin dalla stesura del documento Bertagna.
Si accoglie così la richiesta di tutte le regioni e delle province autonome di inserire la dizione "previa intesa con la Conferenza Unificata" (al posto di sentita) in tutti i quei casi in cui s’intervenga su materie rientranti nella potestà legislativa, concorrente o esclusiva, delle Regioni o nel caso della definizione dei piani programmatici per interventi finanziari che contengono ambiti di pertinenza dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali (ad es. educazione degli adulti, dispersione scolastica ecc.). Con l’introduzione di un apposito articolo (art.6) sono, inoltre, fatte salve le competenze delle Regioni a Statuto speciale e delle province autonome.
Un’altra modifica, connessa alla riforma del Titolo V della Costituzione, è relativa al riconoscimento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. Come si ricorderà, il testo iniziale prevedeva la presenza di due curricoli, nazionale e regionale, annullando il diritto delle scuole a definire un curricolo scolastico. Alla lettera l comma 1 dell’art. 2, relativa ai piani di studi, s’inserisce la dizione che i piani di studio nazionale e regionali dovranno definirsi nel "rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche".
Un ultimo richiamo delle regioni a carattere costituzionali era relativo alla scomparsa del termine "obbligo scolastico", di cui si suggeriva il ripristino. La formulazione inserita nel testo definitivo della legge delega (art. 2 comma c) afferma che la fruizione dell’offerta d’istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato; nei termini anzidetti di diritto all’istruzione e alla formazione e di correlativo dovere è ridefinito e ampliato (sic) l’obbligo scolastico di cui all’articolo 34 della Costituzione nonché l’obbligo formativo introdotto dall’articolo 68 della legge 144. L’attuazione graduale del diritto dover predetto è rimessa ai decreti legislativi di cui all’art. 1. In pratica, l’obbligo scolastico si riduce da nove a otto anni, l’unico periodo in cui è possibile frequentare solo il sistema scolastico, poi a tredici anni e mezzo o a quattordici anni si sceglierà tra il canale scolastico o quello formativo.La ridefinizione e l’ampliamento dell’obbligo scolastico e formativo si traducono in una riduzione di un anno dell’obbligo scolastico e nell’anticipazione della scelta tra i due canali scolastici e formativo!
Altre osservazioni fatte unitariamente dalle regioni, e che trovano risposta nel testo delega, riguardano il fatto che i passaggi d’indirizzo siano elemento sistemico di transito (si passa da: è aperta e assistita la possibilità di cambiare indirizzo a: è assicurata ecc.), la necessità di un’intesa preventiva con la Conferenza unificata per l’emanazione del decreto legislativo sull’alternanza scuola lavoro, nonché per la definizione degli standard minimi formativi per la spendibilità dei titoli professionali, conseguiti all’esito dei percorsi formativi, e per i passaggi dai percorsi formativi a quelli scolastici.
Restano, invece, inevase le richieste di un maggior rilievo all’educazione degli adulti in quanto parte integrante del sistema d’istruzione, anche in integrazione con la formazione professionale e il sistema non formale, ma soprattutto le osservazioni fatte sui problemi relativi all’anticipo a due anni e mezzo delle iscrizioni alla scuola materna, che comporta notevoli problemi d’ordine pedagogico, logico e organizzativo. Su questo punto soprattutto l’Anci aveva espresso la propria contrarietà, non solo dal punto di vista delle risorse, ma anche didattico e organizzativo.
Come si diceva in premessa, le modifiche apportate sono quasi atti dovuti, connessi alle modifiche costituzionali, che però lasciano aperte tutte le problematiche sollevate dal disegno di legge: riduzione dell’obbligo scolastico, scelta precoce e presenza del canale duale, alternanza scuola e lavoro non regolamentata, incertezza per i destini di molti indirizzi della scuola tecnica e professionali, il tutto affidato a futuri regolamenti o decreti ministeriali.
Così si lascia inalterato l’anticipo della scelta per la scuola dell’infanzia ed elementare, con tutte le conseguenze che ciò comporterà nella didattica e nell’organizzazione del lavoro. Inoltre, la scelta di lasciare ai singoli Enti Locali, in base alle loro disponibilità di posti e alle risorse finanziarie, la possibilità di anticipare l’iscrizione alla scuola dell’infanzia, non può che creare situazioni di caos e disomogeneità, scaricando sugli Enti Locali gli oneri di tale operazione. Si conferma, inoltre, la netta separazione tra scuola elementare e media. Non viene, infatti, neppure accolta la richiesta dell’Anci di confermare la generalizzazione delle scuole comprensive.
Si tratta di questioni sostanziali su cui, attraverso documenti pubblici, anche le regioni governate dal centro- sinistra e dall’Anci avevano espresso perplessità e contrarietà.
Rimane, quindi, il giudizio fortemente negativo della CGIL scuola sul testo della legge delega e l’impegno a richiederne il ritiro.
Roma, 18 marzo 2002