Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Scuola » La Cgil Scuola sulla Riforma Moratti

La Cgil Scuola sulla Riforma Moratti

A conclusione degli Stati Generali il Ministro si era impegnato alla ricerca del massimo consenso possibile intorno alla riforma della scuola.

08/02/2002
Decrease text size Increase  text size

A conclusione degli Stati Generali il Ministro si era impegnato alla ricerca del massimo consenso possibile intorno alla riforma della scuola.

Il ricorso alla delega, oltre a contraddire platealmente gli impegni presi, dichiara la consapevolezza del governo circa l’incapacità di sostenere il confronto e di allargare il consenso su un disegno di controriforma scolastica che può essere solo imposto a colpi di maggioranza parlamentare.

Canalizzazione precoce e modello duale
Il percorso compiuto dalla proposta Bertagna al disegno di legge delega rivela l’assenza di un progetto complessivo di trasformazione e la presenza di un’unica chiara volontà: far arretrare l’obbligo scolastico, introdurre la canalizzazione precoce e il modello duale.
Nel giro di un mese, con estrema disinvoltura, si è passati dalla secondaria superiore di 4anni, giustificata da Bertagna con il mantenimento di un percorso di base di 8 anni, al ritorno dei licei di 5 anni con l’introduzione dell’anticipo dell’inizio della scuola dell’infanzia ed elementare, alla riduzione dell’anticipo a 4 mesi e poi a 2, in prima applicazione sperimentale, con la conseguente compromissione dell’obiettivo europeo della conclusione del percorso scolastico a 18 anni.
Il tutto per tenere assieme le spinte contrastanti delle varie anime del centro destra e in assenza di un disegno organico e di una idea di scuola che offra a tutti maggiori opportunità.
La scuola del centro destra si pone quale unico obiettivo la restaurazione del modello selettivo: a 14 anni, o addirittura prima in caso di anticipo, si separa il percorso liceale (statale) dal canale della formazione (regionale).
Una scelta precoce, sostanzialmente determinata dalle caratteristiche socioculturali delle famiglie di provenienza, tra il canale dell’eccellenza, per chi è destinato agli studi universitari e alle fasce alte del mercato del lavoro, e il canale della preparazione al lavoro per l’area del disagio scolastico, cui si prospetta un destino formativo e lavorativo inferiore e subalterno.
La pari dignità culturale dei due percorsi affermata dal progetto governativo è una finzione: la diversa durata dei percorsi (5 anni il liceo, al massimo 4 anni il canale della formazione), le prevedibili difficoltà di molte regioni ad organizzare e gestire un’offerta formativa di grande rilievo dal punto di vista quantitativo e qualitativo, vista la cattiva prova spesso fornita nella gestione dell’attuale formazione professionale, l’inevitabile debolezza culturale di un percorso prioritariamente finalizzato all’inserimento lavorativo la dicono lunga sulla condizione di inferiorità e subordinazione del canale regionale.
Il disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri è in perfetta coerenza con il modello di sviluppo che la Confindustria ha delineato a Parma prima delle elezioni: la via bassa alla competitività, fondata sulla riduzione dei costi e dei diritti dei lavoratori, la precarizzazione dei rapporti di lavoro, il governo unilaterale della manodopera, lo smantellamento dello stato sociale.
Per questo programma, che il governo Berlusconi ha iniziato ad attuare gradualmente (finanziaria, deleghe su mercato del lavoro, fisco e previdenza, libro bianco di Maroni), non serve un modello scolastico inclusivo finalizzato a portare tutti ai più alto livello possibile di istruzione.
L’esigenza di innalzare i livelli di istruzione di tutti, infatti, risponde alla diffusa consapevolezza nelle democrazie occidentali che la conoscenza è il fattore strategico per progresso civile e democratico e per lo sviluppo sociale ed economico.
La precoce preparazione al lavoro non corrisponde all’evoluzione del mondo del lavoro in tutti i paesi sviluppati verso professionalità più ricche e complesse, per le quali una solida preparazione culturale di base permette maggiore duttilità, capacità di aggiornamento e riconversione nei confronti della sempre più rapida obsolescenza delle competenze professionali specifiche.
Il disegno di legge delega, inoltre, indebolisce l’autonomia scolastica: mentre si bloccano i processi di riforma dell’amministrazione, il federalismo scolastico della riforma Moratti si rivela come neo-centralismo regionale, che espropria le scuole autonome della autonomia curricolare prevista dal Dpr 275/99 e non sviluppa il decentramento delle competenze ministeriali.
Dopo aver costruito tutto l'impianto della riforma saltando il confronto con le Regioni, titolari della competenza sulla formazione professionale, la Moratti regala alla Lega la devolution sui programmi.
La quota (10 - 20%) dei curricoli che l’autonomia affida alle scuole perché elaborino progetti coerenti con i bisogni del territorio e in raccordo con le istituzioni locali, sarà invece attribuita alle Regioni, aprendo la strada a tutti i prevedibili interventi ideologici dettati dalle maggioranze politiche locali.

Conservazione dell'esistente e anticipo
Scuola elementare e scuola media rimangono in tutto separate (ordinamenti, programmi, modelli di organizzazione didattica, culture professionali) scompare anche il biennio comune quinta elementare - prima media.
In questo modo non si affronta la questione della frattura nel percorso di base che ancora produce il 6% di bocciature in prima media.
Il disegno di legge ignora la realtà del 43% di istituzioni scolastiche di base che sono istituti comprensivi, che aggregano scuole dell’infanzia, elementari e medie e che lavorano sulla continuità educativa, sul curricolo verticale, sull’impiego integrato del personale, sul confronto e la collaborazione tra le diverse culture professionali.
La secondaria superiore statale non cambierà, rimane di cinque anni, senza biennio obbligatorio, con una scansione interna 2 + 2 + 1, che sarò resa compatibile con la prosecuzione delle discipline caratterizzanti l'ultimo anno.
Non è difficile immaginare che il sistema duale favorirà l’abbandono delle esperienze di integrazione tra scuola formazione professionale e lavoro, così come è prevedibile che, una volta canalizzati altrove gli studenti difficili, si verifichi un riflusso delle pratiche didattiche fondate sulla centralità dello studente.
Oltre alla canalizzazione precoce ed al modello duale, l'altra novità della riforma è rappresentata dall'ingresso anticipato dei bambini alla scuola dell'infanzia ed elementare.
E’ noto a tutti che, in queste fasi evolutive, anche quattro mesi sono molto importanti.
L'anticipo dell'ingresso nella scuola dell'infanzia dei bambini di due anni e mezzo e il transito anticipato alla scuola elementare di parte dei bambini di cinque anni, muta l'identità della scuola dell'infanzia, non tiene conto della sua storia e della sua esperienza, pone le condizioni per il ritorno a logiche assistenziali e di custodia.
L’esperienza della scuola dell’infanzia italiana, i cui livelli qualitativi sono ampiamente riconosciuti a livello internazionale, deve essere salvaguardata in quanto luogo di apprendimento e socializzazione che svolge un compito essenziale di prevenzione del disagio scolastico.
Il governo deve generalizzare le esperienze di qualità della scuola dell’infanzia su tutto il territorio nazionale, invece di mettere in crisi un modello che funziona.
Allo stesso modo nella scuola elementare si rischia di trovare un ambiente educativo impreparato ad accogliere bambini di poco più di cinque anni e l'organizzazione di percorsi differenziata può risultare di complessa e difficile soluzione in presenza nella stessa classe di un arco di età più ampio.
Ciò sarebbe ulteriormente aggravato dall'intenzione, contenuta nella proposta Bertagna, di smantellare la riforma della scuola elementare e di eliminare gli spazi di flessibilità didattica.
Complessivamente le spinte precocistiche e adultistiche producono effetti negativi allo sviluppo intellettuale ed affettivo dei bambini e ai modelli di organizzazione didattica delle scuole: prevalgono i metodi trasmissivi e la compressione dei tempi, si riduce lo spazio per l'operatività, la didattica laboratoriale, il gioco.
Le varie spinte corporative interne al centro destra, in assenza di idee forza che permettano sintesi più avanzate, hanno trovato il loro punto di equilibrio in un pasticcio che non risolve seriamente nessuna delle questioni in gioco e che danneggia la scuola dell'infanzia ed elementare.
La CGIL Scuola esprime un giudizio fortemente negativo nei confronti del disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri e per questo è impegnata, a tutti i livelli, nella promozione di una campagna di informazione e discussione capace di coinvolgere tutto il mondo della scuola e la società tutta.
In questo quadro saranno attivate iniziative di contrasto il più unitarie possibile.

Roma, 8 febbraio 2002