La settimana dal 19 al 25 maggio sarà dedicata a raccontare come si vive e si lavora nelle scuole italiane
Una nota ministeriale si propone di far emergere la quotidianità operosa delle scuole italiane, cancellata nell’immaginario collettivo da campagne di stampa incentrate sulle patologie. Ma non manca qualche sbavatura: il ruolo della Agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (già al lavoro secondo il Ministro, mentre invece mancano o non sono stati discussi sostanziali passaggi)
Agli inizi di aprile, in occasione della presentazione dei documenti quadro per le nuove indicazioni nazionali, era stata annunciata come
la settimana dell’orgoglio della scuola pubblica. Forse la paura di evocare altri orgogli che gaiamente una volta l’anno riempiono le piazze di canti e i giornali di polemiche, ha fatto mutare il titolo. Ma non la sostanza.
Così, si chiamerà:
“La scuola siamo noi” (e chissà quanto di consapevolezza c’è nell’omaggio allo slogan della scuola militante che, scritto su spille e adesivi gialli, ha invaso per mesi e mesi le scuole e le piazze in rivolta contro il modello Moratti).
Stiamo parlando della settimana dal 19 al 25 maggio, dedicata a far conoscere le tante buone cose che quotidianamente, lontano dai riflettori mediatici le diecimila e passa scuole della nostra Repubblica inventano e realizzano per attuare al meglio il loro compito: accrescere il sapere, integrare, favorire la partecipazione, far scoprire quanto c’è di bello e di ricco nell’imparare.
Lo ha annunciato
una nota dei giorni scorsi
che, partendo dalla constatazione che quella che viene riflessa da recenti fatti di cronaca è un’immagine distorta e parziale della scuola italiana, si propone di farne emergere invece la quotidianità operosa colta e consapevole, destinata diversamente a passare sotto silenzio ed essere misconosciuta.
Ne siamo convinti. La scuola non è solo quella tristemente alla ribalta della cronaca per patologie così indicibili che si fatica a pensarle reali. È giusto che tali fatti vengano esecrati e banditi, che tutte le colpe vengano indagate e punite. Ma non si può lasciare che quella negativa sia la sola immagine della scuola che resta affidata alla memoria e alla conoscenza collettive. Perché la scuola reale è fatta di migliaia e migliaia di insegnanti e personale tecnico ed ausiliario e dirigenti che coscienziosamente e scrupolosamente compiono il proprio lavoro. Nonostante tutto.
Nonostante il contratto scaduto e gli stipendi magri, nonostante nessuna esaltante speranza di brillante carriera, nonostante la precarietà e i supplenti che non arrivano o che se arrivano nessuno per mesi li paga. E si potrebbe aggiungere lo squallore delle aule che non vengono ridipinte perché il comune non ha i soldi, le palestre che non sono mai abbastanza, i laboratori che mancano e i materiali e i libri portati da casa e comperati di tasca propria perché le casse della scuola sono vuote e l’ultima pesca di beneficenza organizzata con i genitori è servita a comperare un computer nuovo, chè i ladruncoli ci vanno a nozze nelle scuole: un sistema d’allarme, chi mai l’ha visto? Eccetera eccetera…
È giusto che questa scuola abbia l’orgoglio di mostrare la sua faccia e la sua fatica. Che le collettività locali e nazionale riconoscano la qualità e il valore dell’impegno profuso.
Ma bisogna anche che ci sia una volontà e un impegno della società civile ( e del Ministro all’Istruzione in primis) a cancellare puntigliosamente e progressivamente i troppi “nonostante” che parzialmente abbiamo sopra elencato. Perché quelli della scuola sono lavoratori, portatori di responsabilità e di diritti e non missionari da santificare e poi immolare.
A loro serve il rinnovo del contratto di lavoro, servono organici, servono risorse, servono regole chiare.
Solo così si garantisce che l’immagine della scuola che si offre all’opinione pubblica non sia passibile di ulteriori distorsioni.
Bisogna conoscerla davvero, la scuola italiana. Conoscerla e ri-conoscerla.
E chi la conosce davvero, sa che la proposta che ora il Ministro avanza è già prassi di fine anno scolastico per moltissime istituzioni scolastiche autonome. Con una varietà di modi e di forme che appare ridicolo che qualcuno pensi (come emerge dalla Circolare) ad un “forum di discussione” per l’organizzazione della/e giornata/e. Le scuole sono più avanti di quel che il Ministro pensa. Che il Ministro e l’Amministrazione Scolastica mettano a disposizione quanto loro è possibile per fare rete tra le diverse esperienze, questo sì.
Senza mistificazioni e senza fumo negli occhi. Con onestà e trasparenza. Senza confondere la realtà attuale con le potenzialità future. Senza millantare.
In nome di questo, ci piacerebbe sapere che cosa il Ministro mette davvero a disposizione delle scuole. Se questo fosse l’Agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, rimarremmo molto delusi. Perché l’Agenzia ancora non esiste: esistono dei Commissari che gestiscono la fase di transizione dagli Irre, i cui consigli di gestione sono stati sciolti dalla Legge Finanziaria per il 2007.
L’Agenzia entrerà in funzione quando sarà approvato il Regolamento (per la qual cosa è necessario il confronto con le Organizzazioni sindacali) e quando sarà stabilito il destino delle centinaia di lavoratori oggi occupati negli Istituti di Ricerca Regionale.
Per un’operazione che vuole essere di trasparenza il Ministro si avvale di un’ente che non è legittimato? O il Ministro ha diramato l’atto di indirizzo ai Commissari e non l’ha fatto sapere a nessuno?
Di chiarezza, signor Ministro, la scuola ha bisogno. In ogni circostanza.
Roma, 4 maggio 2007