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Laicità della scuola e ora di religione

Ordine del giorno approvato all'unanimità dal Comitato Direttivo Nazionale della FLC Cgil.

10/09/2009
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Il tratto distintivo della scuola pubblica italiana è che essa è laica e plurale: è una scuola di tutti e per tutti, senza distinzione di razza, di sesso, di genere, di religione.
Questa sua natura deriva direttamente dal dettato costituzionale. La sua organizzazione didattica ed il suo contenuto pedagogico si devono richiamare a questo principio e non ai dettami dei documenti della CEI.

La libertà religiosa invocata dal documento vaticano, è garantita dalla stessa Costituzione, tanto che è possibile la creazione di scuole di tendenza; nel nostro caso, di scuole cattoliche purché i relativi costi non siano a carico dello Stato.

Un insegnamento confessionale della religione, un'educazione alla fede religiosa, qualunque essa sia, è quindi compito delle famiglie e delle relative confessioni religiose, ma non dello Stato.

Nessuno nega il ruolo ed il significato che la religione cattolica ha avuto ed ha tutt’ora nella storia e nella vita civile del nostro paese. Ma come il cattolicesimo ha influenzato arte, costumi, cultura e vita politica sia in Italia che in moltissime altre parti del mondo, lo stesso si può dire di altre religioni cristiane e non cristiane e di altre concezioni del mondo.
La conoscenza e la comprensione del fatto religioso rappresentano un elemento fondamentale per la crescita culturale e civile delle giovani generazioni. Come tale, deve essere quindi ricompreso all’interno dei curricoli scolastici, ma non in forma confessionale.

Un'ipotesi di insegnamento del fatto religioso, che ovviamente non può comprendere solo il cattolicesimo o il cristianesimo, non può essere considerato, come dice il documento vaticano “…in contrasto con le scelte e l’indirizzo educativo che i genitori e la Chiesa intendono dare alle nuove generazioni”.

Un'impostazione di questo genere deriva ancora dall’idea di religione di stato o, peggio ancora, da un'idea di stato confessionale, e non tiene in considerazione il fatto che in Italia esistono anche altre religioni cristiane. Oltre a questo, occorre tenere in considerazione che la consistente ondata migratoria, che ha interessato il nostro Paese negli ultimi decenni, ha prodotto profonde e positive modifiche strutturali facendo della società italiana una società multietnica, multiculturale e multireligiosa.

In questo contesto non è accettabile la richiesta di piegare alle ragioni assolute di una componente della società italiana, servizi, istituzioni e leggi che devono tutelare i diritti di tutti.
Nel nostro Paese la Chiesa cattolica gode già di numerosi privilegi, molti dei quali andrebbero per lo meno ridiscussi: dalle esenzioni fiscali per gli stabili, all’insegnamento confessionale dell’ora di religione, all’assunzione in via privilegiata degli insegnanti di religione scelti dalla Curia; alla loro retribuzione a carico di tutti i contribuenti (non solo quelli di religione cattolica). Un lungo elenco che non vorremmo continuasse con l’accettazione, da parte del governo e del Parlamento anche del veto a considerare e a comprendere nei percorsi scolastici lo studio di concezioni religiose e di patrimoni culturali che appartengono all'umanità intera.

La Chiesa cattolica è legittimata, sulla base delle disposizioni concordatarie, ad organizzare l’ora di religione secondo i propri principi, ma non può pretendere che la scuola non si debba occupare del fatto religioso. O, addirittura, che non se ne possa occupare nemmeno nell’ora alternativa. Del resto, a causa dei tagli del governo, le scuole non sono in grado di attivare gli spazi didattici per garantire lo svolgimento dell'ora alternativa. In tal modo, si intacca, in modo profondo, un principio di pari dignità ed eguaglianza degli studenti.

Roma, 10 settembre 2009