Le capacità che ci rendono umani
A proposito di una circolare contro la libertà di opinione. L'articolo di Ermanno Detti pubblicato sull'ultimo numero di Articolo 33, la rivista mensile della FLC CGIL.
Una docente qualche tempo mi confidò quasi sottovoce, come se fosse un segreto o una notizia di un cui un po' si vergognava, che nella sua classe non riusciva a svolgere più bene il suo lavoro. Questa docente insegna lettere nel biennio di una scuola superiore, i ragazzi hanno 14-15 anni e usa metodologie avanzate. La conosco da tempo e le chiesi spiegazioni.
Il fatto
Il fatto è questo. La docente insegna insieme alla lingua italiana anche educazione civica e sapevo già che usava questo metodo: affronta con gli studenti temi di attualità come, per esempio, la crisi economica e le sue cause, il lavoro, il precariato, i principali fatti di cronaca, la moralità pubblica, ecc. Gli argomenti sono spesso messi in rapporto, quando è opportuno naturalmente, con alcuni principi della Costituzione. Lo scopo è quello di riportare anche le diverse opinioni degli studenti all'interno di un quadro normativo e legale.
La docente non si limita a individuare un tema riprendendolo dalla cronaca quotidiana, ma fa con gli studenti un lungo lavoro: letture di giornali, di riviste e di libri, ricerche su internet, discussioni in classe finalizzate al confronto degli orientamenti e delle opinioni degli studenti. Infine, nel rispetto del tema generale, assegna un tema specifico, che fa svolgere in classe. Il tema è soggetto a correzione e a valutazione, è insomma un compito in classe un po' meno tradizionale.
Con questo metodo i suoi alunni scrivono moltissimo, uno e talvolta anche due "temi" ogni 10-15 giorni. E leggono, imparano a informarsi. Non solo, siccome durante le discussioni emergono posizioni diverse, imparano a confrontarsi e a ragionare con la loro testa, ma a ragionare sulla base di dati e documenti. Era inoltre intenzione della docente di scrivere di questo suo metodo su riviste specializzate per raccontare l'esperienza che da anni conduce con le sue classi e anzi aveva preso contatto con alcune redazioni.
Ma qualche giorno prima il nostro colloquio, la docente era stata chiamata dal dirigente scolastico, il quale, saputo forse del suo metodo e della sue intenzioni, un po' imbarazzato le aveva mostrato una circolare riservata, timbrata Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca – Ufficio Scolastico Regionale per l'Emilia Romagna, firmata da Marcello Limina, nella quale in sintesi si diceva che bisognava tenere un corretto comportamento con gli organi di stampa, in particolare bisognava "evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi e all'immagine della pubblica amministrazione". Ora è vero che lei non aveva alcuna intenzione preconcetta nei confronti dell'amministrazione scolastica, anzi ci aveva sempre tenuto a svolgere al meglio il suo lavoro, ma aveva anche intenzione di poter parlare liberamente e di dare voce libera agli studenti. Pertanto nelle discussioni in classe potevamo emergere critiche perfino sull'operato di un Ministro o di un Governo, insomma di chi gestisce il potere della scuola. Ora questo non era più possibile, ai confronti in classe bisognava mettere una sorta di "censura" su alcuni temi. Le risposi che forse la circolare non riguardava la didattica. Ma da una lettura più attenta – ne riporteremo alcuni passi nel paragrafo successivo – secondo lei le cose non stavano come dicevo io.
Insomma dopo aver letto la circolare, la docente aveva ben compreso che in fondo la questione è che non si può più liberamente esporre le proprie idee. Questo è tanto più pericoloso quanto più queste idee vanno a muovere critiche a chi governa il Paese. Non solo, più in generale il provvedimento lede la libertà non solo di parola e di opinione, principi presenti nella nostra Costituzione, in particolare la libertà di insegnamento sancito all'articolo 33, al quale si riferisce com'è noto lo stesso titolo della nostra rivista.
La circolare
Con qualche difficoltà mi sono procurato la Circolare riservata di cui mi aveva parlato la docente, precisamente la n. 489/ris, datata 27.4.2010 dell'Ufficio Scolastico Regionale per l'Emilia Romagna. Si tratta di un documento istruttivo, perché leggendolo si capisce subito che l'estensore è ben consapevole di quello che sta scrivendo e cerca in tutte le maniere di edulcorare con giri di parole quello che è un provvedimento grave: impedire agli insegnanti di pronunciarsi contro l'operato del Governo, non solo, di impedire anche di pronunciarsi con colleghi e con altre categorie – vedi studenti e genitori – pure con le parole. Per questo il dirigente era preoccupato di quel lavoro, temeva che le critiche che emergevano dal confronto in classe potessero essere divulgate e procurargli qualche guaio.
La circolare infatti parte dalla constatazione che spesso sulla stampa compaiono dichiarazioni rese da personale della scuola con le quali si esprimono critiche verso l'Amministrazione, in pratica verso chi governa. E cita a questo proposito alcune norme, anche recenti, riguardanti l'obbligo di un dipendente di astenersi da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'Amministrazione.
Ora questo, com'è logico, è giusto. Chiunque faccia parte di un gruppo, di una società o di una qualsiasi azienda dovrebbe credere in essi e comunque dovrebbe evitare di parlarne male. L'obbligo decade tuttavia se all'interno di quel gruppo vi è chi con la sua opera compie azioni nocive ai lavoratori e alla collettività, insomma al gruppo stesso. I punto è proprio questo, chiunque faccia parte di un'organizzazione deve avere la libertà di criticare quell'organizzazione per migliorarla, la libertà di criticare chi eventualmente la porta allo sfascio. A veder bene le recenti dichiarazioni del personale della scuola contro la scuola, comparse sulla stampa, non sono mai contro l'istituzione, ma contro chi governa e malgoverna le istituzioni stesse, nocendo ai lavoratori, agli studenti e alla società.
La circolare procede e i suoi toni divengono sempre più patetici. Nel documento "si invitano le SS.LL a richiamare la personale attenzione dei dirigenti scolastici su quanto precede, chiedendo loro di sensibilizzare il personale della scuola sul corretto comportamento da tenere con gli organi di stampa". E poi si giunge al punto cruciale: "Il corretto comportamento da tenere non va ovviamente dimenticato neppure in occasione della redazione di documenti o comunicati diretti agli studenti, alle famiglie o ad altri soggetti". Siamo così a una vera e propria voce alta che minaccia: "Silenzio! Non vi è dato di parlare", Si cerca poi di addolcire la pillola, nell'ultima parte la circolare ci si dilunga quasi a voler recuperare quello che si è detto e si parla di dovere dell'Amministrazione di dialogare con il personale dipendente… Sembra insomma di sentirsi dire: dialoghiamo ma con chi non ci critica, con chi è solo d'accordo con noi.
La circolare è disponibile a questo link e chi vuole può leggerla. Nella sua pateticità e drammaticità è anche divertente.
I due modi di concepire il mondo
Il metodo di insegnamento a cui abbiamo fatto cenno ha una finalità precisa, è un vero e proprio esercizio alla democrazia, tende alla formazione di cittadini consapevoli e rispettosi delle opinioni degli altri, eventualmente diverse dalle loro. È un metodo certo non infallibile e perfettibile, ma tali sono i suoi scopi. D'altra parte è ovvio che la finalità delle iniziative autoritarie è quella di evitare critiche a chi governa la nostra scuola. Insomma da una parte si trascura, si abbandona, si tagliano i fondi per l'istruzione, dall'altra non si vogliano sentire dissensi. Tutto ciò crea un'atmosfera di incertezza e di paura che incide negativamente nella didattica e quindi nella crescita e nell'educazione dei nostri studenti.
La situazione è notoriamente grave in Italia, ma sembra che la questione della democrazia e della formazione delle menti riguardi anche gli altri Paesi industrializzati. Martha C. Nussbaum, filosofa statunitense che insegna all'Università di Chicago, in lungo articolo pubblicato su "Internazionale" del 29 ottobre 2010, parla di una crisi parallela a quella economica, una crisi molto più dannosa per la democrazia, è la crisi mondiale dell'istruzione. Difatti anche nelle società democratiche sono in atto cambiamenti radicali su cui è necessario riflettere e subito.
In molti paesi occidentali si è preoccupati prima di tutto del profitto e si escludono dall'insegnamento alcuni saperi indispensabili per mantenere vivi i principi della democrazia. "Se questa tendenza continuerà – scrive la filosofa – gli Stati di tutto il mondo produrranno generazioni di macchine docili, utili e tecnicamente qualificate, invece di cittadini a pieno titolo, in grado di pensare da soli, mettere in discussione le consuetudini, e comprendere le sofferenze e i successi degli altri".
Insomma in un momento in cui gli Stati debbono restare competitivi sul piano globale, eliminano il superfluo, come le letteratura e l'arte, uccidendo così la creatività, il pensiero inventivo e critico. Si stanno inseguendo beni che riguardano il nostro "rivestimento materiale", come li chiama il filosofo Rabindranath Tagore, mentre si stanno distruggendo proprio le capacità che permettono di avere relazioni umane. Scrive ancora Martha C. Nussbaum: "Sembriamo aver dimenticato le capacità di pensiero e immaginazione che ci rendono umani".
Poiché la democrazia si basa su due capacità, quella di essere noi stessi, equilibrati e sani, e quella di prendere in considerazione il mondo, quindi di pensare agli altri e al bene generale, se annulliamo questa seconda parte resterà solo un bieco individualismo di cui purtroppo già si nutre la società attuale. Per questo è giusto che anche in momenti di crisi si reagisca energicamente contro chi vuole annientare il confronto delle idee diverse e chiede per giunta il silenzio.