Le indicazioni del MIUR per la costituzione di burocratiche reti di scuola
Le scuole entro giugno 2016 devono costituire le reti. Lo scopo è evidente: scaricare su di esse adempimenti che dovrebbero essere competenza di altri uffici. Ancora una volta ignorate le relazioni sindacali.
Con una nota del 7 giugno 2016 del Dipartimento dell’Istruzione del MIUR si impartiscono indicazioni per la costituzione delle reti di scuola secondo le previsioni della legge 107/15 art. 1 commi 70-72.
Entro giugno 2016 – sempre grande la tempestività del MIUR nel dettare tempi impossibili alle istituzioni scolastiche! – si devono costituire le Reti di Ambito (la nuova dimensione territoriale sub-regionale che sostituisce le province) e si avvia il processo di costruzione libera delle Reti di Scopo. Per le seconde, subordinate alle prime, viene richiamato il DPR 275/99 (Regolamento dell’Autonomia) – che detta regole stringenti sulla costituzione e sul funzionamento di una rete – e viene fornita una scheda tecnica, mentre per le Reti di Ambito il relativo modello di costituzione non fa riferimento al DPR 275/99 e attribuisce alla Rete il potere di rappresentare tutte le scuole dell’ambito nel rapporto con l’USR. Tutto dunque a rischio di produrre conflittualità e contenziosi, stante la dubbia applicazione che viene data alle norme.
Per non sbagliare il MIUR ha confezionato l’allegato e i modelli di costituzione delle Reti di Ambito e di Scopo. Le scuole devono adeguarsi. L‘approvazione di adesione della scuola tramite una delibera del Consiglio di istituto è una pura formalità. Tutte le decisioni saranno prese dalla conferenza dei dirigenti scolastici della Rete che eleggerà una scuola Capofila il cui dirigente scolastico sarà il Presidente per una durata triennale.
Lo scopo dichiarato è uno solo: decentrare a carico delle scuole una serie di adempimenti che, al momento del varo dell’autonomia scolastica, dovevano essere assolti da altri organi territoriali (CSA, centri amministrativi scolastici) e che in questi anni, pervicacemente, sono stati di volta in volta intestati alle istituzioni scolastiche.
Si porta così a compimento una deriva che porta le scuole da un’autonomia che doveva essere didattica, organizzativa, di sperimentazione ricerca e sviluppo ad un’autonomia (pseudo) amministrativa che però viene intestata alle scuole tramite le reti. È chiaro anche il disegno di creare figure sempre più specializzate ma sempre più separate dalla didattica e dal contesto scolastico.
Sicché, gli uffici e i dirigenti scolastici invece di dedicarsi all’organizzazione ottimale dei servizi per la didattica e la cultura, surrogheranno il lavoro che in altri contesti è delegato ad altri uffici. Stipendi, pensioni, convenzioni per gli acquisti, rapporti bancari e assicurativi, anticorruzione ecc. nelle altre articolazioni dello Stato non sono a carico dei singoli uffici ma dei centri territoriali e centrali. Per la scuola no. La scuola prende in carico ciò che Ambiti territoriali amministrativi scolastici (ATI), Uffici Scolastici regionali (USR) e MIUR non riescono o non vogliono più a fare (naturalmente per una precisa scelta politica e organizzativa). Perché per una certa cultura l’autonomia è questo: non reti per la didattica ma reti per l’amministrazione.
Una eterogenesi dei fini ci restituisce le scuole come centri di amministrazione e non di cultura.
Il tutto deve avvenire, poi, senza maggiori e nuovi oneri per la finanza pubblica, per cui le scuole in rete dovranno mettere a disposizione anche il personale e le risorse.
Tutta l’operazione viene, infine, accompagnata dalla considerazione che le Reti avranno così capacità di rappresentanza presso gli USR e presso gli Enti istituzionali. E anche qui si nasconde un inganno che la FLC CGIL da sempre denuncia: una vera rappresentanza istituzionale e territoriale deve nascere dal basso e deve avere in tutti i soggetti (dirigente, docenti, ATA, genitori, studenti) la propria rappresentanza, essendo quella del dirigente scolastico, come rappresentanza legale, molto incardinata nella sua veste di funzionario di stato e non di un’autonomia della Repubblica quale è la scuola.
Per la FLC CGIL non si chiude così la partita dell’autonomia, la si giocherà nelle scuole e in tutte le sedi opportune per denunciare e forzare i limiti burocratici delle scelte in atto e per portarle ad altri approdi, che siano rispettosi delle scuole e della loro specifica missione, che sono la cultura e la formazione delle giovani generazioni e non un’astratta funzionalità amministrativa.
Infine, resta la gravità del comportamento del MIUR che ancora una volta ignora il confronto con le parti sociali su partite cosi importanti che hanno ricadute sul rapporto di lavoro di dirigenti, docenti e ATA. Anche per questo motivo la nota ministeriale è da ritirare.