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Piano programmatico: le Commissioni parlamentari si apprestano ad emanare il parere sul provvedimento

Il resoconto della seduta dello 13 novembre 2008.

17/11/2008
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Il piano programmatico torna alla discussione della VII Commissione Cultura della Camera il 18 e il 19 novembre, mentre al Senato è all'o.d.g anche il 20. Con le prossime sedute si concluderà quindi l'esame del provvedimento al quale seguiranno i rispettivi pareri che le Commissioni parlamentari sono tenute ad inviare al ministro dell'istruzione.

Continueremo a seguire i lavori parlamentari della settimana dando conto delle dichiarazioni dei vari gruppi e dei pareri finali e continuando a denunciare come questo provvedimento miri alla devastazione del sistema pubblico di istruzione.

Roma, 17 novembre 2008
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VII Commissione
Resoconto di giovedì 13 novembre 2008

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 13 novembre 2008. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione l'università e la ricerca Giuseppe Pizza.

La seduta comincia alle 9.10.
Piano programmatico di interventi volti alla razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e strumentali del sistema scolastico.
Atto n. 36.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento all'ordine del giorno, rinviato, da ultimo nella seduta dell'11 novembre 2008.

Caterina PES (PD) rileva innanzitutto che il provvedimento in esame costituisce il proseguimento delle politiche adottate attraverso precedenti provvedimenti da parte del Governo, che hanno previsto tagli molto drastici alle spese per l'istruzione. Sottolinea che una politica di tagli non è da giudicare negativamente in linea di principio, alla luce anche delle difficoltà economiche del Paese, segnalando peraltro che tagliare eccessivamente le spese per l'istruzione influisce in modo molto negativo sull'economia, dato che oggi giorno, alla luce dell'attuale sistema economico mondiale, è fondamentale investire sulla scuola. Ricorda quindi che i precedenti provvedimenti hanno comportato un taglio di 87 mila docenti, di 43 mila amministrativi, nonché l'accorpamento delle classi di concorso. Paventa quindi il rischio che i tagli previsti si riverberanno sull'offerta formativa; sostiene d'altra parte che la spesa sulla scuola in Italia non è eccessiva come si vuole far credere, specie se la si compara con le spese per le scuole degli altri stati europei. La spesa dell'istruzione non è quindi fuori controllo, anche se è indubbio che occorre procedere ad una sua razionalizzazione; serve tuttavia una vera riforma scolastica e non una fasulla come quella in discussione. Le spese per il settore scolastico sono diminuite infatti di molto negli ultimi anni, come pure il numero dei docenti, a fronte dell'aumento del numero degli alunni. Illustra quindi i motivi delle conseguenze dei tagli delle spese per l'istruzione, rilevando che l'accorpamento delle classi di concorso, pur essendo una scelta comprensibile in linea di principio, comporterà conseguenze negative sulla qualità dell'insegnamento, dato che si permetterà di insegnare una determinata materia a docenti, senza che questi abbiano una formazione specifica in tal senso; è invece importante diffondere la cultura della «specializzazione dei saperi». Per quanto riguarda il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, sottolinea che il sottosegretario Pizza ha ricordato nella seduta di giovedì scorso che le materie di base nei licei scientifici e classici non subiranno diminuzioni di ore; si chiede pertanto quali materie subiranno riduzione delle ore. Sui licei sociologici, riterrebbe infine opportuno che venisse chiarito se tali istituti rientrano o meno nel dimensionamento.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) sottolinea innanzitutto la gravità dei provvedimenti del Governo in materia di scuola, evidenziando come le conseguenze di tali provvedimenti sono sfociate nelle manifestazioni di piazza delle ultime settimane. Ringrazia peraltro il sottosegretario Pizza per il faticoso svolto nella ricerca di una soluzione concordata, che è poi arrivata, anche se in ritardo. Ritiene infatti che l'assenza di dialogo con il mondo della scuola sia stato un grave errore per quel che riguarda l'adozione del provvedimento in esame. Stigmatizza d'altra parte il fatto che il Governo, nonostante abbia riconosciuto l'errore commesso nel non aver coinvolto il mondo della scuola e le parti sociali prima dell'adozione del Piano, si ostini a non volere modificare il Piano stesso. Non nasconde certo le sue preoccupazioni riguardo alle critiche condizioni economiche in cui versa il Paese, ma ritiene in ogni caso che sarebbe opportuno fare una vera e propria riforma, che elimini «privilegi e baronati», senza però tagliare indiscriminatamente le spese. Rileva che esiste comunque un aspetto positivo: il Governo e le Regioni hanno infatti trovato una intesa sull'articolo 3 del decreto legge n. 154 del 2008, ma occorre comunque prevedere interventi importanti che razionalizzino veramente il sistema. Aggiunge che le politiche del Governo in materia di scuola sono contraddistinte da una contraddittorietà di base e da una volontà di venire incontro a singole esigenze settoriali, senza guardare alle esigenze complessive del Paese. Concorda quindi con le premesse del piano rilevando, peraltro che vi sono contraddizioni tra le premesse e le parti successive, in quanto l'aumento degli alunni per classe l'eliminazione del «tempo pieno» sono in contrasto con un concetto di scuola efficiente ed efficace. Ricorda ancora che anche il dimensionamento delle istituzioni scolastiche può porsi in contrasto con la necessità di garantire un'elevata qualità dell'istruzione. I tagli di otto miliardi di euro previsti dai precedenti provvedimenti con riferimento alle politiche scolastiche incidono fortemente sulla possibilità di mantenere standard elevati d'insegnamento; in ogni caso non è persuaso del fatto che i tagli attuati basteranno a soddisfare le esigenze di risanamento dei conti pubblici. Osserva d'altra parte che anche membri della maggioranza in Commissione hanno sottolineato l'esigenza di rivedere il piano. Auspica quindi, in conclusione, che il Governo riveda il piano o lo ritiri.

Manuela GHIZZONI (PD) sottolinea che l'opinione del gruppo del Partito democratico è certamente quella di procrastinare l'attuazione del piano, che discende da una legge ingiusta, si prefigura come una profonda riforma di tutto il sistema dell'istruzione, che non è stata discussa né in Parlamento né con le parti sociali e le componenti della scuola. Rileva che non possono infatti essere considerati prove di dialogo, le convocazioni tardive delle associazioni di studenti e famiglie presso il Ministero, nelle quali il Ministro ha esordito affermando che nessun cambiamento sarebbe stato effettuato ai testi normativi presentati. Una ulteriore difficoltà del Piano deriva dal fatto che interviene su temi che sono oggetto di ulteriori provvedimenti, quali l'ormai noto decreto-legge n. 137 del 2008 e il decreto-legge n. 154 del 2008. Sottolinea, in particolare, che la revisione dell'articolo 3 del decreto-legge da ultimo citato impatta pesantemente sul contenuto del piano, che dovrebbe pertanto subire una revisione e una rettifica. Sostiene inoltre che sia legittimo chiedere al Governo come pensa di coprire i duecentocinquanta milioni di mancati risparmi che derivano dalla modifica dell'articolo 3. Ritiene quindi importante chiarire se al fine di coprire tali oneri si sottrarranno altre risorse dalla scuola o si troveranno altre fonti di finanziamento. Contesta quindi i dati sulla spesa per istruzione, poiché i dati OCSE dovrebbero portare a non depotenziare il settore della formazione della ricerca e dell'istruzione, perché così facendo si mette a repentaglio la possibilità di disporre di un sistema educativo capace di far fronte alle sfide della società della conoscenza, di promuovere competenze di cittadinanza attiva, di attrezzare i giovani per la competizione e i mercati globali. Ricorda, infatti, che investire in conoscenza cultura e creatività è indispensabile per rafforzare il posizionamento internazionale del Paese. Rileva d'altra parte una sostanziale incoerenza tra le premesse del piano e i dispositivi e le scelte dei tagli - di finanziamenti, di curricoli, di orari, di personale, di progettualità -, espressi nella parte operativa del piano e confermati nelle tabelle relative agli «esuberi», che riassumono una dura manovra economica di otto miliardi di euro. Ricorda che rispetto al «Quaderno Bianco», nel Piano non vi è una rigorosa proposta di riqualificazione come manca l'attribuzione dei risparmi al sistema stesso, eccetto il trenta per cento che ormai dovrà soddisfare diverse finalità e risulterà insufficiente.
Considera inoltre importante ottimizzare la spesa associandola a meccanismi visibili e immediati di utilizzazione virtuosa delle risorse risparmiate, come ad esempio previsto dalla sperimentazione di governance inserita nella finanziaria dello scorso anno. Sottolinea che le misure contenute nel Piano rivelano approcci superati e insufficienti. Ritiene in ogni caso non corretto applicare l'elevamento del rapporto numerico insegnanti-allievi senza discrezionalità, senza considerare i diversi fattori che incidono su tale rapporto. È poi necessario riconoscere le situazioni virtuose, in cui un rapporto «contenuto» insegnati-allievi consente di erogare un servizio esteso in termini di orari e di qualità. Sul maestro unico e le ventiquattro ore, segnala che la scelta inopportuna di prescrivere un unico modello didattico per la scuola primaria- forzando la previsione dell'articolo 64 della legge n. 133 - contrasta con la visione dell'autonomia e verifica i commi 1 e 5 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, che affida alle scuole il compito di adattare ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale: vi è un contrasto con il principio «costituzionale» dell'autonomia organizzativa e didattica riconosciuta alle scuole. Specifica quindi che il Piano sul maestro unico si avventura in affermazioni che non condivide, da un punto di vista pedagogico, in merito alla necessità di avere un solo punto di riferimento, cioè il maestro unico. Rileva infatti che in famiglia i genitori sono due e che se il discorso fatto per la scuola elementare fosse razionale dovrebbe essere applicato anche alla scuola dell'infanzia e alla scuola media. Aggiunge che non è il modello didattico ad esigere un fabbisogno di insegnanti - il team determina una percentuale di 1,77 docenti per classe, a fronte di 1,93 per le superiori, 1,97 per la materna e il 2,10 per la scuola media - bensì la presenza capillare sul territorio del servizio, pari a 16000 plessi, e che la soluzione non è l'impoverimento del modello organizzativo, ma una maggiore capacità di gestione della rete scolastica, in accordo con le comunità locali, con organici di istituto, modelli flessibili, nuove tecnologie e nuovi ambienti di laboratorio. Sottolinea che la riduzione del tempo scuola rappresenta un passo indietro soprattutto se la sua estensione è rubricata come richiesta sociale, trascurando le valenze educative del tempo disteso. Si chiede inoltre come si potrà garantire le opzioni a ventisette trenta e quaranta se l'organizzazione sarà subordinata all'organico attributo. Su questo ultimo punto chiede inoltre che vengono tenuti in considerazione gli impegni assunti dal Governo con l'accoglimento degli ordini del giorno suoi e di quelli di Bachelet al decreto-legge 112 del 2008 sul tempo pieno e sui moduli. Non condivide poi la scelta di non citare nel piano la dicitura del tempo pieno prevista dalla vigente legge 176/2007 e il fatto che non si indichi con chiarezza le modalità di copertura del servizio, facendo quasi percepire il tempo pieno come un contenitore temporale in cui si giustappongono tanti spezzoni casuali di attività. Ricorda che non a caso il presidente del Consiglio fa coincidere il doposcuola con il tempo pieno, che è invece un modello pedagogico unitario e coerente, con doppio organico di docenti, con presenza dei rapporti aperti con il territorio, struttura e servizi adeguati.
Segnala inoltre che la discrasia tra dichiarazioni pubbliche e contenuti del piano è massima in merito all'insegnamento della lingua inglese nella primaria: risibili orari di formazione di 150 ore per tutti i docenti, soppressione degli specialisti, 12.300 esuberi rispetto ai poco più 9000 di ruolo. Rileva che la scuola media costituisce anello critico del sistema scolastico e che le misure draconiane previste per il tempo ordinario e prolungato non tengono conto dell'evoluzione dei modelli organizzativi, della necessità di un re-investimento per fare recuperare alle medie una missione credibile per la formazione di base dei giovani, anche in relazione all'elevamento dell'obbligo di istruzione a 16 anni, obiettivo strategico in prospettiva europea. Ritiene «irricevibile» l'ipotesi di riduzione del funzionamento della scuola d'infanzia al solo turno antimeridiano che riguarda solo l'8 per cento del settore con un solo docente: in questo caso non vede altro che misure tese a mettere in crisi uno dei punti di forza del sistema educativo italiano, unanimemente apprezzato da famiglie e comunità locali. Bisogna potenziarlo e non minacciarlo nei suoi cardini di funzionamento. Su tutta la parte connessa formazione professionale, e istruzione di secondo grado ritiene che le indicazioni del piano siano aleatorie e prive di una rigorosa valutazione dell'impatto e dei tempi necessari per la loro realistica attuazione. L'unica cosa seria, a poco più tardi di due mesi dall'iscrizione ai corsi, è fare slittare tutte le operazioni di ristrutturazione di indirizzi, orari di funzionamento, curricoli ed organici di personale, per non creare confusioni e improvvisazione. Esprime quindi un giudizio negativo nei confronti del Piano programmatico, che appare privo di un credibile progetto educativo e culturale per il sistema scolastico; viene adottato senza le indispensabili concertazioni con le rappresentanze sociali e istituzionali, non è disponibile a comprendere le profondi ragioni di disagio espresse dal mondo della scuola; non mantiene le promesse di un re-investimento in premialità per gli operatori - le rassicurazioni e dichiarazioni del Ministro Gelmini sono generiche -, non affronta i nodi reali dello sviluppo della scuola, come l'innovazione didattica; si limita ad allegare inattendibili, ingiustificate e irreversibili tabelle di esubero di personale che rappresentano peraltro migliaia di docenti e di personale ATA precari, che per anni hanno consentito il funzionamento della scuola e contribuito all'educazione delle giovani generazioni.

Valentina APREA, presidente, ricorda che sta elaborando una proposta di parere favorevole con condizioni, che terrà conto di tutte le osservazioni emerse nel corso dell'esame, allo scopo di giungere ad una risoluzione delle diverse problematicità evidenziate. Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.

Nonno, cos'è il sindacato?

Presentazione del libro il 5 novembre
al Centro Binaria di Torino, ore 18.

SFOGLIALO IN ANTEPRIMA!