Precari scuola: concorsi, giovani e false illusioni
Tanti annunci, regole vecchie e prospettive fumose: facciamo il punto sul reclutamento dei docenti
In questi giorni si succedono vari annunci sulla prospettiva di un concorso ordinario per i docenti della scuola da svolgersi in autunno 2012.
Questa accelerazione, in assenza del regolamento sul sistema di reclutamento, si basano prevalentemente sulla (falsa) prospettiva di fare spazio ai giovani.
Come se gli attuali docenti precari fossero ultrasettantenni, o incompetenti o da rottamare per altri motivi, mentre invece hanno tutti superato almeno un concorso o un percorso abilitante pubblico e da anni garantiscono il funzionamento delle scuole.
Ma c'è anche un altro motivo per giudicare illusoria questa ipotesi: secondo la normativa vigente (modificabile solo con un provvedimento di legge o con valore di legge) ai concorsi possono partecipare solo gli abilitati, salvo qualche deroga (per chi avesse iniziato il percorso di laurea nel 1999/00 o di diploma nel 1998/99 e lo avesse concluso entro i termini: vedi correlati).
Questo significa che ai "giovani", ai quali è stata negata la possibilità di abilitarsi con la chiusura delle SSIS e degli altri percorsi formativi, non sarà permesso partecipare. Saranno esclusi perfino coloro che, non abilitati, da anni permettono il funzionamento delle scuole.
Potranno invece partecipare i docenti attualmente nelle graduatorie e pochi altri, oltre a tutti i docenti di ruolo che rientrino in quelle deroghe.
Non si capisce quale sia il motivo per imporre a chi è già in una graduatoria destinata alle assunzioni di dover sostenere un altro concorso per aspirare agli stessi posti ai quali può già accedere.
Se il problema è che in qualche provincia mancano aspiranti, si accolga la nostra proposta e si affianchi alle graduatorie provinciali una graduatoria nazionale dalla quale attingere qualora nella singola provincia non vi siano più aspiranti: in questo modo si renderebbe anche più veloce lo svuotamento delle graduatorie e meno avventuroso il cambio di provincia.
Ma ci sono anche tanti altri motivi che rendono velleitaria l'ipotesi a breve di concorsi ordinari.
Ne citiamo solo tre, quelli più rilevanti, ma ce sono anche tanti altri più specifici, ma certamente non meno importanti.
Il primo è che si procederebbe senza alcuna certezza sulle reali consistenze degli organici, che potrebbero subire significative modifiche a seguito dell'adozione del regolamento delle classi di concorso e della piena adozione dei nuovi regolamenti della scuola secondaria superiore. Si attenda di avere un quadro certo e una situazione delle graduatorie più chiara dopo aver effettuato le assunzioni previste dal piano triennale e poi si bandiscano i concorsi con numeri attendibili.
Il secondo è che si utilizzerebbero le vecchie procedure concorsuali, non essendo mai stato neppure abbozzato il nuovo regolamento, con quindi concorsi impostati, come nel 1999, per valutare "semplici laureati" mentre ora la partecipazione al concorso è riservata solo a docenti già abilitati e spesso con notevole esperienza.
Il terzo è quello dei costi. In una situazione di ristrettezze e di tagli, che senso avrebbe mettere in piedi una procedura così onerosa per selezionare nuovamente gli stessi aspiranti già selezionati a suo tempo ed attualmente in attesa di assunzione a tempo indeterminato?
Ci vuole ben altro che l'annuncio di un concorso per risolvere i problemi di reclutamento.
Si proceda alle stabilizzazioni attraverso un piano pluriennale di assunzioni su tutti i posti vacanti. Si spostino in organico di diritto tutti i posti attualmente relegati in organico di fatto, ma che sono ormai stabili da anni: 35.000 di sostegno e circa 10.000 per somma di spezzoni. Si introducano quote di organico funzionale per dare risposta a tutte le reali esigenze della scuola, così fortemente ridimensionata dai tagli del Governo Berlusconi.
Solo così sarà possibile cominciare a ragionare di concorsi fermo restando che occorre garantire lo "svuotamento" delle attuali graduatorie rispettando la attuale ripartizione al 50% o perfino incrementando temporaneamente quella a favore delle graduatorie.