Avvio dei corsi abilitanti da 30 e 60 CFU: i ritardi del Ministero rischiano di danneggiare i precari che da anni aspettano l’accesso all’abilitazione
Grazie a Valditara la formazione in ingresso è diventata un business per le università telematiche: costi alti, tempi compressi, prevalenza della formazione on line, scarsa qualità.
L’ultima convocazione delle organizzazioni sindacali in merito all’avvio dei corsi abilitanti e al testo del DPCM che ne regola il funzionamento risale al 28 febbraio scorso, quando, nella riunione tenuta con rappresentanti del Ministero dell’Istruzione e del Ministero e dell’Università e Ricerca ci è stato assicurato che la pubblicazione del decreto di attivazione dei percorsi fosse imminente.
Da allora sono trascorsi quasi due mesi e, ad oggi, non c’è alcuna traccia di quei decreti ministeriali che sono indispensabili affinché le Università e le Istituzioni AFAM possano far partire i corsi abilitanti da 30 CFU/CFA per i precari con tre anni di servizio e quelli da 60 (che in molti casi diventeranno da 36, grazie al di riconoscimento dei 24 CFU/CFA).
Nel frattempo, a seguito della nota 2439 del 5 febbraio 2024 sono partiti i corsi da 30 CFU/CFA online riservati ai docenti già in possesso di un’altra abilitazione o della specializzazione su sostegno.
Ricordiamo che sulla base di quanto previsto nella bozza di Ordinanza Ministeriale che regola il funzionamento delle GPS - le Graduatorie Provinciali delle Supplenze - potranno inserirsi in prima fascia per la scuola secondaria coloro che conseguiranno il titolo di abilitazione entro il 30 giugno 2024.
È chiaro quindi che i ritardi determinati dai due Ministeri coinvolti, MIM e MUR, nel pubblicare i provvedimenti che daranno l’avvio ai corsi abilitanti rischiano di penalizzare i lavoratori precari, che da anni aspettano l’abilitazione e che si vedranno scavalcati da chi quest’anno conseguirà il titolo di abilitazione con i corsi online.
Quindi la legittima aspirazione a conseguire l’abilitazione da parte di chi è precario viene compromessa dalla altrettanto legittima posizione di chi, già abilitato o specializzato nel sostegno, consegue l’ulteriore titolo abilitante: di fatto una situazione squilibrata che alimenta tensioni e malcontento.
A questo si aggiunge il costo troppo elevato dei corsi, tanto che, in un quadro caratterizzato dalla mancanza di qualsivoglia finanziamento pubblico, sono previste tasse fino a 2.500 euro per i corsi da 60 CFU/CFA e fino a 2 mila euro per quelli da 30 crediti.
Come FLC CGIL abbiamo più volte sollecitato i vertici del Ministero dell’istruzione a intervenire con finanziamenti che consentano alle Università statali e alle Istituzioni AFAM coinvolte di poter erogare i corsi con costi calmierati. Abbiamo invece constatato come non vi sia stata alcuna apertura nel merito e l’unica strada seguita sia stata quella di delegare alle Università private telematiche la parte più significativa della funzione formativa dei futuri insegnanti.
In pratica la formazione in ingresso, da elemento qualificante della professionalità docente, diventa business per gli atenei profit, che hanno come obiettivo quello di realizzare guadagni mediante l’erogazione di corsi on-line.
Non possiamo condividere questa impostazione: la formazione è un diritto dei lavoratori, dei precari e degli studenti e come FLC CGIL continueremo a farci promotori di proposte, iniziative e battaglie tese a inquadrare la formazione abilitante come diritto e strumento per qualificare la professionalità docente e la qualità della scuola.