Quali sbocchi professionali per la sperimentazione del secondo ciclo?
Equivoci sulle corrispondenze tra i titoli del previgente ordinamento e quelli sperimentali.
In questi giorni molti collegi sono impegnati a discutere sull’eventualità di aderire alla sperimentazione nazionale del secondo ciclo varata col decreto 775/2006.
Tra le questioni che questa scelta pone vi è quella relativa agli sbocchi professionali. E’ risaputo infatti che, mentre i “vecchi” istituti tecnici e professionali, nonché gli istituti d’arte, rilasciavano titoli spendibili sul mercato del lavoro (tecnico, ragioniere, ebanista, cuoco, cameriere, segretario ecc.) e nelle professioni cosiddette intermedie (geometra, perito industriale, perito agrario, agrotecnico ecc.), i diplomi dei nuovi licei (come d’altra parte quelli dei “vecchi” licei classico, scientifico e artistico) rilasceranno titoli aventi un valore solo ai fini della prosecuzione degli studi, in particolare in direzione degli studi universitari.
La questione è, in generale, spinosa perché la commissione formata da Miur e Ordini professionali non ha ancora definito i nuovi titoli necessari per accedere alle professioni, professioni intermedie comprese. Anzi è aperto un contenzioso rispetto alle competenze parlamentari in merito ad una decisione di questo tipo. In altre parole non si sa ancora quali percorsi compiuti dovranno essere praticati per arrivare a queste professioni, col rischio che qualcuno possa infilarsi in un percorso che non porta da nessuna parte.
Se questo rischio esiste a regime, cioè a partire dal 2007, quando è previsto l’avvio del “nuovo” secondo ciclo, figuriamoci sulla sperimentazione. In altre parole, volendo sperimentare, una scuola dovrebbe dire ai genitori e agli alunni: incominciamo, poi si vedrà. In altre parole: armiamoci e partite!
Una ragione in più questa per non imbarcarsi nell’impresa.
Ma i sostenitori della sperimentazione (funzionari ministeriali e degli USR compresi) non mancano di far credere un’altra cosa.
Essi dicono: tutto ciò che viene fatto in corsi che iniziano prima del 2007 mantiene lo stesso valore di prima. Secondo costoro, per fare un esempio, un istituto per ragionieri programmatori, che, sulla base del decreto sulle confluenze, è obbligato a trasformarsi in liceo economico e che quindi, sulla base del decreto sulla sperimentazione, può sperimentare solo il liceo economico, nel quale le ore di informatica sono appena due alla settimana nei primi quattro anni e quindi informatica non è neppure materia di esame, continuerebbe a dare il titolo di ragioniere programmatore.
E’ evidente che le cose non possono stare così. Non possono de facto, ma neppure de jure. E la cosa è facilmente dimostrabile.
Prima argomentazione: il decreto 775 del 31 gennaio 2006 non dice nulla in merito alla validità dei titoli eventualmente presi in via sperimentale e la norma che fa riferimento alla prosecuzione del valore dei titoli presi prima del 2007 è contenuta nel decreto sulle confluenze del 28 dicembre 2005, che non parla di sperimentazione, non poteva parlarne perché era ancora di là da venire e parla anzi di corrispondenza tra i titoli del previgente ordinamento e quelli del nuovo, ma non di quelli del nuovo con quelli del vecchio.
Seconda argomentazione: il decreto 28 dicembre 2005 non lascia dubbi in merito ai titoli di cui proroga le validità. Esso all’articolo 3 recita esattamente così:
“I titoli di studio che si conseguono in uscita dai corsi avviati prima dell’anno scolastico 2007-2008 sono quelli del previgente ordinamento, conservando il valore a tutti gli effetti previsti dalla legge.”
Essendo stata la cosa varata un mese prima del decreto sulla sperimentazione e soprattutto prima che questo imponesse una coerenza invalicabile tra sperimentazione e indirizzo di confluenza, è evidente che si parla qui dei titoli del previgente ordinamento che conservano il loro valore, non di quelli del nuovo che conservano il valore dei “vecchi”.
Terza argomentazione: tutto il decreto del 28 dicembre esprime una corrispondenza univoca dei titoli del previdente ordinamento verso quelli del nuovo, e non una corrispondenza biunivoca dei secondi verso i primi.
Ciò rende concretamente praticabile la corrispondenza tra 85 indirizzi e altrettanti titoli del “vecchio” ordinamento e 20 indirizzi (+2 settori) e altrettanti titoli del nuovo, ma non rende possibile il contrario, se non in maniera arbitraria, come nell’esempio appena fatto dei ragionieri programmatori. La qual cosa impedisce materialmente una lettura “piatta” del suddetto articolo 3, nel senso di considerare il nuovo diploma liceale con la stessa denominazione del vecchio. In altre parole con una siffatta formulazione gli alunni dello “sperimentale” corrono il rischio di non avere né il nuovo né il vecchio titolo.
Roma, 7 marzo 2006