Regolamento delle classi di concorso: trucchi e sciocchezze
Una proposta illegittima e inaccettabile. Non si può intervenire così pesantemente sull'ordinamento con un semplice decreto.
Abbiamo scherzato, così si potrebbe interpretare l'invio della nuova proposta sulle classi di concorso inviata nei giorni scorsi al CNPI per il parere.
Come se nulla fosse accaduto dal 2009 ad oggi con la sequenza di proposte, pareri e revisioni, ora si rinuncia all'emanazione del regolamento optando per un "semplice" Decreto ministeriale.
Decine di persone impegnate, commissioni insediate e destituite, confronti con le organizzazioni sindacali (a dire la verità limitati) e con associazioni più o meno rappresentative (molto più numerosi), pareri reiterati del CNPI e alla fine si cancella tutto con un colpo di spugna, buttando a mare faticose elaborazioni e mediazioni.
Ma questo sarebbe nulla, se non fosse che questa scelta al "ribasso" (dal punto di vista dei controlli) è un vero e proprio sgarbo istituzionale nei confronti del Parlamento e della Conferenza Unificata Stato Regioni e del Consiglio di Stato.
La tanto vituperata legge 133/08, resta comunque una legge dello Stato italiano e come tale va rispettata. L'articolo 64 di tale legge, quello che ha previsto il taglio di oltre 130.000 posti, prescriveva l'adozione di un regolamento per la revisione complessiva delle classi di concorso. Per adottare un regolamento (DPR), che assume valore di Legge, sono necessari numerosi pareri istituzionali che a questo punto si vorrebbero saltare con il "trucco" che comunque è potestà del Ministro intervenire con propri Decreti sulle classi di concorso.
È sicuramente vero, ma per modifiche, integrazioni e revisioni, non certo per un riordino complessivo legato ai nuovi ordinamenti che non a caso sono stati adottati con regolamenti. In più, con una delega ancora aperta, questa scelta risulta quantomeno discutibile, se non illegittima.
Ancor di più la scelta di questo strumento "non regolamentare", già condannato più volte dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti (vedi ad esempio il regolamento sulla formazione iniziale), impedisce qualsiasi intervento sulla riconversione del personale in esubero e su tutte le questioni connesse al riordino delle classi di concorso.
Malgrado ciò nella bozza inviata al CNPI, si tenta perfino di intervenire sulle graduatorie ad esaurimento e sulle graduatorie d'istituto di III fascia (entrambe normate da un regolamento), sulla costituzione degli organici (normata da un regolamento e da Decreti interministeriali), sui requisiti per l'accesso ai concorsi (normata da una legge e da un decreto interministeriale), sul sostegno e su altre materie che nulla hanno a che vedere con quanto prescrive l'art. 405 del Dlgs 297/94: "Il Ministro della pubblica istruzione, provvede, con proprio decreto, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, alla revisione periodica della tipologia delle classi di concorso [omissis]".
Revisione periodica, non vuol certo dire totale stravolgimento.
Ad accentuare lo sgarbo istituzionale, non possiamo che rilevare che il testo proposto non è altro (con qualche lieve modifica) che quello che ci era stato illustrato lo scorso maggio e che avrebbe dovuto essere l'oggetto del regolamento.
Già su quella proposta avevamo avuto modo, non da soli, di contestare il metodo e il merito (vedi correlati).
Ora si cerca di spacciare questo Decreto come capace di "ottimizzare la gestione delle risorse umane", razionalizzare le procedure di abilitazione e di concorso", "realizzare risparmi", "maggiore flessibilità nell'impiego dei docenti" ecc. Tutte cose esplicitamente previste nell'art. 64 della Legge 133/08 e non certo nell'art. 405 del Dlgs 297/94.
Faremo di tutto per bloccare questa operazione e per ottenere una revisione della classi di concorso che tenga davvero conto dell'esistente e non determini ulteriori situazioni di soprannumero e rimescolamenti delle graduatorie.
In una situazione così convulsa ed a fine legislatura, è davvero incomprensibile (o forse lo è troppo), questa foga normativa, che non fa certo bene alla scuola e ai docenti.