Riforma delle istituzioni italiane all'estero e la CGIL Scuola
In assenza di un riordino legislativo e di chiare coordinate politico-parlamentari, i problemi strutturali delle istituzioni scolastiche e culturali all’estero diventano sempre più acuti
In assenza di un riordino legislativo e di chiare coordinate politico-parlamentari, i problemi strutturali delle istituzioni scolastiche e culturali all’estero diventano sempre più acuti.
Emerge con evidenza la mancanza di una impostazione progettuale che, partendo da una valutazione approfondita e selettiva degli attuali interventi, individui le aree e i settori strategici, definisca aggiornate iniziative da attuare e forme di raccordo a livello centrale e periferico.
L’attuale politica del MAE è caratterizzata da scelte troppo estemporanee e, comunque, non supportate da un’analisi seria e condivisa dei bisogni e delle zone di potenzialita’ della nostra presenza all’estero.
Le misure sui finanziamenti e quelle di rigore sugli organici sembrano, troppo spesso, rispondere a logiche particolari e ad interessi di singoli settori dell’amministrazione.
Inoltre il ruolo di enti ed associazioni che svolgono un "compito" di rappresentanza e che gestiscono quote consistenti di attivita’ scolastiche si sta rafforzando.
Il sostegno finanziario, discrezionale e senza regole a questi soggetti, accentua il carattere assistenzialistico degli interventi all’estero e introduce gravi elementi di conflitto e di confusione.
Bassissimi sembrano essere poi i livelli degli esiti formativi raggiunti dai "privati" ai quali vengono delegati gli interventi stessi.
E’ evidente l’urgenza di un processo riformatore coerente ed organico che disegni principi ed articolazioni delle istituzioni scolastiche e culturali, ridislochi le competenze, affidandole principalmente al MPI, e delinei i necessari spazi di flessibilità e di autonomia.
La convinzione che Enti , Associazioni o privati possano gestire la diffusione della lingua e della cultura del nostro Paese, operando al di fuori di parametri e regole, fino a sovvertire la centralità dell’intervento statale, è veramente preoccupante.
Anche all’estero, cosi come in territorio nazionale, lo Stato, deve essere il soggetto che detta le regole pubbliche ( trasparenza, valutabilità, partecipazione, garanzia di non discriminazione , regole contrattuali per il personale ecc.), cui debbono attenersi tutti i soggetti che intendono collocarsi dentro il sistema di istruzione- formazione.
Oltre ad incrementare i gia’ cospicui contributi elargiti ai "privati", con il compito di sopperire al minor impegno dello Stato, per via dell’applicazione della politica del taglio dei posti dei corsi e delle scuole, il MAE attua da alcuni anni a questa parte un potenziamento dei lettorati, cosa di per se’ molto utile e opportuna , ai quali affida pero’ il compito di sopperire alla troppo lunga disattenzione manifestata in materia di diffusione della cultura italiana nel mondo.
La politica di chiusura e di depotenziamento degli Istituti di cultura ha rappresentato la evidente prova di tale disattenzione .
Spostare sempre più consistenti risorse dai corsi e dalle scuole alle Universita’ straniere e, in parte, agli Istituti di Cultura deriva da una giusta considerazione del ruolo strategico degli interventi culturali e della necessita’ di rafforzare la nostra presenza presso le universita' straniere, ma evidenzia una analisi quanto meno affrettata e superficiale sugli interventi nelle aree di emigrazione e di presenza di interesse, ridotti, nei fatti, a settore residuale.
La rilevanza quantitativa dei corsi e delle scuole nei paesi con presenza di italiani o di "interessati" e il carattere di promozione rivestito inducono a d una attenta riflessione.
La "corsualità " va ancora considerata come segmento importante dell’impegno del nostro Paese e incentiva investimenti di risorse qualificate.
Il sistema dei finanziamenti e l’impiego degli organici devono essere funzionali ad un sistema scolastico culturale equilibrato e flessibile che operi nell’ottica di potenziare e qualificare la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
In detto sistema devono rientrare con pari dignita’ sia le scuole e i corsi che gli interventi universitari e, più in generale, le attività degli II.CC..
CORSI
L’evoluzione naturale assunta dai corsi a sostegno del processo di integrazione impone comunque un ripensamento del settore.
Va ricercato, tramite accordi specifici, un riconoscimento da parte del paese ospitante di definiti spazi per la cultura e la lingua d’origine in modo da superare le attuali marginalita’ dei processi formativi e culturali dell’utente all’estero.
I contenuti della legge 153/71 risultano ormai inadeguati a raggiungere l’obiettivo di far apprendere e conservare la lingua italiana nonche’ di diffondere, almeno ad alcuni livelli, la conoscenza del patrimonio culturale del paese Italia e di favorire l’integrazione scolastica o la socializzazione scolastica e professionale.
I nuovi strumenti normativi dovranno tener conto, più in generale, oltre che delle esigenze dell’integrazione, dei problemi legati all’accesso ai livelli superiori di studio degli emigrati e dei loro figli sia in caso di residenza definitiva che in caso di previsto rientro in Italia.
Vanno poi costruite giuste risposte alle esigenze di quanti, residenti nel paese di accoglienza sono comunque interessati alla conoscenza della lingua e della cultura italiane.
In questo senso si potrebbe puntare sulla possibilità di un carattere autonomo -sperimentale che i corsi, oltre che le scuole, dovrebbero avere, basandosi su una autonomia didattica e organizzativa, in maniera da individuare alcune situazioni in cui elaborare e realizzare percorsi sperimentali in grado di fornire indicazioni per riconvertire l’intervento nel suo complesso e che permettano di affrontare temi quali il sostegno, il recupero, l’accoglienza, il disagio e l’handicap. Temi che non sempre sono regolamentati in modo adeguato dalla legislazione dei paesi ospitanti.
La flessibilità richiesta alla normativa trova giustificazione nella diversità delle aree di intervento (Europa, bacino del Mediterraneo, resto del Mondo) .
Va aggiunto poi il problema della ulteriore diversità rappresentata dai paesi in via di sviluppo dove la proposta scolastica, formativa e culturale va collocata all’interno dell’intervento di cooperazione al fine di far parte di un progetto che coordini tutte le attività (sanitaria, tecnica, scolastica etc.).
Senza disconoscere le difficoltà organizzative e strutturali dei corsi , si ritiene che l’insegnamento della lingua e della cultura italiane vada sostenuto come fondamentale risorsa nel quadro di una politica moderna ed efficace di promozione del nostro patrimonio culturale e linguistico.
Occorre con urgenza "riprogettare" questo intervento, selezionando le esperienze positive maturate negli ultimi anni e collocando i corsi in una dimensione nuova costruendo veri e propri curricula di italiano da inserire nelle scuole dei paesi ospitanti e da offrire anche all’utenza locale.
Alcuni modelli di questa natura già si stanno sperimentando in Francia, in Svizzera e in Germania.
In alcune località del Baden Wuerttemberg, proprio a partire dall’esperienza di corsi di italiano ben inseriti e riconosciuti, sono in funzione delle sezioni bilingue frequentate anche da numerosi alunni tedeschi.
Il limite di queste esperienze deriva dal fatto che esse nascono più per buona volontà di dirigenti ed insegnanti che per effetto di convinzioni diffuse e di accordi di sicuro riferimento .
Va costruita una rete di accordi bilaterali, da rispettare, non solo a livello governativo ma anche a livello di governi regionali e locali e va ridefinito sul piano dei contenuti e delle metodologie il nostro modello didattico per adattarlo alle diverse situazioni.
Ostacola non poco questo disegno l’interesse degli enti gestori i quali , nei fatti, hanno tutto da guadagnare dall’attuale impostazione dei corsi.
Una trattativa credibile con i paesi stranieri richiede, però, chiarezza di riferimenti politici, amministrativi e gestionali e una relazione diretta tra il sistema scolastico pubblico italiano e i sistemi scolastici pubblici dei paesi ospitanti.
Va, inoltre, effettuata una coraggiosa e seria riflessione sulla applicazione della legge 296/98 ("Disposizioni concernenti gli organismi internazionali e gli istituti italiani di cultura all’estero") che, se ben effettuata tramite accordi specifici, permetterebbe di ampliare la platea di riferimento.
Si potrebbero creare nuovi spazi di intervento restando nell’ambito di quell’equilibrio di cui in premessa, anche al fine di impegnare in modo nuovo il personale del contingente e quello incluso nelle graduatorie permanenti " valide" per l’invio.
Detta legge prevede, infatti, che il personale docente delle scuole secondarie di cui al contingente possa essere assegnato anche alle istituzioni culturali all’estero per l’insegnamento nei corsi di lingua italiana con il trattamento previsto per il personale docente in servizio presso le istituzioni scolastiche italiane all’estero.
Prevede, inoltre ,che alle istituzioni culturali italiane all’estero possa essere destinato anche il personale inserito nelle graduatorie permanenti "valide".
Diverso discorso può essere fatto invece per i corsi che, a differenza di quelli integrati, inseriti o aperti agli studenti locali (L2), sono destinati a studenti di lontane origini italiane per i quali la conoscenza della lingua si pone soprattutto in termini di curiosità intellettuale e culturale.
Solo per questi potrebbe al limite essere comprensibile una gestione da parte di soggetti privati che si muovano all’interno di regole prefissate.
Tra l’altro è interessante notare come altri paesi di emigrazione valorizzino al meglio con iniziative statali l’insegnamento della loro lingua e cultura tra le loro comunità emigrate.
E’ il caso della Spagna, del Portogallo, della Grecia, della Turchia.
Si avverte comunque molto forte l’esigenza di una attenta ed approfondita ricognizione delle attività corsuali per disegnare una vera e propria mappa con riferimento agli aspetti organizzativi e gestionali, alle condizioni culturali e linguistiche dei diversi paesi e ai livelli di inserimento di essi nelle scuole locali.
L’idea avanzata dal CGIE di una impostazione dell’intervento scolastico e culturale secondo i cosiddetti "piani-paese" sembra interessante anche perchè coincide con quella flessibilità di cui si è detto
SCUOLE
La formula biculturale, sia nelle scuole italiane che in quelle straniere rappresenta senza dubbio un importante strumento di politica culturale e di mantenimento d’identità.
Si tratta però di affiancare a detta formula una seria politica di potenziamento degli spazi e dei riconoscimenti presso i sistemi scolastici stranieri, soprattutto se europei, per la nostra lingua e per la nostra cultura.
L’ "italiano" è infatti quasi mai assunto come "seconda lingua".
Gli accordi tra paesi dovrebbero , oltre ai fatti economici, riguardare giusti spazi per la diffusione presso la scuola locale dell’insegnamento della nostra lingua con dignità pari
L’obiettivo da perseguire è il potenziamento dei modelli bilingui e biculturali.
In aggiunta a quanto già detto, si ritiene, inoltre, che il settore delle scuole, soprattutto della fascia dell’obbligo, richieda interventi innovativi rilevanti , oltre che l’applicazione di numerosi provvedimenti che attualmente riguardano la scuola.
Leggi quali la n.59 / 97 sull’autonomia delle unità scolastiche, la 148 / 90 sulla riforma della scuola elementare, la n.9/99 sull’elevamento dell’obbligo non hanno trovata esplicita applicazione neppure con adattament i opportuni.
Probabilmente anche il modello del bilinguismo pieno, difficile tecnicamente da attuare (spesso i risultati portano piuttosto ad un doppio semilinguismo), dovra’ anche essere affiancato da "costruzione" di competenze in "loco".
Con le differenze necessarie, nei paesi extraeuropei vanno valorizzati gli "Istituti scolastici" anche per l’assenza di strutture scolastiche locali adeguate ( Etiopia, Eritrea, Paesi dell’est asiatico, Paesi dell’ America latina dove l’immagine della cultura italiana e’ affidata quasi in esclusiva a Scuole private).
Anche per la popolazione d’oltre oceano va attuato un intervento integrato che preveda l’insegnamento della nostra lingua a fianco della lingua locale.
La formazione a distanza potrebbe rappresentare una soluzione transitoria per alcune situazioni di paesi non raggiungibili dai normali interventi.
Le istituzioni scolastiche all’estero, soprattutto se statali, rappresentano comunque attualmente uno strumento importante di diffusione della lingua e della cultura italiane . La loro validità è rappresentata dalla permanenza stabile come punto di riferimento nel Pese ospitante e da carattere formativo permanente sull’utenza che dovrebbe produrre "ritorni" sociali, politici ed economici.
SCUOLE EUROPEE
Gli interventi attuali sono da ricondurre ad una strategia comunitaria specifica che , come già detto, crei per la nostra lingua opportunità congrue di diffusione.
L’insegnamento delle diverse lingue europee va indirizzato, con pari dignita’, sia ad una utenza autoctona che ad una utenza di altra lingua e cultura presente nel territorio secondo un disegno comunitario allargato.
Attualmente la scuola europea ha un forte indirizzo scientifico e linguistico, Viene raggiunta una formazione in due lingue con la conoscenza più superficiale di una terza lingua .
La lingua italiana, risulta penalizzata nel sistema perchè per statuto non può essere insegnata come seconda lingua se non in casi eccezionali.
Sono infatti soltanto tre le cosiddette lingue veicolari dell’Unione: inglese, francese, tedesco e soltanto queste possono essere insegnate come seconda lingua. La conseguenza evidente è che si potrebbe verificare la perdita della scolarizzazione in lingua italiana per quegli alunni di famiglia mista i quali, se non studiano italiano come prima lingua, possono studiarla solamente come lingua terza e possono " portarla" poi al baccalaureato solamente se avranno optato per un indirizzo almeno parzialmente linguistico.
Il nostro Paese, considerato anche il contributo di proprio personale docente, (117 unità) dovrebbe concordare" spazi nuovi per la nostra lingua, fermo restando l’obiettivo più generale di creare spazi opportuni all’interno dei sistemi scolastici stranieri specie se europei.
LETTORATI E ISTITUTI DI CULTURA
Non si registra, ad oggi, per i lettorati un progetto che rapporti concretamente la figura professionale del lettore alla promozione e alla diffusione della lingua e della cultura italiane nel mondo.
I lettori svolgono la loro attività in uno sfondo di provvisorietà e incertezza senza riconoscimento delle competenze accertate o di quelle conseguite all’estero.
L’aver introdotto nel contratto il principio della necessità di una revisione del profilo del lettore, salvaguardando l’impegno relativo alla funzione docente, segna l’avvio di una interessante nuova discussione che si completerà in fase di contrattazione integrativa.
Al lettore, oltre all’impegno cui è destinato, va riconosciuto un ruolo di consulenza nella predisposizione di progetti per la diffusione della lingue e della cultura del nostro Paese nonchè di partecipazione alla realizzazione dei medesimi.
Va altresì riconosciuto un ruolo di promozione di incontri con gli attuali e futuri studenti di italiano delle Università del Paese ospitante.
Dopo il ridimensionamento della rete degli Istituti di Cultura all’estero, il Ministero degli AA. EE. ha di recente manifestato la volontà di qualificare e potenziare l’intervento all’estero svolto dalle Istituzioni Culturali usufruendo dell’apporto del personale della scuola e dell’affidamento di incarichi extra-accademici.
Ci auguriamo che la volontà relativa al potenziamento degli impegni extra – accademici, che fino ad ora ha comportato una riduzione dell’impegno statale nei confronti delle scuole e dei corsi, si traduca in un programma chiaro.
L’azione di un Istituto di cultura non può limitarsi alla "visibilità" , ma dovrebbe derivare da un approfondimento di quanto, del paese ospitante, può essere, nel corso della storia ,oggetto di interesse comune con l’Italia, di quanto può essere oggetto di reciproco arricchimento culturale favorendo, pur nel quadro della diffusione del nostro "patrimonio", la logica dell’inserimento e dell’integrazione delle culture dei due paesi.
Gli Istituti di Cultura dovrebbero beneficiare di una autonomia di funzionamento, di programmazione, di gestione finanziaria.
L’idea è quella di porre i nostri II. CC. sullo stesso piano del Goethe - Institute , del British Council, del Cervantes, della Alliance Francaise.
Vanno condannate poi soluzioni improvvisate per quanto riguarda l’individuazione personale.
PERSONALE
Il punto di partenza per una seria politica non può innanzitutto essere rappresentato che dal rispetto delle 1400 unità fissate dalla legge 243/93, in quanto costituiscono una risorsa al momento irrinunciabile per far fronte alle diverse domande di ordine scolastico e culturale.
Si tratta di utilizzare in pieno e al meglio questo organico e di garantire, come del resto il sindacato è impegnato a fare, meccanismi di selezione e di qualificazione che facciano degli insegnanti, dei dirigenti e del personale tutto da inviare all’estero, un sempre più qualificato nucleo di operatori.
La professionalità di detto personale deve, però, potersi esprimere in un contesto favorevole che va costruito.
In questo senso la direttiva CEE 486 del 1977 deve continuare a costituire un punto di riferimento irrinunciabile e va quindi rivendicata la sua applicazione su larga scala, estendendone lo spirito anche ai paesi extraeuropei.
Ciò comporta la negoziazione o la rinegoziazione con tutti i soggetti interessati di accordi bilaterali in cui si definiscano spazi per l’insegnamento della lingua e della cultura italiane anche all’interno del sistema scolastico e culturale locale.
Tali trattative andrebbero bilanciate con l’offerta da parte italiana di una apertura delle nostre scuole e iniziative all’utenza locale.
Purtroppo il ritardo accumulato dopo il 1993 nelle relazioni con le autorita’ scolastiche dei diversi paesi è divenuto notevole e in diverse realtà gli interventi sono scaduti sul piano organizzativo al punto tale da rendere difficile ogni credibile trattativa.
Vanno perciò sollecitati strumenti che permettano di verificare, in ogni paese, i margini per intavolare un concreto dialogo sull’impegno del nostro personale e sull’insegnamento dell’italiano nelle scuole locali con la dignità che gli compete.
In tal campo va rivendicata una assunzione di responsabilità da parte dei paesi ospitanti.
Come già detto, per effetto dei tagli all’organico, sia nel corsi che nelle scuole, si è proceduto negli ultimi anni ad una riduzione dei docenti di ruolo e all’assunzione di docenti sul posto da parte di Privati o Enti gestori.
Tale operazione oltre a creare conflitti e contenziosi sul piano sindacale, ha determinato
la presenza di figure con un trattamento economico ,ma soprattutto contrattuale ,sperequato pur essendo chiamate a svolgere le stesse funzioni. Tale situazione va superata con lo scopo non solo di garantire un maggior equilibrio specie sul piano contrattuale, ma anche di favorire una convivenza feconda e razionale delle diverse tipologie di personale.
Si ripropongono quindi, articolati su due versanti, quello contrattuale e quello della riforma, gli obiettivi da raggiungere:
Impiego flessibile dei docenti di ruolo che oltre a svolgere la loro funzione di insegnanti potrebbero essere chiamati ad assumere funzioni di coordinamento e di riferimento ( alcuni istituti introdotti dal contratto agevolerebbero forme di impiego più flessibile del personale "di ruolo" della scuola all’estero );
Assunzione in loco non più da parte degli enti gestori, ma da parte degli Uffici scuola dei Consolati (trasformati in Uffici Scolastici italiani per l’estero), sulla base di regole chiare e trasparenti .
In ogni caso va immediatamente applicata all’estero la legge sulla parità scolastica a tutela della qualità dell’intervento dei privati e per il rispetto dell’applicazione dei contratti per il personale assunto in loco.
Va anche ricercata omogenizzazione di calcolo tra i trattamenti del personale della scuola e quelli del restante personale statale operante all’estero.
Strumenti e competenze
La complessità e l’articolazione dei bisogni culturali e formativi all’estero comportano l’esigenza di articolare e finalizzare le risposte in relazione alle specifiche situazioni.
Sono pertanto necessari notevoli spazi di autonomia organizzativa, didattica e progettuale nonché la disponibilità piena di mezzi moderni di trasmissione e di comunicazione.
Diverrebbe riduttivo un intervento che tentasse di dare risposte solamente a quei bisogni delle nostre collettività che non sono rapportabili a precise categorie o che si rivolga esclusivamente alla via del "sostegno al rientro"
E’ piuttosto in termini di offerta formativa che il nostro paese deve trovare spazio all’interno del quadro di scambio culturale e linguistico in cui si collocano i grandi paese del mondo.
Va costruito, anche tramite la individuazione di appositi organismi, un progetto organico e complessivo di promozione del nostro patrimonio linguistico e culturale.
Va individuato un comune denominatore delle azioni del Ministero della P.I., che deve diventare, a nostro giudizio, titolare della partita, della DGPCC, della DGIEPM, della Cooperazione, degli IICC etc al fine di razionalizzare l’uso delle risorse e qualificare gli interventi .
Lo scambio e l’arricchimento reciproco tra paesi, attuato con la definizione di strumenti duttili e di progetti aperti, deve garantire la promozione anche al di fuori delle nostre collettività avendo come riferimento un riconosciuto quadro di intese con i paesi ospitanti.
L’istituto della legge organica che preveda ogni situazione ordinamentale, che affronti ogni problema gestionale o che riguardi il personale è, anche per motivi di applicazione di recenti istituti normativi che si rapportano sempre più alla contrattazione, ormai superato.
Va, in questo senso individuata una legge-quadro che stabilisca gli ambiti delle finalita’ , degli impegni, delle verifiche sulla materia in questione e che salvaguardi notevoli spazi di autonomia e di flessibilita’ nella organizzazione e nella gestione dei fatti scolastici e culturali non escludendo le necessarie connessioni con analoghe soluzioni proposte per il sistema scolastico italiano .
Vanno perseguite la logica dell’autonomia dell’unità scolastica e quella dell’articolazione degli interventi nonchè la possibilità di affidare, in convenzione con lo Stato, determinate attività ad Enti , Fondazioni o Società .
Va puntualizzato che, per questioni di interazione con le strutture pubbliche dei paesi ospitanti e a garanzia di standard accettabili, la realizzazione dei modelli scolastico- culturali su disposizioni comunitarie o in applicazione di accordi internazionali su specifici settori, va affidato allo Stato il quale deve intervenire direttamente.
Il Governo e le forze parlamentari dovrebbero accogliere l’invito, dovrebbero tralasciare ogni sollecitazione a costruire interventi parziali e dovrebbero rifuggire da iniziative destabilizzanti che, intervenendo su materie riservate alla contrattazione, non fanno che aumentare il disagio e la confusione tra il personale. Dovrebbero , in tempi brevi, farsi carico della promozione ed approvazione di progetti di riforma .
Va evidenziato che i nostri stessi connazionali, nelle loro diverse forme associative, ritengono necessaria l’emanazione di una normativa aggiornata.
Anche con soggetti come FILEF, CGIE etc. si continueranno ad avere rapporti e scambi per il raggiungimento delle convergenze spesso verificate.
Per quanto riguarda le competenze , si tratta di affrontare, nelle sedi , comprese ovviamente quelle pattizie, temi quali quello della certezza giuridica del personale, della utilizzazione ottimale delle esperienze professionali effettuate all’estero, della piena applicazione dell’autonomia e, nell’attesa della estensione all’estero, di organismi di gestione collegiale specifici, dell’individuazione delle forme di gestione sociale delle iniziative all’estero e delle scuole per le quali scuole è ancora in funzione l’anacronistica "cassa scolastica", della radicale riconsiderazione della politica scolastica nelle aree di emigrazione, con interventi differenziati a seconda del paese ospitante e della relativa collocazione nell’area geografica sia essa europea, dell’area del mediterraneo o appartenente al resto del mondo.
In ambito europeo, ad esempio, l’Unione ha il compito specifico di promuovere e favorire il concetto della dimensione europea dell’educazione e di permettere la libera mobilità degli insegnanti e degli studenti .
Gli strumenti sono rappresentati da programmi specifici di mobilità, da riconoscimenti dei titoli degli insegnanti e degli studenti, da programmi di cooperazione che permettano, tra l’altro, a studenti e docenti di effettuare parte dei loro studi in altro paese europeo anche tramite la istituzione di una rete universitaria che raggruppi programmi interuniversitari.
Gli interventi in merito , nello specifico europeo e più in generale in relazione ai paesi extraeuropei, non possono essere gestiti che all’interno di specifiche competenze tecniche e professionali, vista l’importanza del miglioramento della qualità dell’educazione cui lo stesso trattato di Maastricht fa riferimento.
E’ poi necessaria l’individuazione di competenze trasversali al Ministero della P.I., al Ministero degli AA EE, solo per i fatti extraeuropei, e al Ministero del Lavoro al fine di istituire trasformare e eventualmente razionalizzare le scuole e le iniziative.
Sarebbe anche opportuno la creazione di uno specifico Istituto Nazionale che svolga un ruolo di promozione, di raccolta dati, di diffusione delle esperienze effettuate: che sia insomma punto di riferimento per una politica nazionale di diffusione e conoscenza delle nostre lingua e cultura, insomma una sorta di IRSSAE per l’estero.
Anche gli attuali Uffici scuola, in seguito con veste di Uffici scolastici italiani per l’estero, potrebbero assumere un ruolo locale di promozione, di coordinamento e di valorizzazione delle varie iniziative locali.
In via sperimentale, detti Uffici scuola potrebbero, già ora, realisticamente provvedere all’assunzione del personale dei corsi attualmente gestiti dagli Enti o dalle scuole private sulla base di regole chiare e trasparenti e con rigorosi meccanismi di selezione.
In presenza di una regolamentazione dei criteri di assunzione e di gestione del personale da parte dei suddetti uffici potranno essere avviati discorso nuovi sia sul piano delle formazione e dell’aggiornamento sia sul piano di una diversa ma non alternativa scelta di impegno del personale.
Il ruolo del personale del contingente potrebbe, in questi casi, come detto, divenire di coordinamento e di riferimento sul piano didattico ed organizzativo rispetto al personale assunto in "loco" per permettere comunque una valorizzazione complessiva dell’intervento specie in situazioni come quella dell’america latina dove preponderante e spesso esclusiva è la presenza della scuola o delle iniziative private.
Devono di conseguenza essere ridefiniti o puntualizzati i compiti e le funzioni di alcune figure e va considerata l’opportunità di individuarne altre funzionali alla ottimizzazione degli interventi.
In questo quadro va affrontato il problema della permanenza all’estero che non può essere "liquidato" con una ridefinizione temporale o con veti slegati da qualsiasi contesto, in assenza di riforma e di applicazione di normative di riforme, come invece prevede la recente legge 147.
Va anche affrontato il tema dell’impegno qualificato delle esperienze maturate all’estero.
Il processo di contrattualizzazione del rapporto di lavoro, già avviato con "l’accordo successivo" dell’11/12/96 , va sostenuto e completato con il prossimo accordo e va ulteriormente condannato il comportamento del MAE il quale ha predisposto e sostenuto interventi legislativi su fatti di pertinenza pattizia su alcuni dei quali, in sede A.RA.N. erano stati già sottoscritti accordi ed intese.
Le OO SS scuola e la Categoria hanno su questo argomento espresso fortissimo dissenso ricorrendo anche allo sciopero.
Analogo fortissimo dissenso è stato espresso sulla volontà politica di proseguire nel disegno di privatizzazione e sulla "assenza di entusiasmo" nel dare applicazione agli istituti contrattuali .
Restano confermate le seguenti scelte:
-la destinazione e l’impegno all’estero del personale della scuola sono regolamentati dagli istituti contrattuali previsti dall’ "accordo successivo" del’11-12-96 e dalla sequenza contrattuale del 24-22-2000;
-Il contenuto dei commi 1 e 2 della legge 147/2000 va raccordato con le attuali disposizioni contrattuali in occasione delle loro normali scadenze considerata le proroghe previste;
-la materia potrà nuovamente essere "rivista" utilizzando le sedi di confronto e di contrattazione previste.
Bisogna, comunque immediatamente ridefinire i rapporti tra il ministero della P.I. e il Ministero degli AA EE per ridislocare le competenze al fine di superare ignoranze o interpretazioni soggettive di norme e al fine di risolvere il problema della residualità delle attenzioni per la "scuola" all’interno delle scelte del MAE e delle rappresentanze diplomatiche locali.
Possono essere attribuiti al Ministero della P.I. competenze quali i criteri finalizzati all’accertamento della conoscenza della lingua da parte del personale aspirante all’invio, la definizione dei programmi di insegnamento, le verifiche, la definizione dei "curricula" per la formazione multiculturale, l’aggiornamento, e la formazione del personale, l’avvio dei progetti di ricerca e di innovazione creando anche un rapporto sinergico tra Universita’ italiane e straniere, l’applicazione dell’autonomia e dei cicli, l’impegno a costruire il centro di promozione, di raccolta e di diffusione dei risultati delle esperienze all’estero.
Anche in relazione alle distanze, fatti di ordine amministrativo e iniziative nel campo dell’emigrazione nei paesi extraeuropei potrebbero, come già detto, avvalersi oltre che del contributo del Ministero della P.I. e del MAE , anche del contributo del Ministero del Lavoro.
All’interno della logica dell’autonomia e dell’articolazione degli interventi, l’ipotesi di affidare, in convenzione con lo Stato, determinate attività ad Enti, Fondazioni o Società diventa più percorribile.
Si ritiene, infine, indispensabile per la realizzazione delle proposte avanzate e di quelle che seguiranno, costruire un ambiente politicamente e culturalmente favorevole attraverso la ricerca del consenso e delle alleanze necessarie.
In tal senso le OO SS confederali della Scuola continueranno a promuovere dialogo e confronto con le forze politiche e sociali nel nostro paese e all’estero per ricercare convergenze, per sottolineare l’importanza strategica dell’intervento scolastico formativo e culturale dello Stato italiano nel mondo, per promuovere la definizione di un valido progetto di riforma.
Da dieci anni a questa parte infatti, sulla materia, si registra un preoccupante, chiaro e progressivo calo di interesse da parte dei vari Governi e delle forze politiche come dimostrato dall’esame delle iniziative parlamentari dal 1992 ad oggi.
Risale infatti proprio a quell’anno il ddl 1731, ultima proposta di riforma sufficientemente valida nata anche a seguito delle indicazioni avanzate allora dalle OO.SS., che non fù approvata per la chiusura anticipata della legislatura.
L’impegno per il prossimo futuro è quello di individuare le sedi opportune in cui le scelte proposte nel Convegno del 25-2-2000 di cui si è già detto, integrate con le indicazioni del dibattito, possano costituire oggetto di formale proposta di legge.
Si ritiene necessario coinvolgere ulteriormente forze politiche e "Istituti" quali FILEF,CGIE etc.
ROMA 18 – 6 - 2000