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Ripresentato dal MIUR (con commento) il monitoraggio delle sezioni primavera

Molti gli elementi di criticità rilevati.

04/05/2012
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Recentemente il MIUR ha presentato gli esiti del monitoraggio delle sezioni primavera. I dati, già pubblicati da alcuni mesi, sono stati ora rimessi a punto, integrati e commentati.

Già questa è una notizia. E una notizia positiva poiché le sezioni primavera sono una realtà di recente istituzione, sperimentale ed  anche controversa. Importante perciò, oltre che doveroso, che l'amministrazione fornisca dei dati sui quali fondare analisi, dibattito e proposta. 

Una discussione è senz'altro necessaria poiché il quadro che emerge dal monitoraggio presenta criticità rilevanti e, a onor del vero, in buona parte evidenziate anche nel commento del MIUR. Esse richiedono interventi urgenti e risolutivi poiché  i tratta di garantire ai bimbi tra i due e i tre anni che ne hanno bisogno un servizio educativo di qualità, progettato e realizzato per rispondere alle loro esigenze.

Dovrebbe  essere  scontato, ovvio, garantito, appunto. In molti casi, sempre troppi anche fosse uno solo!, non è proprio così. Basti ricordare il fenomeno  degli anticipi, ovvero dell'inserimento di bambini/e che ancora non hanno compiuto l'età canonica nelle scuola dell'infanzia (e, peraltro, anche nella prima classe della primaria).

Si determina così quel paradosso educativo per cui, in momenti  della loro crescita particolarmente delicati, vi sono bambini/e che invece di essere inseriti ed accolti in ambienti di apprendimento pensati e organizzati sulla base delle loro esigenze e caratteristiche di sviluppo, si trovano a doversi adattare, loro!,  a contesti educativi  pensati per bambini di un'età superiore.

Ricordiamo innanzitutto che fu il comma 630 della legge finanziaria 296 del 2006 a prevedere l’istituzione delle sezioni primavera per bambini dai 24 ai 36 mesi, con la finalità di porre fine al fenomeno degli anticipi nella scuola dell’infanzia.

Invece, nell'a.s 2010-2011, risultano iscritti  ben 1.667 bambini, che hanno meno di 24 mesi: il 7.2%! Se si tiene conto che la media per sezione è di 15,9 bambini, significa che ci sono bambini con meno di due anni che stanno in sezioni di 16 bambini…!

Sicché le sezioni primavera, nate come antidoto al dilagare incontrollato degli anticipi nella scuola dell'infanzia stanno invece producendo ingressi anticipati … nelle sezioni primavera stesse!

Ma quello relativo agli anticipi non è che uno degli elementi di preoccupazione che emergono dal monitoraggio. Vogliamo qui sottolinearne alcuni: 

  • oltre un quarto delle sezioni monitorate hanno superato il rapporto numerico tra personale educativo/docente e bambini 1:10. Tale rapporto rappresenta uno dei criteri definiti dal Decreto n. 37 del 10 aprile 2008 a cui le sezioni primavera avrebbero dovuto corrispondere.  Evidentemente tali criteri sono stati  invece abbondantemente disattesi. A ciò si aggiunge un elemento grave: nella Intesa con validità triennale, siglata  in Conferenza Unificata Stato Regioni, nell'ottobre 2010, non compare alcun riferimento esplicito alla Direttiva 37 e quindi le Intese regionali sono "libere" di applicarla  o meno
  • la gestione di circa il 17% delle sezioni è affidata  a "servizi esterni"
  • un operatore su quattro non ha un titolo specifico
  • rapporti  di lavoro: Il 74,46% del personale docente/educativo ha un rapporto di lavoro diretto con il gestore del servizio. Il 9.6% presta invece la sua opera come volontario (sic.!). Infine il 15,9% del personale è in forza ai soggetti esterni ai quali è “affidato il servizio”. Occorre però precisare che per quanto attiene i contratti e le tipologie contrattuali utilizzate ci troviamo di fronte a situazioni alquanto disomogenee costellate da contraddizioni e da criticità.
  • Particolare attenzione va riservata anche alle modalità di assunzione: il 58,6% delle quali avvengono per chiamata diretta, il 15,1% attraverso graduatoria per titoli, il 4,4% da graduatoria supplenze, il 2,2% come prestazione aggiuntiva e ben il 19,7% tramite un non meglio precisato “altro”. Sono dati inquietanti se si considera che spesso si cominciano ad inserire pratiche “indigeste” in contesti marginali, settoriali, particolari perché prendano poi piede nel sistema. Desumiamo che dietro il vago termine di “altro” ci possano essere forme di intermediazione di mano d’opera, lavoro somministrato, attivazione di partite iva, compartecipazione agli utili ovvero questa smisurata galassia determinata dalle innumerevoli tipologie di lavoro dovute agli effetti della legge 30. 
  • E’ verosimile, a fronte dei tagli, un imminente innalzamento delle quote a carico delle famiglie, quindi delle rette. Tuttavia, dai dati del monitoraggio emerge che la media delle rette pagate dalle famiglie è notevolmente inferiore alle rette dei nidi. E sappiamo quanto questo oggi conti per i bilanci famigliari!
  • E’ da segnalare la presenza del lavoro autonomo nelle sue due varianti coordinata e continuativa presenti nella misura del 4,8% e le coordinate continuative a progetto pari al 10,8%.
  • Desta perplessità il dato del 9,6% di volontari non meglio identificati. A tal proposito va ricordato che il volontariato è normato da leggi ben precise e che, salvo le ipotesi del personale religioso purché della stessa congregazione, non può essere utilizzato per attività lavorative.
In conclusione:

Anche dal monitoraggio delle sezioni primavera emergono  segnali inquietanti che mostrano come la condizione dell’infanzia stia velocemente diventando un terminale della crisi.

Sappiamo bene che la crisi morde. Erode i bilanci delle famiglie e quelli degli enti locali. Il rischio di considerare come un lusso la qualità dei servizi educativi incombe. E già, spesso,  non è più rischio  bensì  realtà.  Ma noi questo non possiamo permettercelo pena la qualità dello sviluppo  di questo paese oltre che la compromissione  dei destini individuali dei bambini  e delle bambine di oggi.

Stato, Enti Locali e famiglie investono sempre meno nella educazione e nella formazione dei bambini e delle bambine. Questo si traduce anche in una erosione progressiva di quelli che sono rapporti di lavoro corretti, contratti adeguati e pertinenti alla funzione educativa, comprensivi della necessaria formazione in servizio, di tempi dedicati alla progettazione, alla documentazione, alla autovalutazione del lavoro svolto.

E’ necessario invece superare le criticità emerse, accogliere nelle Intese regionali i criteri di qualità elencati nella Direttiva 37 e assicurarne la piena applicazione.

Il rispetto dei diritti dei bambini e delle bambine, assicurare loro una scuola dell’infanzia e servizi educativi di qualità costituisce un terreno imprescindibile del nostro impegno. Anche in sintonia con altri soggetti che condividono queste finalità, come nel caso del Coordinamento nazionale per le politiche dell’infanzia e della sua scuola che ha preso posizione sugli esiti del monitoraggio.