Saldi di fine legislatura
Ora il centro destra rilancia sui finanziamenti alla scuola privata
Non v’è alcun dubbio che la risoluzione Garagnani, approvata in commissione cultura della Camera il 21 settembre u.s., rappresenta l’estremo tentativo da parte della maggioranza di “ riaddrizzare” la politica scolastica a sostegno della scuola privata giudicata evidentemente deludente dai sostenitori del centro destra.
Dopo aver appoggiato, senza riserve, il disegno controriformista della Moratti e dopo averne favorito la sua applicazione nelle scuole materne ed elementari paritarie, il Comitato per la scuola della società civile ha richiamato, apertamente, il Governo al rispetto degli impegni assunti con il programma elettorale del 2001 sollecitando una serie di interventi di fine legislatura tesi ad affermare e promuovere il principio della sussidiarietà.
Un primo tentativo, come si ricorderà, è “abortito” sul nascere allorquando il Consiglio di Stato ha detto no al tentativo della Moratti di modificare la legge sulla parità scolastica ricorrendo al regolamento di delegificazione.
Quella duplice bocciatura – politica e giuridica – subita dal Ministro, ha fatto rompere gli indugi a “Garagnani & company” che, per recuperare credibilità presso i loro sostenitori, hanno chiesto al Governo di “adottare iniziative normative idonee a promuovere un reale sviluppo delle scuole paritarie, al fine di introdurre nel nostro Paese un efficiente sistema misto di istruzione, superando, a tal fine, la legge n. 62 del 2000”.
Da un lato si vuole così rassicurare quei gruppi di pressione (comunione e liberazione, compagnia delle opere, fidae, fism ecc.) che, in più di un’occasione, avevano manifestato perplessità sulla politica del Ministro, giudicata troppo “timida”; dall’altro si vuole cercare di portare a casa qualche significativo risultato sia in vista dell’imminente scadenza elettorale sia in previsione di un diverso scenario politico, considerato evidentemente non favorevole.
Al di là delle argomentazioni da propaganda elettorale, desta preoccupazione la soluzione auspicata dai capigruppo della casa delle libertà. Questi, consapevoli delle difficoltà che il Governo ha nel reperire le risorse necessarie, hanno proposto - come da migliore tradizione della maggioranza di centrodestra - di tagliare, già a partire dalla prossima finanziaria, parte delle risorse economiche destinate alla scuola statale e assegnarle, nelle forme più idonee, alla scuola paritaria.
L’operazione viene giustificata dalla necessità di introdurre nel sistema scolastico italiano il principio della “competizione” tra diversi progetti formativi considerata “condizione essenziale per assicurare un innalzamento complessivo della qualità degli studi” visto che nel sistema scolastico statale “concetti come selezione e meritocrazia sono assenti”.
Argomentazione quanto mai stravagante! Non ci risulta, infatti, che la scuola paritaria italiana, laica e religiosa, sia selettiva e meritocratica. Basti pensare al fenomeno dei diplomifici rinvigorito da alcune disposizioni legislative e normative introdotte dal Ministro. La verità è che si vuole abolire il valore legale del titolo di studio e feudalizzare il nostro sistema scolastico generando, così, un sistema fondato sul censo.
Per i firmatari della risoluzione hanno poca importanza i vincoli costituzionali e legislativi; come pure hanno poca importanza le conseguenze economiche e sociali di un’operazione del genere; per loro è importante, invece, in nome di non si sa bene quale principio costituzionale di “libertà”, che “decolli” la scuola paritaria ovvero che l’iniziativa privata, speculativa e di tendenza, sia sostenuta direttamente dallo Stato.
Ci preme sottolineare che la Costituzione garantisce la libertà ad enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione senza, però, che tale libertà implichi oneri per lo Stato. Del resto non si capisce per quale principio giuridico/costituzionale lo Stato, utilizzando le risorse della collettività, debba intervenire a sostegno di libere scelte individuali.
L’istruzione, per la Costituzione, non è solo un servizio, ma è anzitutto una funzione istituzionale che lo Stato svolge direttamente non solo nell’interesse degli studenti e delle famiglie, ma soprattutto nell’interesse generale volto a garantire quella uguaglianza sostanziale, sancita dall’art. 3, comma 2, che è una precondizione della vita democratica.
La Repubblica, nel dettare le norme generali sull’istruzione e nell’istituzione di scuole statali per tutti gli ordini e gradi, attua tale “precondizione”. Altro che statalismo! Altro che monopolio!
Dopo il fallimento di gran parte dei progetti “innovativi” sulla scuola della Moratti, il partito del “buono scuola” e del “tolgo ai poveri per dare ai ricchi” cerca di raccogliere le proprie forze per sferrare l’ultimo assalto alla “diligenza” nella speranza di portare a casa qualcosa.
L’occasione migliore è rappresentata dalla finanziaria! Sarà quello il momento per introdurre, nella ridda degli emendamenti, quei dispositivi auspicati da Garagnani. Del resto il ritorno della “finanza creativa” non può che favorire questo progetto.
Se il disegno politico del partito del “buono scuola” dovesse andare in porto ci troveremo di fronte non solo al tentativo riuscito di aggirare il vincolo costituzionale del “senza oneri per lo stato”, ma ad un vero e proprio smantellamento della scuola della Repubblica e del suo ruolo costituzionalmente definito.
Questo significherebbe una feudalizzazione e balcanizzazione del sistema nazionale di istruzione che comprometterebbe seriamente lo sviluppo e la crescita di una società più democratica, più inclusiva e più solidare.
Roma, 27 settembre 2005