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Lavoratrici e lavoratori della scuola non statale con la CGIL per cambiare l'Italia nel segno del lavoro, dell’uguaglianza e della dignità

La tutela reale va estesa e non cancellata! L’appello di Susanna Camusso. Anche le lavoratrici e i lavoratori della scuola non statale saranno in piazza insieme a tutti gli altri.

22/10/2014
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Nella lettera/appello a partecipare alla manifestazione nazionale del 25 ottobre prossimo indetta dalla CGIL, il segretario generale Susanna Camusso ricorda a tutte le lavoratrici e i lavoratori pubblici e privati, ai giovani, ai pensionati, ai precari, agli esodati, ai disoccupati di ogni età e indipendentemente da dove e come lavorano le ragioni della mobilitazione che ha come tema “Lavoro, dignità, uguaglianza per cambiare l’Italia”.

Al centro della piattaforma la CGIL pone il lavoro, la buona occupazione avanzando proposte semplici e chiare:

  • un piano straordinario per l’occupazione finanziato da uno spostamento della tassazione sulle grandi ricchezze;
  • la riforma  per ammortizzatori sociali universali;
  • una riforma dello Statuto dei Lavoratori per estendere diritti e tutele universali a tutti;
  • un contratto indeterminato a tutele crescenti, per favorire il lavoro a tempo indeterminato e sicuro, cancellando le forme contrattuali precarie che si sono moltiplicate fino a 46 forme di assunzione.

Temi che coinvolgono direttamente anche quei lavoratori in forza, a vario titolo, nelle istituzioni scolastiche, educative e formative non statali le cui condizioni di lavoro sono, in questi anni di crisi, decisamente peggiorate sia in termini di diritti che di tutele tanto da condannare il comparto ad una precarietà diffusa e insostenibile. In due nostri approfondimenti dal titolo L’insostenibile leggerezza del lavoro in epoca di crisie "Lavoro, uguaglianza, dignità: la tutela reale va estesa e non cancellata vengono analizzate sia la trasformazione morfologica del lavoro sia la necessità di ampliare la tutela reale a tutto quel mondo del lavoro che oggi ne è privo. Conditio sine qua non per considerare il lavoratore come cittadino e non come suddito.