MAE e relazioni sindacali: è sempre più crisi
Ancora un confronto all’insegna della consueta indeterminatezza. Comunicati i trasferimenti d'ufficio e a domanda e i posti delle scuole Europee.
Questa parabola discendente si manifesta ogniqualvolta i sindacati della scuola si confrontano con la delegazione di parte pubblica e in particolare con gli esponenti del MAE. Del resto quelli di nomina MIUR sono da tempo latitanti tanto che qualcuno ha proposto di denunciarne la scomparsa a Chi l’ha visto?
E’ questa la condizione che purtroppo ci troviamo costretti a registrare sia sui temi di carattere generale che su quelli più specifici e più circoscritti agli aspetti di una normale gestione degli impegni di legge e contrattuali sanciti dalle norme legislative e pattizie di riferimento. Evidentemente la linea politica fortemente teorizzata dal partito dei falchi della Farnesina è perseguita, anche in questa legislatura, non solo dalla Direzione Generale del Sistema Paese, ma dagli stessi vertici del dicastero. Fatto sta che questa posizione sta trascinando sempre più il sistema delle scuole e delle istituzioni scolastiche all’estero verso un sempre più preoccupante declino.
La riunione delle delegazioni trattanti (Amministrazione e sindacati) tenuta il 27 settembre scorso ne è l’ulteriore conferma. Per il MAE il confronto con le parti sociali è una sorta di rito finalizzato al solo rispetto della forma. L’effetto è quello di annichilire la sostanza e lo spirito della stessa norma ostacolando in maniera più o meno evidente il ruolo e i compiti delle Organizzazioni sindacali. Il motivo è semplice: impedire all’interlocutore sindacale di svolgere appieno la propria parte sociale complessivamente intesa capace, attraverso la concertazione, di migliorare le condizioni del servizio e dei lavoratori. Il tutto per mantenere uno status quo dai contorni giuridici e contrattuali fumosi su cui perseverare nella logica di un governo feudale del sistema.
Gli stessi momenti della semplice informazione preventiva, così come previsto dal CCNL della scuola, vengono tranquillamente disattesi relegandoli nella migliore delle ipotesi a momenti di informazione successiva; ovvero le organizzazioni sindacali si informano a cose fatte.
E’ ritornato di moda nelle stanze della Farnesina quell’idea di relazioni sindacali fondate sul dialogo sociale tipiche dell’oscurantismo praticato dai due ministri che hanno preceduto l’era della Bonino negando il diritto alla contrattazione. Di fatto ci troviamo di fronte ad un ingiustificato continuismo.
Alcuni esempi - oggetto di quest’ultimo confronto tra delegazioni – evidenziano chiaramente questa tendenza. Solo in questa occasione i sindacati sono venuti a conoscenza ufficialmente dei trasferimenti d’ufficio e a domanda. Come pure solo adesso si viene a conoscenza delle disponibilità dei posti di scuole Europee, le cui nomine, tra l’altro, sono decisamente in ritardo rispetto a quanto annunciato a luglio ed agosto dallo stesso MAE. Come pure è a dir poco preoccupante che ad oggi sulla pubblicazione definitiva delle graduatorie permanenti aleggi una incomprensibile incertezza. Si parla di novembre/dicembre (sic!), il che comporterebbe, per via dei tempi dei relativi adempimenti, un eventuale ulteriore rinvio delle partenze, se dovessero slittare oltre il 31 dicembre, all’anno scolastico successivo.
E che dire della decisione assunta dal MAE - trasmessa il 17 settembre con tele espresso alle sedi spagnole - di procedere alla nomina dei supplenti non residenti proprio a seguito di una sentenza del tribunale di Barcellona di cui ancora oggi non abbiamo avuto comunicazione ufficiale?
Se poi spostiamo la nostra attenzione sull’art 9 del D.L. 101/2013 la comunicazione preventiva e successiva dovuta alle organizzazioni sindacali , nonostante che i contenuti di questa proposta legislativa incida direttamente su aspetti contrattuali, non c’è stata affatto. Né è stata chiesto preventivamente ai sindacati il parere su tale argomento.
Non si tratta solo della solita incursione per via legislativa sul CCNL così come è avvenuta con la legge 10/2011, ma di un’operazione da parte del MAE - il MIUR non ne era a conoscenza? - sbagliata sotto il profilo ordinamentale, giuridico, economico e contrattuale. Tant’è che come FLC CGIL abbiamo chiesto l’abrogazione di quella abominevole norma destinata a generare forti discriminazioni nel sistema e nei rapporti di lavoro.
Appare evidente che l’estensore del famigerato comma 2 del citato art. 9 non sia interessato affatto al mondo scolastico, ai suoi ordinamenti e alla politica culturale italiana all’estero, ma solo a soddisfare gli interessi di quel partito trasversale del fai da te che vuole la scuola italiana all’estero svincolata totalmente dal nostro sistema scolastico.
Del resto sono emblematiche in questo senso le stesse dichiarazioni dell’Ambasciatore Benassi rilasciate a nome del Ministro Bonino in occasione di un incontro, di qualche giorno fa, con una delegazione di insegnanti.
A questo punto sorgono due spontanee domande: siamo certi che il vertice del MAE conosca la scuola e soprattutto la scuola italiana all’estero? Siamo certi che lo stesso MIUR abbia valutato fino in fondo le conseguenze dell’azione del MAE sull’intero sistema?
Proprio per questo la FLC ha espressamente chiesto alla delegazione trattante un confronto pubblico con i due ministri almeno per fare chiarezza e dissipare quell’alone fumoso che aleggia sulle sorti progressive della nostra politica culturale.
La spending review non può - secondo noi - essere il pretesto di destrutturazione dell’ intero sistema dalle cui ceneri, come l’araba fenice, dovrebbe risorgere l’idea di una sua privatizzazione. La scuola e le istituzioni scolastiche italiane all’estero hanno bisogno di una vera e propria riforma che, partendo dalla centralità dell’intervento pubblico, rilanci la nostra politica culturale nel mondo in grado di competere con i sistemi dei più importanti paesi dell’UE. E per fare questo è necessario aprire un grande dibattito pubblico tra le varie componenti politiche e sociali proprio per evitare che quella riforma strisciante che innescherebbe nuove forme di corporativismo e di feudalizzazione del sistema.
In merito all’incontro del 27 settembre si rinvia alla lettura della nostra sintesi.