Sperimentazione Moratti: promossa senza esami
Nei giorni scorsi sono stati espressi giudizi ampiamente positivi sulla sperimentazione Moratti in due articoli pubblicati dai quotidiani "Il Giornale" e "Il Sole 24 ore"
Sperimentazione Moratti: promossa senza esami
Nei giorni scorsi sono stati espressi giudizi ampiamente positivi sulla sperimentazione Moratti in due articoli pubblicati dai quotidiani "Il Giornale" e "Il Sole 24 ore". Un sondaggio promosso da quest'ultimo quotidiano è alla base della valutazione favorevole dell'esperienza sperimentale in corso nella scuola dell'infanzia ed elementare.
La conclusione dell'analisi è che la riforma piace ad insegnanti e famiglie, è stata registrata anche qualche difficoltà e perplessità, ma la riforma è complessivamente "promossa".
Ad una lettura attenta degli articoli però non si comprende bene con quali criteri si sia svolto il sondaggio dato che non viene pubblicato né un numero né una percentuale. Il tutto si riduce a dieci dichiarazioni di alcuni dirigenti e insegnanti di otto scuole sperimentali, tre Istituti Comprensivi (Miggiano - Lecce, Santa Margherita Ligure - Genova, "Parini" di Catania) e cinque scuole private paritarie ("Sant'Alberto Magno" di Bologna, "San Carlo" di Milano, "Maria Mazzarella" di Firenze, Istituto Salesiano di Udine, "Calasanzio" di Napoli).
Gli intervistati sostengono le seguenti tesi:
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I genitori apprezzano la sperimentazione.
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Anche i bambini della scuola dell'infanzia gradiscono, infatti, vi sono meno pianti "da ingresso".
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È diminuito il nozionismo ed è aumentata la personalizzazione.
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L'anticipo è meno traumatico se le scuole lavorano in continuità.
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Le scuole si stanno attrezzando per avere laboratori e aula multimediali.
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La lingua inglese in prima elementare è introdotta sotto forma di gioco
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L'insegnante tutor è apprezzato dai genitori perché è il loro referente privilegiato e perché segue individualmente gli alunni.
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La gestione del portfolio è ancora controversa.
Tutte le scuole interpellate paventano i tagli alla scuola, un intervistato ha anche fatto cenno alla necessità di migliori retribuzioni.
Il ridotto numero delle scuole contattate e la genericità delle valutazioni raccolte rende evidente che la pur lodevole iniziativa di raccogliere qualche voce dalla sperimentazione in corso non può essere considerata un sondaggio né una raccolta di dati e informazioni tale da consentire conclusioni generali come quelle tratte dai due quotidiani.
Sarebbe stato utile ricordare, per una più completa informazione, i dati emersi in una recente indagine effettuata dall’ISTAT-MIUR nel dicembre del 2001( “Annali della Pubblica Istruzione” n°1,2 –2001 Le Monnier Roma), dalla quale si rileva che alla domanda: ”nei primi 4 anni della scuola elementare è preferibile avere: -un maestro unico, -un maestro che svolga la maggior parte dell’orario, -più maestri specializzati che si dividano equamente l’orario, -non so; il 60% dei consensi dei genitori ed il 66,3% dei consensi degli insegnanti è stato espresso a favore del lavoro del team docente.
Il quotidiano della Confindustria arriva inoltre a sostenere che dall'indagine emerge, in sintesi, che la sperimentazione è approvata perché piace il passaggio dai programmi alla progettazione.
Al di là di ogni altra considerazione tra esiguità dei dati raccolti e generalità delle conclusioni, la questione evidenziata come prioritaria dai giornalisti non rappresenta affatto il nucleo della sperimentazione, essendo il passaggio dalla programmazione alla progettazione un tema centrale dell'autonomia scolastica, introdotta dalla legge 59/97.
Difficile non vedere in questi due articoli una certa tendenza a diffondere un'immagine comunque positiva della sperimentazione, la stessa, probabilmente, che ha spinto il Ministro a volerla far partire comunque pur in assenza delle condizioni di fattibilità indicate dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.
Per evitare fughe mediatiche, prive di appigli reali, è necessario che questa esperienza sia valutata attraverso un serio monitoraggio dei dati reali.
In queste settimane la CGIL Scuola ha organizzato diverse iniziative sulla sperimentazione in quasi tutte le regioni, per discutere, capire, analizzare, organizzare iniziative. Una di queste è la decisione di seguire con attenzione il monitoraggio dell’amministrazione e di raccogliere anche dati che ci permettano di esprimere una valutazione politica fondata su elementi reali.
Ad oggi le informazioni che abbiamo raccolto dagli insegnanti direttamente impegnati nella sperimentazione, se non ci offrono un quadro organico e completo, ci consentono, però, di affermare che le conclusioni dei due quotidiani citati sono ingiustificate.
Ricordiamo innanzi tutto alcuni riferimenti temporali: il decreto sulla sperimentazione esce il 18 settembre, le Indicazioni Nazionali (documenti curricolari indispensabili per l’attuazione della sperimentazione) sono pubblicate il 6 novembre, le raccomandazioni per l’attuazione tra ottobre e novembre, il progetto finanziario di supporto 1l 31 ottobre, il piano di formazione e-learning è avviato il 15 novembre. Sempre a metà novembre viene finalmente reso noto l’elenco delle 250 scuole sperimentali (75 paritarie di cui nessuna comunale, 175 statali), perché solo allora il Ministero è stato in grado di dichiarare quali scuole avevano effettivamente aderito.
La sola elencazione delle date sopra riportate dovrebbe indurre gli osservatori alla cautela nei giudizi e a ritenere che le scuole sperimentali, dopo poco più di un mese dall’avvio effettivo dell’esperienza, siano fondamentalmente impegnate a cercare di capire cosa stanno sperimentando, a leggere i corposi documenti allegati, ad avviare l’attività di formazione, a gestire al meglio le novità introdotte.
Veniamo ora alle nostre informazioni che abbiamo raccolto dagli insegnanti e dai dirigenti che hanno partecipato alle iniziative.
Le fonti provengono da: Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli, Abruzzo, Marche, Toscana, Lazio, Calabria, Sicilia, Sardegna.
ADESIONI PARZIALI
Vi sono scuole che non aderiscono interamente alla sperimentazione, spesso a non essere attuati sono proprio i cambiamenti cruciali: l’anticipo e il docente tutor con 18-21 ore di prevalenza.
Dalle scuole e da alcuni Osservatori regionali ci viene segnalato che si sono rese necessarie modifiche ai vincoli posti dal DM 100.
Le richieste di consenso indirizzate al Miur non hanno avuto nessun riscontro (fate quel che ritenete…).
Le modifiche portano alla registrazione di un ventaglio di modelli di funzionamento che la scuola dell’autonomia già prevede. E’ indispensabile notare che in poche scuole si rispettano i vincoli dettati dal DM100.
Niente di nuovo sotto il sole per quanto concerne l’elaborazione dei piani di studio personalizzati, se con questa espressione si vuole richiamare l’attenzione sull’esigenza di personalizzare quanto più possibile l’azione didattica in relazione alle specifiche caratteristiche evolutive dei bambini.
ANTICIPO
Premesso che , stante le disposizioni contenute nel DM 100, non avrebbero dovuto essere riaperte le iscrizioni e, dunque, non dovrebbero esserci bambini di due anni e mezzo; considerato che invece sono presenti, si rileva quanto segue:
Reazione dei bambini “anticipatari”:
I numeri sono molto esigui. In alcuni casi sono stati presi i bambini necessari a “salvare” la sezione o la classe.
2anni e mezzo.
In modo quasi generalizzato si rileva che questi bambini a metà mattinata hanno un bisogno forte di cure. Necessitano a volte di un breve riposino, hanno tempi molto lunghi per lo svolgimento delle routine. L’insegnante sola non riesce e gli accordi previsti con gli Enti locali per la messa a disposizione di figure specifiche risultano quasi totalmente inesistenti. Laddove è prevista una figura specifica, la messa a disposizione ci sarà sino a che i bambini compiono i tre anni.
In queste situazioni i genitori che, sperando in un risparmio , hanno iscritto i loro figli anticipatamente alla scuola dell’infanzia, si trovano nella condizione di avere un servizio non adatto alle esigenze dei bambini di questa età, dunque a metà mattina vengono invitati a far frequentare “con il massimo della flessibilità (due tre ore per mattina) i bambini.
Cinque anni e mezzo
La sperimentazione propone ai bambini di 5 anni una prima “normale”. In molti casi i percorsi educativi non sono stati adattati come, invece, accade nella stessa esperienza delle “primine” e dei “bambini uditori” (peraltro non previsti dalla normativa).
Le primine sono “prime piccole”, ossia prestano attenzione al fatto che a frequentarle sono bambini di 5 anni. I bambini uditori , dopo aver partecipato alla lezione ed alle attività nelle prime, trovano aiuto e sostegno al loro impegno sia nei loro genitori sia in insegnanti che durante i pomeriggi li aiutano.
Le scuole, ci risulta, non hanno avuto il tempo e la possibilità di farsi carico di questa novità.
Alle competenze in entrata di questi bambini nessuno ha pensato. Ci vengono segnalati disagi.
In un Circolo dove hanno anticipato 15 bambini , 5 sono stati rimandati a frequentare l’ultimo anno di scuola dell’infanzia.
In un altro Circolo una mamma dopo due giorni di frequenza del figlio di 5 anni alla classe prima ha fatto formale richiesta per riportarlo alla scuola dell’infanzia.
Molti insegnanti ci chiedono se è prevista per “i bambini che non riescono” la permanenza in prima anche l’anno prossimo (già bocciati a 5 anni!!!).
INSEGNANTE TUTOR
Il ritorno ad un insegnante tuttologo, unico responsabile della classe, sta provocando disagio professionale nella scuola elementare.
Gli insegnanti chiedono quante ore a disposizione dovranno essere assegnate all’insegnante tutor per poter elaborare 28 o 25 piani personalizzati. O si pensa ad un superman della didattica?
Alcuni segnalano difficoltà notevoli nel ritornare ad essere “insegnanti di tutto”, e vedono in questo un attacco alla professionalità.
Anche riguardo al portfolio delle competenze individuali non appare chiara la sua formulazione linguistica e concettuale.
Si avverte diffusamente un’idea di sapere trasmissivo, di valutazione del comportamento, di valutazione sommativa.
Molta preoccupazione per il ruolo tutto da chiarire che nella costruzione del portfolio può essere giocato dalle famiglie, in una prospettiva di coinvolgimento e di presa di coscienza dei progressi compiuti dai bambini. Occorre infatti definire i confini tra la legittima aspettativa di partecipazione dei genitori ai processi di crescita e di educazione dei propri figli e la necessaria tutela della dimensione tecnico-professionale dei docenti.
La figura dell’insegnante-tutor (ossia prevalente in modo determinante) non convince affatto. L’introduzione di questa figura rischia di svilire la naturale propensione tutoriale di tutti gli insegnanti, creando una gerarchia tra colleghi del tutto fuori luogo. Questa gerarchizzazione viene già avvertita dai genitori nei primi colloqui e dai bambini che tendono a riconoscere solo le indicazioni date dall’insegnante prevalente. A questa figura inoltre viene delegata l’osservazione scrupolosa del comportamento di ogni singolo bambino, con un inevitabile scivolamento verso un’interpretazione tutta psicologica.
INSEGNANTI DEI LABORATORI
Gli insegnanti elementari fino ad ora hanno operato in modo corresponsabile, l’introduzione della sperimentazione spesso ha costituito nuovi rapporti professionali che prevedono per gli insegnanti dei laboratori un ruolo di inferiore responsabilità nei confronti dei genitori e degli alunni e di subordinazione nei confronti del docente tutor.
Abbiamo più volte evidenziato la possibilità che la marginalità del docente dei laboratori possa trasformarsi in precarietà del rapporto di lavoro.
In una scuola toscana la sperimentazione ha trasformato le classi elementari a tempo modulare in classi ad insegnante tutor. Al tutor viene affidata anche la conduzione dei laboratori LARSA ( per il recupero, consolidamento e valorizzazione delle eccellenze).
La conduzione dei laboratori è affidata ad esperti, assunti mediante contratti di lavoro per la maggior parte con prestazione occasionale di opera intellettuale, ed alcuni di collaborazione coordinata continuativa (Co.co.co.) . Gli esperti sono utilizzati per l’insegnamento della lingua inglese, dell’educazione al suono, dell’educazione motoria (psicomotricità nella scuola dell’infanzia), dell’informatica. I contratti sono interamente finanziati dall’amministrazione comunale, ma vengono siglati dal capo d’istituto.
Come è evidente dalla lettura delle testimonianze riportate la sperimentazione, per quanto si può dire dal tempo limitato di avvio e dalla ristrettezza delle informazioni, anche se abbastanza omogenee sul territorio nazionale, incontra notevoli difficoltà attuative.
Proseguiremo la nostra indagine, anche attraverso uno specifico questionario, per avere dati attendibili e certi sulla base dei quali fondare una credibile valutazione della sperimentazione
Roma, 19 dicembre 2002