Tempo pieno e tempo lungo? Finiti!
Con lo schema del primo decreto legislativo approvato in applicazione della legge Moratti, il Governo ha formalmente deciso la fine del tempo pieno e del tempo lungo nella scuola elementare e del tempo prolungato nella scuola media.
E’ bene che si sappia: con lo schema del primo decreto legislativo approvato in applicazione della legge Moratti, il Governo ha formalmente deciso la fine del tempo pieno e del tempo lungo nella scuola elementare e del tempo prolungato nella scuola media. Punto.
Le assicurazioni date sul mantenimento del tempo pieno dal Ministro e da esponenti della maggioranza sono quindi destituite di fondamento.
Vediamo intanto la bozza del primo decreto attuativo approvata dal Consiglio dei Ministri il 12 settembre.
L’art. 7 prevede che l’orario annuale delle lezioni nella scuola primaria (così si chiama ora la scuola elementare) sia di 891 ore alle quali le singole scuole aggiungono altre 99 ore di attività e insegnamenti “tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie”. In pratica, si va dalle 27 alle 30 ore settimanali. Questo orario non comprende, recita ancora l’art.7, il tempo eventualmente dedicato alla mensa. Di conseguenza l’organico del personale docente è assegnato per un massimo di trenta ore alla settimana.
Tanto per non lasciare dubbi, il decreto abroga l’art. 130 del Decreto Legislativo 297 del 1994, che, riprendendo l’analoga norma della legge 148/90 che aveva riformato la scuola elementare, dava dignità legislativa e collocazione istituzionale al tempo lungo e al tempo pieno. L’art.130 è formato da due commi. Il primo tratta del tempo lungo fino a 37 ore settimanali, compreso il tempo mensa, con intera copertura oraria da parte dei docenti già titolari del plesso o del circolo. Il secondo dispone la prosecuzione delle attività di tempo pieno di cui alla legge 820/71, con orario settimanale ivi compreso il tempo mensa, di quaranta ore. Dunque è chiaro: in nessun punto dello schema del decreto legislativo che disegna la nuova scuola primaria si parla di un orario comprensivo della mensa: anzi, viene esplicitamente abrogato l’unico riferimento previsto nell’art.130.
Ulteriore conferma viene dalla lettura della relazione predisposta dal MIUR al decreto legislativo. Si dice che “il monte ore annuo obbligatorio delle lezioni, comprensivo anche delle quote riservate alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all’insegnamento della religione cattolica è…di891 ore annue che, sulla base del computo di 33 settimane di lezione, è pari mediamente a 27 ore settimanali”. Il testo prosegue poi confrontando la nuova con la vecchia normativa: “Per chiarezza di comparazione della nuova norma con il precedente ordinamento è da ricordare che attualmente l’orario delle lezioni della scuola elementare, computato su base settimanale, è pari a 27 ore, elevabili fino ad un massimo di 30 in relazione alla presenza dell’insegnamento della lingua straniera. In tale orario non è compreso il tempo dedicato alla mensa nel caso di uno o più rientri pomeridiani. Nelle classi organizzate a tempo pieno, poi, l’orario settimanale è attualmente di 40 ore, comprensivo del tempo dedicato alla mensa. L’assistenza alla mensa da parte dei docenti costituisce obbligo di servizio.” E’ chiaro: per il Ministro Moratti il tempo pieno con le quaranta ore, due insegnanti per classe, la mensa come continuum educativo appartiene al passato.
La posizione del Governo è dunque definita: con l’anno scolastico 2004/2005 finirà nel nostro paese l’esperienza del tempo pieno.
Per la verità, il Ministro ed il Sottosegretario Aprea rassicurano che i genitori potranno scegliere nella scuola primaria fino a 40 ore (30 di lezione più 10 di servizio educativo di mensa). Anche a prenderla per buona (ma non vi è traccia di ciò nei documenti ufficiali), la sostanza non cambia: infatti, poiché non vi saranno docenti per le dieci ore di “servizio educativo di mensa”, esse dovranno eventualmente essere a carico dei genitori o degli Enti Locali. Con i tagli ai trasferimenti previsti dalle leggi di bilancio e anche nella finanziaria 2004 (1,8 milioni di Euro in meno, quest’anno come in quello precedente), sarà davvero difficile che i sindaci trovino risorse per garantire il servizio. Ma quand’anche fosse, non sarà la stessa cosa.
E’ bene dunque fare chiarezza e che i docenti e i genitori sappiano che le cose stanno così. Per quanto riguarda la Cgilscuola, anche in queste scelte stanno le ragioni della nostra radicale opposizione alla politica scolastica del governo.
I tempi pieni rappresentano per la CGILscuola una parte importante della scuola elementare ma anche un elemento strutturale per una “buona scuola”. Infatti essi, ma anche i tempi lunghi motivati pedagogicamente, rispondono sostanzialmente all’esigenza di “tempi distesi” per le bambine e i bambini, nei quali costruire esperienze di apprendimento in un ambiente educativo che consenta una buona relazione educativa, dove vi sia innanzitutto possibilità di ascolto della parola, dei gesti, dei silenzi delle bambine e dei bambini e dove sia possibile trovare le risposte adatte a ciascuno. Per una buona relazione servono però spazi e soprattutto tempi. Nella giornata scolastica di otto ore, con l’intervallo della mensa, gli alunni possono alternare più facilmente attività che richiedono forte impegno e concentrazione ad altre che ne richiedono meno e dove gli alunni possono esprimersi e conoscere attraverso altre modalità ed altre “forme di intelligenza”. In questa scuola dei tempi distesi la mensa e la ricreazione sono momenti educativi, non semplici pause tra un’attività e l’altra: le bambine e i bambini, con i loro insegnanti, stanno insieme, pranzano insieme, giocano insieme, si aiutano, litigano e discutono, possono fare più esperienze che li aiutano a conoscersi, ad accettarsi, a superare le differenze: costruiscono insieme i modi della convivenza democratica.
Come sempre, e come del resto in tutti i servizi, sulla qualità della scuola e dei processi di apprendimento incidono soprattutto la professionalità, la passione, la volontà di chi ci lavora e quindi degli insegnanti. Ma una cosa è agire in contesti connotati da tempi e spazi che assicurano relazioni, altra cosa è agire in una scuola come quella che ci consegna la legge Moratti e il suo decreto: una scuola piena non di cose da scoprire ma di contenuti, di nozioni da imparare in fretta e cominciando presto, una scuola capace più di competizione che di cooperazione.
La CGILscuola è invece e decisamente per la scuola dei tempi distesi, una scuola dove si incontrano “i bambini della domenica” per usare una felice metafora di Frabboni: i bambini della domenica sono quelli che “hanno tempo” per fare esperienze, “ per vivere compiutamente la loro stagione evolutiva e le dimensioni di sviluppo proprie di questa età e cioè la sfera emotiva, affettiva, sociale, cognitiva, estetica, motoria. Il bambino della domenica è il bambino che può ancora perdere tempo, sognare e perdersi nel proprio immaginario, nelle proprie utopie, nelle proprie fantasie.”
Il decreto, ora deve essere esaminato dalla Conferenza unificata Stato Regioni e delle Commissioni parlamentari, per ricevere il parere.
La Cgilscuola è impegnata ad arrestare questo percorso.
E’ necessario però che in questa fase si facciano sentire anche i genitori, le scuole, i comuni, promuovendo assemblee e inviando documenti e ordini del giorno alle Commissioni di Camera e Senato e ai parlamentari locali.
Roma, 28 ottobre 2003