A Bologna il primo referendum su uno statuto universitario
Grande prova di democrazia nell'ateneo bolognese.
Il 28, 29 e 30 giugno sono chiamati al voto per via elettronica tutti i docenti, i ricercatori, gli assegnisti, i tecnici e gli amministrativi dell’Università di Bologna per una consultazione referendaria sul nuovo statuto di ateneo, promossa e autogestita dall’Intersindacale universitaria (RSU unitaria Bologna, CISL Università, CNU, FLC CGIL, SUN Universitas News, UIL RUA, “Docenti preoccupati”, ConPAss).
4 i quesiti sui quali sono invitati ad esprimersi quanti lavorano per uno dei più grandi e complessi atenei italiani, ovvero 4 punti ritenuti essenziali per la democrazia e radicalmente alternativi alla proposta di Statuto prodotta dal Rettore e dalla sua Commissione: elettività e rappresentanza paritetica (di genere, di fascia, di ogni componente universitaria) in tutti gli organi collegiali, compreso il CdA; eletti e non designati dal Rettore i direttori di dipartimento, i presidi di facoltà, i coordinatori di campus; un’adeguata pesatura del voto del personale tecnico amministrativo per l’elezione del rettore; la possibilità per il senato di revocare la fiducia ai membri del CdA da questo designati.
Si è arrivati a questa inedita iniziativa di consultazione perché la discussione sullo Statuto è stata approssimativa e di facciata e il Rettore intende continuare per la sua strada, nonostante l’invito giunto da più parti – compresi i segretari confederali di CGIL, CISL e UIL – a darsi più tempo e ad evitare lacerazioni. Il risultato, dopo oltre un anno di lavoro di una Commissione Statuto nominata, è una bozza carente e autoritaria, che verrà esposta nella sua versione completa e definitiva pochi giorni prima della scadenza dei termini per la sua approvazione.
La riforma Gelmini è stata utilizzata come una clava per produrre un documento dirigista e illiberale che spacca la comunità universitaria e disegna un’Istituzione ben diversa rispetto a quella, forse imperfetta ma libera e aperta, che abbiamo conosciuto sia come lavoratori sia come cittadini. E questo in una fase di estrema difficoltà e di inedita riorganizzazione dell’Università che richiederebbe, al contrario, la più ampia diffusione della responsabilità per rispondere adeguatamente alle sfide del futuro.
Un braccio di ferro contrario allo spirito dei tempi: partecipare al voto e 4 SI al referendum per dire, anche all’Università di Bologna, che i principi della democrazia non sono disponibili e che si difendono collettivamente.