Approvata la riforma dell’Esame di Stato per l’accesso alle Professioni
Il Consiglio dei Ministri approva lo schema di decreto relativo al regolamento per il nuovo Esame di Stato per l’accesso alle Professioni. Tirocinio obbligatorio per tutte le professioni.
Ormai a fine legislatura, con molta fretta di continuare nel percorso intrapreso con la “riforma” dei saperi, e’ stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto della riforma di accesso alle professioni e dei relativi esami di stato, su proposta del ministro Moratti.
Con la codifica delle classi di laurea determinate del sistema universitario 3+2 e l’autonomia didattica degli Atenei, Il Governo ha ritenuto opportuno rideterminare il raccordo tra percorsi formativi e sbocchi professionali, ridefininendo i requisiti di accesso all’esame di Stato e agli Ordini, nonché i criteri per la costituzione delle commissioni esaminatriciUna attenzione particolare è stata data al tirocinio, considerato requisito fondamentale per l’accesso alle professioni, attribuendo agli Ordini la responsabilità e la verifica del percorso formativo. Nulla è detto invece per la verifica di qualità formativa. Per il praticantato sarebbe stato molto opportuno, se non necessario, prevedere forme di riconoscimento di diritti e di adeguate tutele normative, a partire da un equo compenso da definire nel confronto con le parti sindacali.
Il tema dell’Esame di Stato non è stato affrontato con la dovuta delicatezza,mentre si sono ribadite la attuali modalità che hanno dimostrato nel tempo dubbia efficacia. Era auspicabile una modalità di prova che limitasse la discrezionalità degli esaminatori, che verificasse il livello delle competenze acquisite attraverso le esperienze professionali, più che la qualità del percorso di studi, già accertato dal conseguimento del titolo.Si è legiferato in un momento che avrebbe dovuto vedere il nostro Paese impegnato ad affrontare il problema in un contesto molto più ampio: la riforma delle professioni si rende necessaria e decisiva per una nuova e costruttiva politica di rilancio dell’economia.Non si può nascondere il ruolo che assumono i servizi professionali nell’attuale crisi economica e produttiva del nostro paese.
Non casualmente, proprio nei giorni scorsi si è tenuto al Cnel un convegno di CGIL,CISL e UIL dall’eloquente titolo “riforma delle professioni per la qualità dei servizi e per l’occupazione”.Le organizzazioni sindacali hanno affrontato la tematica con un ampio confronto sia con le associazioni professionali che con le forze politiche. La discussione ha preso il via da un documento unitario che pone non solo l’attenzione alla problematica ma conferma la richiesta di una riforma che garantisca una maggiore competività dei servizi investendo in formazione e professionalità. Come in altri paese europei, è necessario costruire servizi multiprofessionali e interdisciplinari che non solo consentono di attrarre capitali ma che siano in grado di competere sul mercato globale offrendo alle imprese servizi di alta qualità .
Una riforma delle professioni non può prescindere da alcuni fondamentali principi:
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L’assetto istituzionale del sistema professionale deve prevedere un quadro normativo di livello nazionale in grado di raccordarsi prioritariamente con UE e successivamente a livello internazionale.
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Separazione tra le funzioni di normazione, formazione,accreditamento e cerificazione per assicurare la trasparenza dei ruoli e delle responsabilità.
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Al centro del sistema di regolazione deve essere posta l’attività professionale e non l’intera professione
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I vincoli devono essere proporzionati rispetto all’obiettivo e giustificati da oggettiva necessità.
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Devono essere definite chiare regole di rappresentanza dei professionisti, sia autonomi che dipendenti, distinguendo tra rappresentanza delle istituzioni pubbliche, quali gli Ordini, e rappresentanze sociali, per superare quella confusione che non permette a questa importante parte del mondo del lavoro di avere una rappresentanza trasparente e democraticamente scelta.
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Forte ruolo delle Autorità indipendenti (autorità garanti della concorrenza) sia per la vigilanza sulle regole sia per la tutela dei consumatori.
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Misure per ampliare e qualificare l’occupazione, anche attraverso regole che incentivino la stabilità del lavoro e che assicurino diritti e tutele adeguate.
Sulla base di questi principi la proposta sindacale punta su i seguenti punti qualificanti:
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assumere la Associazioni Professionali di natura privata quale modello ordinario di organizzazione delle professioni. Le Associazioni saranno costituite su base volontaria:a loro spetta la rappresentanza professionale degli iscritti. Le associazioni rilasciano attestati di competenza con valore di qualificazione ai fini del mercato, attestano l’esercizio abituale della professione, stipulano assicurazioni professionali e vigilano sulla correttezza deontologica degli iscritti.
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Per gli Ordini professionali si può ipotizzare la conferma della natura di ente pubblico con funzione di garanzia della qualità delle prestazioni professionali a tutela di diritti fondamentali dei cittadini. In questa chiave vanno rivisitate le riserve. Gli Ordini devono vigilare sulla formazione continua e sul comportamento deontologico. Va separata la funzione di rappresentanza sindacale.
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Liberalizzazione delle tariffe come elevazione dell’area della negoziazione: bisogna individuare l’interesse pubblico e lasciare tutto il resto alla negoziazione tra le parti.
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Per l’accesso alle professioni è necessario il superamento del numero chiuso, ove previsto.
Inoltre, al fine di consentire anche ai nostri giovani la riconoscibilità del patrimonio professionale acquisito, nel pieno rispetto delle indicazioni del quadro europeo delle qualifiche, è necessaria una norma che ne riconosca le modalità per la validazione dei crediti formativi acquisiti.
Il decreto emanato dal Governo, come è evidente, non solo non risponde alle necessità evidenziate dal settore, ma appesantisce e allunga ancora di più l’accesso al mondo del lavoro per i giovani, con il tirocinio obbligatorio per tutti gli esami di Stato; si ipotizzano percorsi universitari rigidamente finalizzati agli stessi esami.
Roma, 31 marzo 2006