C.N.U.: Commento sul ddl di revisione dello stato giuridico dei professori universitari
IL PARERE DEL C.N.U. SUL DDL ZECCHINO
IL PARERE DEL C.N.U. SUL DDL ZECCHINO (14/12/1999)
Documento approvato dalla Assemblea delle Sedi CNU
Firenze - 3 Dicembre 1999
In relazione al metodo seguito per la presentazione del progetto e ai vincoli parlamentari si osserva che la proposta di stato giuridico d'iniziativa governativa, i cui contenuti non sono affatto condivisibili, potrebbe essere oggetto di una ampia e seria consultazione con il mondo accademico e con le organizzazioni sindacali rappresentative della docenza universitaria se l'iter parlamentare non fosse costretto entro i limiti e i tempi ristretti dal collegato alla legge finanziaria.
Il CNU ritiene assolutamente indispensabile che un provvedimento di tale importanza per la vita universitaria veda la luce in seguito ad un sereno confronto democratico che risulterebbe più efficace e credibile se fosse seguito l'ordinario procedimento legislativo.
In ordine ai contenuti si rammenta che i principi regolatori per determinare il quadro entro il quale si può definire lo status dei docenti universitari sono quelli stabiliti dal testo costituzionale che garantisce la libertà dell'insegnamento e della ricerca, in collegamento con l'autonomia dell'Università. L'autonomia, prevista dalla Costituzione, per gli atenei e per il sistema universitario implica il riconoscimento del rilievo pubblico che la funzione docente assume in quanto volta ad assicurare la formazione culturale e professionale dei giovani e a costituire le future classi dirigenti del Paese. In conseguenza di ciò i docenti universitari hanno avuto uno stato giuridico e un trattamento economico particolari, definiti per legge. In considerazione della delicatezza e delle peculiarità non comuni della funzione e degli impegni dei docenti si deve respingere con determinazione ogni forma di contrattualizzazione relativa a status e condizioni economiche dei docenti universitari. Le forme incentivanti possono ben essere valutate sulla base della qualità e dell'intensità dell'impegno anche prescindendo dall'anomalo strumento contrattuale.
Per quanto riguarda gli altri aspetti inerenti la proposta Zecchino, si rileva che lo stato giuridico proposto caratterizza la funzione docente in senso centralistico e burocratico, in netto contrasto con principi e criteri rispondenti all'autonomia costituzionale degli Atenei. In particolare il progetto non tiene conto della stretta connessione tra ricerca e didattica e avvilisce la preminente configurazione scientifica dell'attività docente che si regge sulla inscindibile relazione tra la ricerca di base e sperimentale e il successivo trasferimento nella didattica dei risultati e delle esperienze che sono conseguenti dall'attività scientifica del docente.
Il reclutamento é del tutto marginale e si prospettano forme precarie per tempi lunghissimi che allontaneranno i migliori giovani studiosi dalla carriera universitaria.
Gli aumentati carichi didattici, la mentalità burocratica e impiegatizia che contraddistingue il progetto, la cervellotica previsione di orari omogenei e di stretti vincoli formali che si tradurranno nell'inutile compilazione di formulari e nella predisposizione di schedature che denotano un'impostazione retriva e centralistica hanno indotto gli estensori del testo ad indicare orari e vincoli anziché definire funzioni, competenze, qualità scientifiche e momenti di pubblicizzazione dei risultati conseguiti.
Per molti aspetti la proposta costituisce un arretramento rispetto all'autonomia statutaria e contraddice l'ordinamento che gli Atenei si sono già dati sulla base dei principi di autonomia.
La trasformazione del ruolo dei ricercatrori in terza fascia docente e la contestuale messa ad esaurimento della stessa non ha alcuna spiegazione logica e finisce per penalizzare gravemente il fisiologico ricambio del corpo docente.
La dinamica di progressione in carriera é fortemente rallentata, se non addirittura bloccata, sia per gli attuali professori associati, vista la previsione che i professori ordinari debbano essere il 20% del totale, sia per i ricercatori che dovranno concorrere, insieme alle nuove leve, a concorsi per associato.
In relazione alla struttura del corpo docente si propone uno schema piramidale e verticistico, si aumenta il carico di lavoro, si abolisce il "tempo pieno" mantenendo sostanzialmente la stessa retribuzione per tutti i docenti, prospettando una diffusa "autocertificazione" di attività varie quale sola verifica della compatibilità fra attività professionale esterna e doveri interni concedendo così delle condizioni di favore a coloro che dedicano all'Università il tempo "libero" risultando largamente impegnati in lucrose attività esterne che, molte volte, nulla hanno a che vedere con l'impegno universitario.
La proposta governativa, non solo non innova lo stato giuridico attuale, ma, addirittura, lo peggiora sensibilmente. Ci sono, quindi, tutte le motivazioni per indire pesanti iniziative di protesta qualora non si dovessero tenere nel debito conto le motivate critiche che sono state qui esposte.
È opportuno fare seguire al dissenso anche delle concrete proposte alternative: 1. Definizione per legge dello status e del trattamento economico di base ed accessorio, con indicazione di strumenti automatici di adeguamento, previa verifica obiettiva della qualità dell'impegno, con adeguate forme di pubblicizzazione dei risultati delle attività scientifiche e della didattica;
2. Ruolo unico della docenza, con diritti e doveri uguali, articolato su più classi stipendiali e con progressione di carriera legata a verifiche sulle attività istituzionali dei docenti (ricerca, didattica e di servizio). Gli elettorati passivi possono essere collegati gradualmente alle classi stipendiali. I concorsi devono essere lo strumento attraverso cui si effettua il reclutamento, possono essere utilizzati per l'incentivazione della mobilità o per una eventuale accelerazione delle carriere ma non certamente come strumento di progressione in carriera.
3. L'impegno dei docenti deve essere a tempo pieno per tutti, con autorizzazione allo svolgimento delle attività esterne e misure intese a ricondurre le attività professionali all'interno delle strutture universitarie stabilendo forme di impegno parziale retribuito specificatamente in base alla prestazione per coloro che provengono dalle professioni e che non intendono avere un incardinamento stabile nei ruoli universitari sulla base del pieno tempo. Si potrebbe, in alternativa, accettare il mantenimento delle due figure, in tal caso le due figure dovrebbero essere differenziate nettamente sia sul piano economico che su quello normativo. Se si accettasse la prima delle due ipotesi, il docente il cui impegno professionale fosse fortemente prevalente sull'attività universitaria, potrebbe chiedere il congedo temporaneo, con relativa sospensione dei diritti economici e giuridici, e passaggio ad un regime di rapporto contrattuale.
4. Devono essere fissate, inoltre, delle norme di collegamento tra il vecchio ed il nuovo ordinamento che prevedano comunque il riconoscimento dei diritti acquisiti dagli attuali docenti a tutti i livelli, ed assicurando ad essi la scelta opzionale tra il vecchio ed il nuovo ordinamento.