CGIl, CISL, UIL: Comunicato stampa sul ddl che riforma lo stato giuridico dei docenti universitari
Comunicato stampa sul ddl che riforma lo stato giuridico
Comunicato stampa sul ddl che riforma lo stato giuridico (18/11/1999)
CGIL, CISL, UIL
SNUR CGIL, CISL Università, UIL PA UR
IL DDL RELATIVO ALLO STATO GIURIDICO DEI DOCENTI UNIVERSITARI
La riforma dello stato giuridico dei docenti universitari è un impegno assunto nel patto per il lavoro, siglato tra governo e parti sociali il 22/12/98, in quanto ritenuta una delle condizioni prioritarie per la praticabilità e l'efficacia della stessa riforma dei cicli di studio universitari, recentemente varata dal governo, necessaria per armonizzare il sistema italiano con quello degli altri paesi europei e per consentire ai nostri giovani di affrontare la competizione nel mercato del lavoro con adeguati livelli di preparazione professionale. Pertanto, il fatto che il governo abbia presentato su tale tema un ddl collegato alla legge finanziaria costituisce di per sé un fatto positivo, in quanto consente di avviare il confronto su un testo definito e di aprire un dibattito che vada oltre la ristretta sede parlamentare, come avvenuto finora, per coinvolgere le organizzazioni sindacali e professionali della docenza e più in generale le forze culturali e sociali del paese.
Le confederazioni sindacali e i sindacati di categoria ad esse aderenti hanno definito lo scorso anno una piattaforma volta a delineare gli obiettivi dell'autonomia universitaria e, in questo contesto, una riforma dello stato giuridico che valorizzasse le funzioni dei docenti, rivendicando meccanismi che premiassero con decisione la qualità e la quantità dell'impegno didattico, di ricerca e di servizio dei docenti nelle università. Ruolo unico della docenza articolato in una pluralità di livelli accessibili mediante valutazione; distinzione tra i meccanismi di scorrimento tra gli stessi e di reclutamento; valutazione ai fini della progressione, oltre che dell'attività scientifica, dell'attività didattica e di servizio; tempo interamente dedicato all'attività istituzionale, contrattualizzazione del trattamento economico e normativo: questi sono i punti fondamentali della nostra proposta, rimangono tali e per la loro piena realizzazione continueremo a lavorare.
Dobbiamo constatare che solo alcuni tra i punti della piattaforma, e con evidenti limiti, sono presenti nella proposta governativa. Apprezziamo che l'attività dei docenti sia sottoposta a valutazioni periodiche (sebbene limitatamente alla progressione economica) e che, ad essere valutata, sia non solo la ricerca, ma anche la didattica e l'attività di servizio. Apprezziamo anche la più chiara definizione degli obblighi nei confronti degli studenti. Lo stesso principio della contrattazione trova una qualche accoglienza, sia pure in forma davvero assai debole.
Insomma, la proposta governativa, nel suo impianto complessivo, appare troppo conservatrice e certamente inefficace rispetto al fine di creare un assetto della docenza universitaria tale da contribuire a porre rimedio ai gravi problemi che affliggono l'università italiana, dagli alti tassi di dispersione all'inaccettabile durata di fatto degli studi universitari.
I punti maggiormente negativi del testo - la cui profonda modifica è condizione indispensabile per il consenso delle organizzazioni confederali - attengono a temi decisivi per la qualità della riforma, il cui obiettivo prioritario deve essere quello di valorizzare i docenti migliori e più impegnati all'interno delle università, con l'attenzione rivolta soprattutto a quei giovani docenti che, nel giro di pochi anni, stante il previsto pensionamento della gran parte degli attuali docenti, entreranno negli atenei e costituiranno la maggioranza. Le nostre richieste riguardano in particolare i seguenti punti:
la messa ad esaurimento della terza fascia dei professori ricercatori è una misura sbagliata ed iniqua. Infatti, i ricercatori negli ultimi dieci anni hanno svolto gran parte dell'attività didattica delle università, e tale situazione sta per trovare un giusto riconoscimento nel ddl in via di approvazione definitiva alla Camera dei deputati. Pertanto, riteniamo giusto che i ricercatori entrino a pieno titolo nel ruolo di professori. Peraltro, la messa ad esaurimento dei ricercatori, congiunta alle modalità previste per l'accesso alle diverse fasce, nei fatti comporterà un sostanziale ingolfamento di tutta la carriera universitaria, sia nel livello di accesso alla fascia di professore associato (cui concorreranno gli oltre 20.000 ricercatori insieme ai giovani studiosi che dopo il contratto di tirocinio vorranno entrare nei ruoli dell'università) sia nel livello di accesso alla fascia di professore ordinario, dove il tetto previsto del 20% impone un numero di posti di gran lunga inferiore all'attuale numero degli ordinari (poco più di 9.600 posti per 12.000 ordinari), con il conseguente blocco dei concorsi per molti anni, fino a quando il grosso dei pensionamenti non abbia avuto luogo. Nel complesso, questo comporterà un grave rallentamento nell'ingresso di giovani studiosi a pieno titolo negli atenei e un forte ostacolo alla possibilità di introdurre politiche gestionali innovative, che premino la qualità e quantità dell'impegno dei docenti in relazione anche ai nuovi compiti previsti dal processo di autonomia didattica.
la regolazione del rapporto tra attività di docenza e attività libero professionale appare davvero inadeguata, con il rischio di tradursi di fatto in un passaggio generalizzato al tempo definito,e cioè alla situazione precedente al decreto legs . 382/80. Ben diversa è invece la richiesta, contenuta nella piattaforma unitaria, del "tempo interamente dedicato", che mira ad incentivare i docenti a prestare la propria attività, anche professionale, all'interno delle università, riservando soltanto a questi la collocazione in ruolo, la progressione di carriera e gli incarichi elettivi e gestionali. Per i docenti che scegliessero di dedicarsi prioritariamente all'attività libero professionale, sarebbero stipulati contratti di diritto privato che definirebbero gli impegni temporali assunti in termini di attività didattica e di ricerca. Tale soluzione consentirebbe agli atenei di utilizzare le professionalità sia di docenti "interamente dedicati" sia di docenti libero professionisti, in un contesto di trasparenza e di diversificazione di diritti e di obblighi, a tutto vantaggio anche dei diritti degli studenti. Tale ipotesi, che era tra quelle che il Ministro Zecchino aveva illustrato alle organizzazioni sindacali , è stata evidentemente abbandonata in favore di soluzioni più compiacenti nei confronti di note baronie accademiche;
il ruolo residuale della contrattazione anche per gli aspetti retributivi rischia di rendere estremamente difficile il rapporto tra retribuzione e qualità/quantità della prestazione docente. Sebbene il processo di delegificazione del rapporto di lavoro nel P.I., anche per quanto riguarda le più elevate professionalità, sia ormai generalizzato (è del luglio 1998, per ultimo, la legge che introduce procedure negoziali anche per i diplomatici ed i prefetti), il trattamento economico di base dei docenti è affidato ancora alla legge, ed è aggiornato ogni due anni su iniziativa del Ministro sulla base degli incrementi retributivi ottenuti dalle altre categorie del P.I.. Per quanto attiene alla retribuzione accessoria, la positiva previsione di accordi quadro nazionale, da stipulare nel confronto con le organizzazioni sindacali e le associazioni professionali dei professori e dei ricercatori universitari più rappresentative, deve essere rafforzata e precisata e comunque non appare certamente sufficiente ad assicurare, a livello di ateneo, trasparenza ed equità nella stipula dei contratti individuali, con il rischio del riprodursi di clientelismi e lobby accademiche. A tal fine, è indispensabile prevedere procedure negoziali a livello di ateneo per definire un contesto di riferimento comune e condiviso per la stipula dei contratti individuali e che tali procedure - sia a livello nazionale che periferico - abbiano ad oggetto anche le quantità economiche relativamente alle risorse destinate alla retribuzione accessoria.
A partire da questi punti qualificanti, in grado di modificare anche l'insoddisfacente impostazione complessiva del provvedimento, il sindacato confederale intende aprire un confronto puntuale con le Commissioni parlamentare e con lo stesso governo, assumendo al tempo stesso iniziative di dibattito e di confronto con la comunità scientifica e con le altre forze sociali, per una riforma che restituisca ai docenti ruolo e consenso sociale.
FFR CGIL
A. Ranieri
CISL
L. Ghisani
UIL
A. Foccillo
SNUR CGIL
M. Broccati
CISL UNIVERSITÀ
G. Acocella
UIL - P.A.
A. Civica