Concorsi: importante sentenza sui limiti della discrezionalità valutativa dei commissari
Il Consiglio di Stato interviene sull’abilitazione scientifica nazionale
Con sentenza n.01321/2019, estensore il Cons. Dario Simeoli, il Consiglio di Stato ha ordinato all’Amministrazione di rilasciare l’abilitazione alle funzioni di professore ordinario. La questione, di particolare importanza, riguarda le commissioni incaricate della valutazione ai fini del conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale (ASN) alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia. In caso di annullamento del giudizio di inidoneità, di norma, il TAR ordina al MIUR di nominare una nuova commissione, per la rivalutazione del docente a cui, illegittimamente, è stata negata l’idoneità. Non di rado succede che la rivalutazione inneschi una girandola di annullamenti da parte dei giudici amministrativi a cui seguono nuove rivalutazioni, con grande dispendio di risorse economiche e di tempo per l’amministrazione ed il cittadino. Il procedimento, di cui alla sentenza, si è protratto per ben sette anni!
La sentenza detta una sorta di decalogo alle commissioni, nominate a seguito di annullamento del giudizio di inidoneità, per il corretto esercizio del potere discrezionale nell’attività di rivalutazione. I commissari non dovranno incorrere nelle medesime violazioni già oggetto di accertamento del giudizio precedente, dovranno dare specifica motivazione in caso decidano di discostarsi dalle valutazioni positive dei titoli, ottenute dal candidato dalla originaria commissione, osservare la prescrizione della valutazione analitica delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli e la coerenza tra giudizio analitico delle pubblicazioni e giudizio di abilitazione.
L’importanza della decisione del Consiglio di Stato sta, tuttavia, nell’aver affrontato ed anche dato soluzione ad una problematica, di valore sociale ben superiore alla materia dei concorsi universitari.
Si tratta delle forme di tutela azionabili nel caso in cui l’amministrazione reiteri, con uguale risultato negativo, gli esiti di una selezione tecnica, già annullati da un provvedimento del giudice amministrativo.
Non è accettabile che il cittadino venga sottoposto a reiterate pronunce sulla medesima questione, per effetto della mancata conformazione dell’amministrazione al giudicato: questa la considerazione ferma da cui muove il giudice estensore. La problematica assume, tuttavia, aspetti peculiari con riguardo alle situazioni che assicurano al cittadino solo la possibilità di conseguire il bene finale. L’idoneità, infatti, costituisce solo il presupposto utile ad essere chiamato nelle funzioni di associato o ordinario, non è costitutiva del diritto all’accesso nei ruoli delle Università. In queste situazioni l’annullamento della valutazione di inidoneità illegittima è solo il mezzo per la realizzazione dell’interesse legittimo che resta, comunque, affidato nella sua esecuzione all’Amministrazione.
Ciò non vuol dire che anche in tali ipotesi il giudice non debba ricercare gli strumenti per dare garanzia di effettività all’interesse legittimo, cosi da evitare al cittadino di finire travolto nella ottusa kafkiana ragnatela della reiterazione dei giudizi e delle inadempienze amministrative.
Nel codice del processo amministrativo esistono gli strumenti che consentono al giudice di sostituirsi all’Amministrazione anche quando il fatto presupposto del potere, ad esempio l’idoneità non sia accertabile direttamente dal giudice ma necessiti della valutazione in sede amministrativa. Ciò è possibile ogni volta in cui la discrezionalità dell’amministrazione risulti esaurita o fortemente ridotta, cioè quando nella ricostruzione della vicenda processuale, sia desumibile una evidente “insanabile frattura del rapporto di fiducia tra Amministrazione e cittadino derivante da un agire reiteratamente capzioso, equivoco, contraddittorio, lesivo quindi del canone di buona amministrazione e dell’affidamento sulla correttezza dei pubblici poteri”.
E’ difficile dire se la sentenza del Consiglio di stato potrà indurre l’Amministrazione ed, in particolare, i professori universitari impegnati nelle commissioni di valutazione, ad un atteggiamento più rispettoso nei confronti delle aspettative del cittadino. Certo è che da sentenze, come questa, il cittadino trae fiducia nella giustizia amministrativa.