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Corriere della Sera: Ma gli intellettuali tacciono scoraggiati. L'economista Paolo Sylos Labini interviene nella discussione aperta dall'articolo di Angelo Panebianco sugli intellettuali di sinistra e la riforma della scuola e dell'università

In un breve arco di tempo Angelo Panebianco ha rivolto a me e ad altri un elogio (Corriere 13 dicembre) e poi una critica (29 dicembre).

11/01/2000
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di PAOLO SYLOS LABINI

In un breve arco di tempo Angelo Panebianco ha rivolto a me e ad altri un elogio (Corriere 13 dicembre) e poi una critica (29 dicembre). L'elogio riguardava il manifesto contro il progetto di trasformare senza concorso ventimila ricercatori in "professori di terza fascia". La critica riguardava il silenzio mio e di tanti altri intellettuali di sinistra per la scuola in generale e l'Università in particolare.

La riforma della scuola non è cosa da poco e l'impegno va misurato nel corso degli anni. Per quanto riguarda me, l'impegno per la scuola e l'Università è di data non antica, ma antichissima. Il primo intervento pubblico lo feci in un convegno del "Mondo" nel 1957. Il numero degli articoli è terribilmente lungo. C'è anche un libro sulla riforma universitaria scritto nel 1970 in collaborazione con Gabriello Illuminati.

Riassumerò alcune mie proposte sull'Università, limitandomi a quelle che forse possono essere tuttora rilevanti.

1. Concorsi. Circa due anni fa, con un mutamento di rotta del ministro Berlinguer di cui diedi atto, i concorsi vennero decentrati: fu attribuita un'ampia autonomia alle singole sedi e ora i concorsi si fanno col nuovo metodo. Sono state rivolte diverse critiche al nuovo metodo. Quelle più importanti riguardano l'eccessiva proliferazione dei concorsi e i "localismi". Sulla base di un esame dell'Osservatorio universitario del ministero non dovrebbe essere difficile trovare rimedi adeguati (per bloccare la proliferazione basterebbe un tetto nazionale di un concorso l'anno per area).

2. I tre livelli: diploma, laurea, dottorato. Non posso avversare questo progetto giacché era contenuto nel libro del 1970. Il successo o l'insuccesso dipenderà dal modo di attuazione: l'autonomia avrà un ruolo decisivo, tenendo però presente che dobbiamo adottare standard europei. Il rischio che il dottorato rappresenti una prosecuzione quantitativa del secondo livello può essere evitato se ad esso si attribuisce un forte contenuto di ricerca. Ma per far questo occorre rilanciare l'intera attività di ricerca - oggi le finanze pubbliche lo consentono. Occorre rafforzare il ruolo dei tecnici, evitando di trasformarli ope legis in professori.

3. Gli studenti che si laureano. Lo sappiamo: solo un terzo degli studenti giunge alla laurea. Più volte ho suggerito la seguente via di uscita: un colloquio di orientamento all'ingresso, un tetto più basso per il numero di anni in cui uno studente può restare fuori corso e un robusto aumento delle tasse, accompagnato da un altrettanto robusto aumento nel numero e nell'ammontare delle borse.

4. La valutazione dell'attività dei docenti. I controllori non possono essere i presidi, ma solo i consumatori del servizio, ossia gli studenti. Il controllo può servire a tutti, a cominciare dai docenti che credono al loro mestiere: sono avvantaggiati se sono messi in grado di conoscere le critiche ai loro corsi, chiarezza e grado di aggiornamento inclusi. Bastano poche regole per rendere efficace il metodo e rendere minimi i rischi, per esempio, escludendo gli studenti che non hanno sostenuto esami. Le valutazioni debbono riguardare anche la disponibilità dei docenti. Non è una proposta stravagante: il criterio è adottato da diverse università americane; in Italia è adottato da anni, con successo, dalla Bocconi. Cartellini segnatempo e altri controlli simili significherebbero la burocratizzazione, ossia la morte, dell'Università.

5. Le attività professionali dei docenti. È un problema complesso e difficile. Riguarda soprattutto medici, avvocati, commercialisti e ingegneri. Per i medici il progetto del ministro Rosy Bindi vorrebbe porre rimedio. Per quanto ho potuto capire, non va bene; potrebbe anzi far danni. Non sempre i docenti di medicina sono mossi dall'esecrabile fame dell'oro: spesso sono motivati da ideali professionali e vanno ascoltati. Meno gravi ma non meno difficili sono i problemi posti dagli altri professori-professionisti. Una soluzione civile va preparata studiando quelle adottate da altri Paesi, specialmente Olanda, Inghilterra e Stati Uniti.

Panebianco si lamenta anche del silenzio degli intellettuali di sinistra sulla riforma dell'intero sistema scolastico. Qui c'è la questione preliminare del rapporto fra scuola pubblica e scuola privata. La norma costituzionale "senza oneri per lo Stato" va rispettata, non aggirata. Da anni però mi sono convinto che è bene eliminare quella norma, che è diventata fomite d'infezione e impedisce una piena parità, non solo finanziaria, ma sotto l'aspetto della regolamentazione. Sono d'accordo con Galli della Loggia e con quel Vescovo che si è espresso nello stesso senso. La piena parità, abolita la norma, diverrebbe inevitabile e ciò sarebbe un passo avanti per tutti, laici e cattolici.

Caro Panebianco, è un po' buffo constatare che Lei attribuisce agli intellettuali di sinistra la capacità d'"imporre" al governo di tener conto dei loro pareri. Ma dove vive? Penso che se non pochi intellettuali di sinsitra stanno zitti, e non solo sulla scuola, è perché sono scoraggiati. Se ho votato e voterò in quest'area è solo perché per me qui il male, pur grave, è curabile, rispetto a un centrodestra che vedo come un male incurabile fino a quando sussiste quella disastrosa commistione fra pubblico e privato rappresentata dal conflitto d'interessi, che impedisce alla destra di svolgere il suo ruolo fisiologico.

La sanatoria riguardante i ventimila ricercatori per ora è stata bloccata (anche per merito di Panebianco): prova che qualche volta l'azione congiunta di temibili intellettuali di sinistra e di "biechi conservatori" può essere utile. Un'azione congiunta sarà necessaria, contro certi sindacati, anche di destra, e certi ordini professionali, quando verranno in discussione gli sbocchi legali dei tre titoli - l'ideale sarebbe far piazza pulita. La sanatoria non è solo questione di nome e non può essere giustificata richiamando la didattica: la ricerca non è meno importante. Il pericolo non è superato, considerate le molteplici forze che oggi si muovono in questa direzione: certi sindacati, un buon numero di politici, di sinistra e di destra, e diversi alti burocrati. La cosa atroce è che oggi, col nuovo sistema, incombe il pericolo della proliferazione dei concorsi. Forse gl'interessati e i loro sindacati non se ne sono resi ben conto. O forse, per comodità, preferiscono continuare a fare affidamento sulla prece: ope legis, ora pro nobis.