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CUN: Parere sul disegno di legge di riforma dello stato giuridico

Parere su: ddl "Disposizioni in materia di stato giuridico dei professori universitari"

30/03/2000
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La presentazione da parte del Ministro Zecchino di una proposta organica di stato giuridico rappresenta un segnale di svolta nei confronti di una ultradecennale prassi di interventi disorganici e spesso incoerenti che ha reso infine uno strumento, quale lo stato giuridico, un fine in sè. Si è venuta così a determinare una situazione di tale complessità da rendere problematico un intervento di tipo riformatore che sia qualcosa di diverso rispetto ad una rassegnata accettazione dell'esistente.

Lo stato giuridico deve collocarsi nel quadro del modello di università organico e coerente che in questi anni si va delineando nell'attuazione dell'autonomia per dare una risposta efficace alla domanda di crescita sociale, politica scientifica e culturale che lo sviluppo della società civile e la globalizzazione richiedono.

Per questi motivi, occorre procedere nell'intervento distinguendo nettamente tra gli obiettivi ottimali a regime e quelli che ispirano il processo di transizione dal vecchio al nuovo. È necessario evitare di assumere la questione dello stato giuridico dei docenti in modo autoreferenziale e fare invece riferimento ad esso come momento per ridisegnare una università in grado di essere centro propulsore della innovazione scientifica e dell'alta formazione, anche professionale, delle quali il Paese ha bisogno.

La complessità della situazione richiede ponderazione e acquisizione del necessario consenso nell'Università e il più possibile nella società, senza che ciò debba impedire l'approvazione in tempi rapidi di un nuovo "stato giuridico dei docenti".

Dato lo stretto rapporto che intercorre tra questo intervento e quello che coinvolge il nuovo assetto dell'università determinato dal Regolamento sull'autonomia didattica (DM 509 - 99), è opportuna una sua trasformazione da "collegato" alla legge finanziaria 1999 in Disegno di Legge autonomo, in modo da dedicare ad esso tutti gli approfondimenti necessari.

L'attuale stato giuridico fondato sul DPR 382/80, è ormai largamente incoerente con il principio dell'autonomia. Questa estraneità diverrà sempre più accentuata con il delinearsi della nuova architettura del sistema e l'assunzione come punto di riferimento costante del processo di armonizzazione europea. A questo modello occorre che faccia riferimento il nuovo stato giuridico, il quale, dunque, non può essere assunto come realtà a sè stante, ma deve essere considerato strumento imprescindibile per la realizzazione del modello, non teorico e astratto, ma che si va delineando, nei tratti essenziali, sulla base di un complesso di norme in vigore. Anche sulla base dei risultati della giornata di studio su "Stato giuridico dei docenti e modello di università" organizzata dal CUN con il concorso ampio e particolarmente significativo delle VII Commissioni parlamentari della Camera e del Senato, delle rappresentanze sociali e delle forze politiche, con la presenza dei responsabili dei maggiori centri della vita culturale, è dunque opportuno richiamare, da un lato i principi e dall'altro gli obiettivi che si intendono raggiungere al fine di individuare i criteri che devono servire alla elaborazione del nuovo stato giuridico, tenendo presente che tali principi di riferimento dovranno inoltre essere applicati a tutti i professori universitari, indipendentemente dalla facoltà di appartenenza.

1. l'Università è sede primaria della ricerca e la didattica ne costituisce la necessaria esplicazione;

2. l'Università è soggetto primario del trasferimento tecnologico e culturale verso il tessuto sociale e produttivo.

3. ai professori è garantita la piena libertà di ricerca e di insegnamento;

4. lo studente è centro e fine della formazione scientifica, umana e professionale;

5. l'armonizzazione europea costituisce valore e insieme obiettivo da perseguire.

Corollario di questa struttura propositiva deve essere l'elevazione dell'autonomia a sistema. Ciò è particolarmente urgente, per superare la situazione anomala esistente che spesso oscilla tra forme di neocentralismo ed elementi del tutto avventati di de-regolazione, non di rado enfatizzati a livello di singola sede.

Per quanto riguarda gli obiettivi da esplicitare come base dell'intervento, il nuovo intervento riformatore potrà contribuire all'innalzamento qualitativo e quantitativo del livello della ricerca scientifica, alla progressiva riduzione del divario tra durata legale e durata reale dei curricula di studio, alla crescita della percentuale del numero dei laureati per anno, a una migliore distribuzione del rapporto docente-studenti, a un apprendimento più personalizzato, a una formazione specialistica attenta alle esigenze di innovazione del paese. Tutto questo richiede un mirato impegno dei docenti e insieme vede come pregiudiziale l'ampliamento del personale a supporto della didattica e della ricerca, ancora del tutto insufficiente.

La costruzione di uno "stato giuridico" adeguato al modello sotteso a questi principi e obiettivi deve obbedire non solo all'individuazione di diritti e doveri, ma deve soprattutto tendere a delineare un quadro normativo in grado di valorizzare pienamente tutte le risorse umane presenti oggi nell'università, di consentire la mobilità, di favorire l'accesso di nuove leve, di garantire livelli fisiologici di turn-over, di accrescere la qualità della ricerca e una didattica capace di stare ai tempi dei sempre più accelerati ritmi di innovazione.

La valorizzazione degli apporti degli Atenei deve procedere con l'assunzione contestuale da parte del MURST di un'incisiva funzione di indirizzo, programmazione e incentivazione. Questo impone tuttavia la costruzione e la messa a punto di un responsabile, efficiente ed efficace sistema nazionale delle autonomie. In questo senso, occorre che il sistema, attraverso l'azione del CUN e della CRUI, distinta nelle responsabilità e nelle funzioni ma congiunta negli obiettivi, si doti di strumenti di monitoraggio e di coordinamento capaci di potenziare gli elementi di autogoverno del sistema.

Sul fondamento di questa logica, occorre, anche in materia di stato giuridico, fissare a livello nazionale principi e contenuti di base per il rinnovamento del corpo docente di Ateneo.

Agli Atenei spetterà la responsabilità di provvedere all'armonico sviluppo delle diverse fasce di docenza destinando in concreto le risorse necessarie, il compito di individuarne l'impiego ottimale nella ricerca e nella didattica, le forme di impegno complessivo e le opportune procedure di valutazione, considerando la necessità di sostenere l'attività di ciascun docente con adeguate risorse strutturali e finanziarie.

Al Ministro e al sistema di valutazione nazionale competerà di monitorare costantemente gli esiti e di determinare le basi per l'adozione di una politica severa di incentivi e disincentivi tali da garantire il perseguimento degli obiettivi prefissati. La logica della competizione e quindi del miglioramento del livello della ricerca e dell'offerta formativa promossa dall'autonomia potrà contribuire alla determinazione di equilibrati standard in grado di affermarsi a livello nazionale.

Occorre infine richiamare l'attenzione su due ulteriori aspetti di carattere generale.

1. La realtà attuale vede accanto al corpo accademico strutturato, di cui deve essere comunque garantito in ogni sede un livello numerico sufficiente, un insieme di risorse umane qualificate alle quali si fa ricorso, a diverso titolo in ogni Ateneo, per raggiungere gli obiettivi della ricerca e della didattica. A tale complessa realtà fanno riferimento una gamma di relazioni, che vanno dall'incardinamento nel ruolo e dal rapporto esclusivo di tempo pieno, fino alle differenti forme di contratto di diritto privato con personale non strutturato, variamente utilizzato. Questo dato di partenza rende possibile introdurre un ventaglio di possibili forme di intervento accessorio incentivante, anche se il CUN ritiene che, in coerenza con i garantiti valori costituzionali di libertà e indipendenza debba riaffermarsi il principio che il trattamento economico di base dei docenti continui ad essere regolato dalla legge.

2. Il Paese deve impegnare nell'università importanti risorse aggiuntive se vuole innalzare il livello della ricerca scientifica e adottare parametri europei nella formazione. È infatti del tutto impossibile operare nel quadro dell'armonizzazione europea mantenendo scarti così rilevanti sul piano dell'impiego delle risorse in rapporto al PIL rispetto a quanto avviene nei Paesi europei anche meno avanzati. L'armonizzazione europea è certamente un problema di ordinamenti e di strutture, ma implica e costringe anche all'adozione di standard condivisi e credibili. Senza il necessario sforzo e senza un impegno prioritario del Paese per l'adozione di congrue decisioni sul piano degli investimenti, l'armonizzazione rischia di apparire uno slogan senza significato politico reale, e di condannare il sistema universitario e la società italiana all'emarginazione. A standard europei occorre fare riferimento naturalmente anche in ordine ai vari problemi relativi allo stato giuridico dei professori.

Il CUN accoglie con soddisfazione l'impegno manifestato dal Ministro alla VII Commissione della Camera dei Deputati di proporre nel prosieguo della trattazione parlamentare i seguenti emendamenti:

1. l'eliminazione del tetto previsto all'art. 2 comma 3 del DDL concernente la determinazione dell'organico dei professori ordinari;

2. il superamento dei disposti di cui all'art. 5 comma 2 circa il passaggio ai dipartimenti delle responsabilità relative alle chiamate, ai trasferimenti e alla destinazione dei posti di ruolo e dei commi 4 e 5 dell'art. 5 circa la costituzione e la definizione ex lege delle competenze delle giunte di Facoltà;

3. la radicale revisione dell'erronea curva stipendiale prevista dal disegno di legge (art.6);

4. la garanzia della tutela dei diritti quesiti da ciascun docente anche ai fini della determinazione dell'età pensionabile.

Il CUN ravvisa in questo atteggiamento del Ministro una responsabile valutazione della esigenza di rispetto di importanti realtà culturali e strutturali e una opportuna valorizzazione dell'autonomia degli Atenei, per un migliore impiego delle risorse umane, ed una doverosa considerazione delle professionalità.

Entrando più analiticamente nell'esame della proposta del Governo il CUN osserva quanto segue.

1. Il disegno di legge sembra assegnare alla funzione istituzionale di ricerca scientifica che compete ai docenti una importanza relativamente minore rispetto a quella assegnata alla funzione didattica. Infatti malgrado le affermazioni di principio sullo status dei professori universitari, il disegno di legge configura l'impegno del docente sempre in termini di attività didattica (con misurazione delle ore di insegnamento) sicchè a questa sembrano doversi collegare in modo prevalente sia l'impegno obbligatorio del docente con il correlato trattamento economico fondamentale sia gli impegni facoltativi regolati da contratti integrativi e supportati dal trattamento economico integrativo.
Il CUN reputa che gli impegni orari debbano essere trasformati in indicazioni di massima, entro i cui limiti la determinazione concreta venga poi attuata da parte delle strutture didattiche e scientifiche. Trova opportuno inoltre che possano essere previste incentivazioni specificamente legate alla valutazione della ricerca.

2. Il CUN ritiene che il ruolo unico dei professori universitari sia articolato, a regime, in due fasce di professori e in una terza fascia di professori ricercatori anche con funzione di reclutamento con permanenza a termine. Questo modello trova corrispondenza nei sistemi universitari di altri paesi europei.
Il CUN ritiene che, sia in rapporto all'attuale situazione, sia con riferimento al contesto che si determinerà nei prossimi anni, sia opportuno istituire oggi questa terza fascia di professori, nella quale potranno essere inquadrati a domanda gli attuali ricercatori confermati e, tramite valutazione comparativa, giovani studiosi per un tempo determinato.
L'istituzione di tale fascia consentirà il riconoscimento di un adeguato stato giuridico agli attuali ricercatori confermati, valorizzandone la professionalità, permettendo l'attuazione completa del processo di riforma legato all'autonomia didattica, e stabilendo le condizioni per un graduale superamento delle difficoltà derivate dal lungo blocco dei concorsi.
Occorre legare l'istituzione della terza fascia ad un complesso di interventi normativi che riducano al massimo la permanenza in essa degli attuali ricercatori e, insieme, promuovano una politica di nuovo reclutamento. In particolare dovranno essere individuati incentivi che facilitino il bando di procedure valutative verso la prima e la seconda fascia e la mobilità dei docenti; deve essere garantita una regolarità di flussi nelle cadenze concorsuali; vanno inoltre previsti incentivi per il congedo anticipato dei docenti anche al fine di agevolare l'accesso dei giovani. Entro un arco di tempo ragionevole, una volta completata la fase di avvio della riforma relativa all'autonomia didattica, si potrà valutare l'opportunità di ulteriormente regolare questo canale che è insieme di transizione e di nuovo reclutamento.

3. In relazione al problema dei diritti elettorali dei docenti, il CUN riconferma quanto approvato nel parere generale n. 30 del 17 giugno 1999, concernente la proposta di legge di "Istituzione della terza fascia del ruolo dei professori universitari". In particolare il CUN ritiene che mentre l'elettorato attivo dovrebbe essere assegnato con norma di legge a tutte e tre le fasce dell'unico ruolo docente, eventualmente nelle forme ponderate previste dagli statuti anche in relazione alla consistenza dei corpi accademici, gli statuti dovranno prevedere, per le tre fasce, diverse estensioni dell'elettorato passivo, riservando comunque per legge la carica di Rettore ai professori di prima fascia e quella di Preside ai professori di prima e seconda fascia. Analogamente alla configurazione degli elettorati passivi, gli statuti dovranno prevedere la composizione degli organi di governo, che potrà essere differenziata da sede a sede secondo la consistenza del corpo accademico e del personale tecnico-amministrativo e dovrà comunque assicurare una significativa presenza delle tre fasce di professori universitari.

4. Il CUN rileva che l'attuale normativa sul tempo pieno e tempo definito non risponde più allo scopo per il quale era stata introdotta. Ciò è attestato dall'elevatissimo numero di docenti che hanno optato per il tempo pieno rispetto al tempo definito, dalla indeterminatezza nella individuazione nelle diverse forme di impegno professionale e dalla loro differente valutazione in ordine all'impatto sul sistema universitario. È opportuno, perciò, un intervento normativo adeguato al fine di stabilire una doverosa incentivazione dell'effettivo impegno didattico e di ricerca.
La materia delle autorizzazioni deve però trovare soluzioni più precise di quelle prospettate e debbono tener conto della necessità di mantenere il contatto con il mondo delle professioni e facilitare il trasferimento delle conoscenze e dei risultati della ricerca, avvalendosi di forme, modalità e contratti di diversa tipologia, atti a definire differenti regimi di impegno nei confronti dell'università non solo in termini di trattamento economico, ma anche di diritti e doveri. Nel rispetto dell'unitarietà dello stato giuridico, tali criteri devono ispirare la regolamentazione dell'attività di tutti i docenti universitari ivi compresi quelli della facoltà di medicina e chirurgia.

5. Il CUN ribadisce con forza che una riforma dello stato giuridico della portata di quella presentata non può essere attuata con l'impiego di limitate risorse. Nel merito, il CUN ritiene che le retribuzioni dei professori debbano essere complessivamente raffrontabili con quelle dei docenti degli altri paesi europei, incentivando soprattutto coloro che decideranno di svolgere la propria attività all'interno degli atenei.
Analisi specifiche condotte sulle tabelle stipendiali presentate nel ddl mostrano che il trattamento economico previsto a regime porta qualche miglioramento solo ai primi stadi della carriera, mentre si risolve addirittura in un netto peggioramento per i gradi più elevati del professore ordinario. Opportuna è pertanto, la dichiarata disponibilità del Ministro a presentare su ciò emendamenti.
Il CUN ritiene, anche alla luce della situazione esistente nelle altre Nazioni Europee, che vada rivista la differenza retributiva oggi esistente tra la prima e la seconda fascia della docenza, che in questi anni ha creato e crea notevoli difficoltà.

6. In merito all'art. 10 relativo ai contratti di tirocinio il CUN rinvia alla proposta complessiva già avanzata al punto 2. Comunque rileva che la normativa proposta nel disegno di legge appare lacunosa anche perchè non precisa nè a chi compete la definizione delle modalità e dei contenuti dei contratti nè definisce il trattamento economico, che dovrebbe - quanto meno - essere congruo. Manca infine il necessario raccordo tra dottorato di ricerca e tirocinio.

7. Il CUN ritiene infine che sia indispensabile garantire a tutti gli attuali docenti i diritti quesiti e l'opzione tra il mantenimento dell'attuale stato giuridico ed economico e quello che potrà introdurre la riforma.