Dichiarazione del Coordinamento Nazionale delle Conferenze dei Presidi di Facoltà
Dichiarazione sullo stato giurdicio dei docenti universitari
Il Coordinamento Nazionale delle Conferenze dei Presidi di Facoltà, riunito a Roma lunedì 11 luglio 2005 con la partecipazione di rappresentanti della CRUI e del CUN, condivide anzitutto il giudizio negativo che sta emergendo nelle Università sul testo del DDL sullo stato giuridico dei docenti licenziato dalla Camera e, più specificamente, esprime all'unanimità le seguenti valutazioni.
1. La richiesta già avanzata da tempo di attivare sullo stato giuridico un meccanismo analogo a quello dei Tavoli tecnici, sperimentato con successo sugli ordinamenti didattici, è incompatibile con il metodo di continui spostamenti delle proposte e con lo stillicidio di trattative su
punti-chiave. Quello di cui si avverte l'esigenza è un testo e un impianto definito con chiarezza e che sia un punto di riferimento stabile per il dibattito. La dinamica di quanto è successo nel passaggio parlamentare della proposta governativa indica con chiarezza esemplare che il giudizio del Coordinamento Nazionale è argomentato e tutt'altro che pregiudiziale. E' saltato di fatto un qualunque disegno strategico coerente, che dovrebbe sorreggere un programma di modificazione di un'istituzione strategica contro la recessione culturale ed economica del Paese come l'Università. Il risultato degli aggiustamenti successivi finisce per essere persino contraddittorio con il testo di partenza, e rende comunque implausibili gli sforzi di apertura su un testo radicalmente compromesso.
2. L'obiezione avanzata contro l'architettura di sistema (non) disegnata dalla Riforma costringe il Coordinamento Nazionale a segnalare i punti di maggior distanza e criticità, anche per dar voce ai soggetti più "deboli" della comunità universitaria.
Il punto di maggior disagio è unanimemente visto nell'indefinizione e, dunque, nell'allungamento della precarietà iniziale delle carriere. Tutti consentono che ci debba essere una fase di verifica e di maturazione, ma, da una normativa sul reclutamento, è logico attendersi che essa risulti più chiaramente definita in termini di stabilizzazione di quanti abbiano dato prova di capacità e di merito. Il gioco combinato della vaghezza normativa e dei vincoli sulle risorse finisce invece per dare ai giovani in attesa un segnale chiaro: un sistema universitario sottofinanziato rispetto all'Europa non si può permettere una seria riforma dell'accesso alla docenza universitaria.
3. Anche per i ricercatori il linguaggio del DDL è sostanzialmente mortificante. La proposta dell'"aggregato" finisce per apparire puramente retorica e comunque liquidatoria di una terza fascia docente, su cui si era invece registrato un consenso discretamente ampio nel mondo dell'Università. L'equilibrio proposto punta a una logica da "biglietto da visita", non innova minimamente rispetto alla 382 e, soprattutto, finisce per essere una fotocopia non generosa di ciò che i ricercatori già svolgono nella didattica universitaria.
4. Alla segnalazione della necessità di un'energica inversione di attenzione per i soggetti in attesa di risposte dalla politica e dalle istituzioni, il DDL concede soltanto lo sfogo della riserva di posti nei concorsi successivi. E' una proposta che, soprattutto nel clima attuale, rischia essere offensiva delle prese di posizione che provengono dalle istituzioni accademiche di tutto il Paese.
In un contesto caratterizzato da un così rilevante pronunciamento comune, anche il Coordinamento Nazionale dei Presidi di Facoltà denuncia all'opinione pubblica, al Parlamento e al Governo del Paese, la crisi che potrebbe verificarsi negli atenei per l'impossibilità di garantire l'apertura di molti corsi di studio già dal prossimo autunno, in presenza di un'approvazione di forza del DDL nella sua attuale stesura.
Il Coordinamento Nazionale chiede inoltre al giornalismo italiano uno sforzo inedito di più sereno approfondimento dei punti di crisi degli atenei e dello stesso stato giuridico, nel contesto di una più chiara valorizzazione dell'Università come bene comune e risorsa per il Paese. Non deve, ad esempio, sfuggire la serena consonanza di posizione tra organismi diversamente rappresentativi delle istituzioni accademiche, come il Consiglio Universitario Nazionale (CUN), la Conferenza dei Rettori (CRUI) e il Coordinamento dei Presidi di tutte le Università italiane.
Roma, 11 luglio 2005