I provvedimenti del Ministro Gelmini sull’Università
E’ facile affermare il principio del merito, più difficile realizzarlo.
Venerdì 24 luglio il Governo ha varato un pacchetto di provvedimenti sull'Università, attesi da tempo in quanto adempimenti previsti da norme esistenti: dalla distribuzione di una quota di finanziamento con modalità selettive basate sulla qualità degli Atenei, alle regole per la formazione delle commissioni di concorso per l'accesso e la progressione di carriera dei docenti (entrambi in adempimento delle norme previste dalla Legge 1/2009), all'annunciata riduzione dei corsi di studio, all'avvio dell'Agenzia per la valutazione del sistema universitario e di ricerca.
Su quest'ultimo punto occorre ricordare che l'Agenzia fu varata dal Ministro Mussi, con molti rilievi da parte nostra su un Regolamento che appariva troppo pesante e farraginoso, ma successivamente bloccata proprio dal Ministro Gelmini; e finalmente oggi resuscitata. Occorre ora leggere con attenzione il nuovo Regolamento per capire se si è posto rimedio alle criticità che l'impianto precedente presentava.
Il provvedimento, fissando le regole per le Commissioni di concorso, consente poi lo sblocco delle procedure concorsuali ordinarie e straordinarie, sia quelle previste dai fondi del Ministro Mussi per l'accesso di ricercatori, sia quelle ordinarie bandite e poi sospese. Anche se i tempi per il decreto erano di trenta giorni (10 febbraio 2009), almeno sarà adesso possibile utilizzare i pur ristretti spazi che la Legge 1/2009 consente per reclutamento e progressione.
Sulla distribuzione dei finanziamenti a carattere premiale, che riguarda un 7% del totale del FFO, abbiamo da tempo manifestato il nostro accordo, sostenendo che tale pratica deve estendersi a quote anche più significative del totale dei fondi. Resta fermo il fatto che una modifica dei criteri distributivi non aggredisce il nodo fondamentale che affligge il nostro sistema, e cioè la carenza di fondi in termini assoluti: distribuirle meglio non risolve la penuria delle risorse. Da questo punto di vista non possono sfuggire al Governo le conseguenze che già oggi, ma a maggior ragione dal 2010, le Università si troveranno a fronteggiare: conseguenze sulla didattica e la ricerca, sul personale, sulla ricerca febbrile di risorse finanziarie utilizzabili. Diversi Atenei stanno già programmando una conseguenza che era facilmente prevedibile: l’aumento, in qualche caso molto cospicuo, delle tasse universitarie e la riduzione delle agevolazioni. Se il Ministro intende, come dice, rimettere mano al diritto allo studio, questo diventa un punto fermo da cui partire: nessun incremento delle tasse.
Ora però occorre un'attenzione critica puntuale nei confronti dei criteri utilizzati, per evitare che alle buone intenzioni corrispondano cattive pratiche. E' infatti necessario affinare alcuni criteri sulla carta condivisibili, come quelli che riguardano la qualità della didattica e della ricerca; pare infatti che i dati sui quali si è costruita la classifica siano vecchi di 4 o 5 anni, e non rispecchino quindi una lettura aggiornata dello stato dell'arte degli Atenei; mentre altri criteri appaiono del tutto arbitrari: che cosa significa, in un'ottica di sistema nazionale, utilizzare come criterio premiale il tasso di occupazione dei laureati a tre anni? Si può valutare la qualità dell'Ateneo di Palermo mettendolo sullo stesso piano di Padova o di Torino, che hanno mercati del lavoro radicalmente diversi e incomparabili? o valutare allo stesso modo l'occupabilità di un laureato in Ingegneria e uno di Lettere antiche? In questo modo si creano graduatorie che non tengono conto dell'effettiva qualità degli studi svolti, e quindi del valore dell'Ateneo, ma solo del contesto in cui si trova ad operare e delle sue caratteristiche disciplinari. E il risultato è inevitabilmente un approfondimento della differenza delle condizioni materiali già esistenti, in particolare tra Nord e Sud, e tra ambiti scientifici ed ambiti umanistici. Non solo: il rischio è quello di creare nei fatti, e di sancire in via formale, la definizione di un corpo di Università d'élite, assecondando e promuovendo quel processo di frammentazione del sistema universitario che è già spontaneamente in corso negli ultimi anni, e che andrebbe, a nostro avviso, invece contrastato; nella convinzione che obiettivo prioritario dell'azione di Governo dovrebbe essere l'elevamento della qualità media del sistema, piuttosto che la sola crescita di punti di eccellenza, che servono, ma non bastano ad un’idea di sistema nazionale dell’alta formazione.
Si apra allora, da parte del Ministero, un confronto che consenta di affiancare, all'avvio di un processo di riconoscimento della qualità, l'individuazione di criteri condivisi e riconoscibili da tutti come indicatori e misuratori effettivi del merito.
Altrimenti siamo di fronte ad un'operazione condivisibile nelle intenzioni, ma nei fatti monca e squilibrante, destinata ad aggravare le condizioni di una parte già fortemente sofferente del sistema universitario.
Roma, 27 luglio 2009