Il Messagero: La legge del riordino.E nelle Università i ricercatori sono in rivolta: non faremo i tutor
Anche per i professori universitari gli esami non finiscono mai.
ANNA MARIA SERSALE
Anche per i professori universitari gli esami non finiscono mai. La loro attività didattica e scientifica sarà sottoposta a "valutazione" ogni quattro anni. Chi saranno gli "esaminatori"? Per ora non si sa. Però una cosa è certa: soldi, incarichi e responsabilità saranno commisurati all'impegno effettivamente profuso. Lo prevede l'articolo 8 della legge in discussione in Parlamento sul riordino della docenza universitaria. Nessuno contesta il principio che la progressione di carriera sia legata al merito.
Ma non è escluso che in un futuro non lontanissimo i docenti universitari si ritrovino alle prese con gli stessi problemi dei loro cugini che nella scuola media non hanno ancora sciolto il nodo del chi e come dovrà valutarli. La meritocrazia è parte fondamentale del pacchetto di norme che rivoluzioneranno l'assetto della docenza, tassello mancante della riforma del sistema avviata da alcuni anni. Prima l'autonomia degli atenei e la selezione degli accessi, poi la riforma del "tre più due", ovvero una laurea di primo livello, tre anni, e di specializzazione, altri due. Ora un pacchetto di nuove norme sullo stato giuridico.
Lo scopo: ridare efficienza alle università, ridurre le percentuali, catastrofiche, di dispersione e fuori corso (su un milione di iscritti 600 mila stazionano nella fascia dei fuori corso). Non ultimo spingere gli atenei alla competizione. "Tutto ciò - ha sempre sostenuto il ministro dell'Università Ortensio Zecchino - senza abbassare gli standard educativi".
Alle facoltà l'onere di fronteggiare con corsi aggiuntivi gli iscritti impreparati, garantendo il sostegno con la presenza di tutor che dovrebbero occuparsi di piccoli gruppi di studenti. E qui si spalanca il baratro. Chi si occuperà dell'attività di tutoraggio? "Noi no, ci rifiutiamo - affermano a ranghi compatti i ricercatori aderenti all'Anru -. Ordinari ed associati hanno già risposto picche e poichè nessuno vuole accettare l'incarico, il governo pensa di scaricare sui ricercatori il problema". "Nella riforma - afferma Federico Bianco, uno dei rappresentanti dell'Anru, l'associazione nazionale di categoria - è sparita la figura del ricercatore, che dovrebbe entrare con un automatismo in una terza fascia di supporto. Il governo ha così pensato di prendere due piccioni con una fava: ai ricercatori la grana dei tutorati in cambio dell'agognato titolo di professori... di terza fascia. Ebbene, non ci interessa. Il tutor non può essere un anziano docente frustrato e demotivato. Abbiamo in media 55 anni, ne dovremmo avere 32. Ci opporremo all'inserimento forzoso, non ci faremo cambiare d'imperio lo stato giuridico, a costo di aprire vertenze".
Il riordino della docenza scuote il mondo accademico. A giudizio di gran parte dei docenti su alcuni punti va aggiustato il tiro. "Non tutto è convincente", dicono i professori. E dal momento che il Parlamento sembra intenzionato a licenziare in tempi brevi il disegno di legge presentato da Zecchino, ieri si è svolto a Roma un incontro di accademici venuti da mezza Italia.
Ecco i contenuti principali della nuova legge:
1) ruolo unico dei docenti, distinto in due fasce: ordinari ed associati (spariscono i ricercatori);
2) Il numero degli ordinari non potrà essere superiore ad un quinto (!) del totale dei docenti;
3) l'attività didattica prevede complessivamente 500 ore annuali, di cui almeno 120 dedicate a "lezioni frontali", seminari ed esercitazioni;
4) contratti a tempo pieno (più soldi), e contratti a tempo definito (con possibilità di esercitare incarichi esterni);
5) valutazione del merito: ogni 4 anni verifica dell'attività didattica.