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Il Sole 24 ore: Sempre più aspre le polemiche sullo stato giuridico dei docenti e la doppia laurea (tre anni più due). Una riforma da migliorare. Il rifiuto in blocco si risolve in un sostegno agli immobilisti. Più utile la critica su punti specifici

Su una cosa siamo tutti d'accordo: nei prossimi decenni la competitività dell'Italia dipenderà in larga misura dalle riforme scolastiche e universitarie in discussione in questi mesi. é dunque un bene che su di esse si discuta anche con toni accesi.

05/01/2000
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Andrea Casalegno

La discussione però sarà più utile se sarà meno generica e più circostanziata: non pro o contro le riforme in blocco, o, peggio, pro o contro il Governo che le sostiene.

Le riforme dell'istruzione, rivolte per loro natura ai tempi lunghi, dovrebbero sottrarsi allo scontro politico di breve periodo; compreso quello tra maggioranza di Governo e relativa opposizione. Il loro obiettivo è l'interesse del Paese. é vero che questo viene interpretato in base alle grandi scelte di campo che guidano lo scontro politico. Sul miglioramento della scuola, dell'università e della ricerca dovrebbero però essere possibili intese trasversali, basate sui bisogni comuni.

Angelo Panebianco attacca le riforme educative "della sinistra" ("Corriere della sera", 29 dicembre 1999), accusandola di perseguire uno scambio "tra quantità e qualità": cioé di voler accrescere il numero dei diplomati e dei laureati, in Italia troppo basso rispetto agli altri Paesi industriali, livellandone la preparazione. é, senza dubbio, un rischio reale. Ma, invece di entrare nel merito, Panebianco dà per scontato che proprio questo scambio sia, nella perversa visione della sinistra, l'obiettivo della riforma; mentre i suoi intellettuali, che privatamente mugugnano, si guardano bene dal prendere apertamente posizione in difesa degli studi.

Un attacco generico induce genericità nella difesa. Chiamati in causa da Panebianco, il sottosegretario all'Università Luciano Guerzoni (ieri sul "Corriere della sera") e Umberto Eco (ieri su "la Repubblica") hanno risposto con argomentazioni generali di segno opposto; che non sono di grande aiuto per chi non abbia già compiuto un'autonoma scelta di campo.

In realtà i due schieramenti - destra e sinistra, ma anche fautori e oppositori delle riforme - sono più articolati di quanto farebbe pensare l'attuale polemica.

A Panebianco, per esempio, è sfuggita la lettera aperta in dieci punti al ministro Ortensio Zecchino sintetizzata sul Sole-24 Ore del 4 dicembre. Scritta e firmata da storici torinesi di sinistra, la lettera muove alle attuali riforme critiche dure e circostanziate, su punti precisi: l'imitazione maldestra dei modelli europei, il rischio di dequalificare gli studi, il mancato riconoscimento del nesso tra insegnamento e ricerca, le risorse insufficienti, la dilatazione dei compiti burocratici dei docenti, i contratti di tirocicnio. E su questi punti ha raccolto molte firme "trasversali" rispetto allo schieramento destra/sinistra. In questo modo la comunità dei docenti è chiamata a confrontarsi sul merito dei problemi.

"Il Sole-24 Ore" cerca di ispirarsi allo stesso metodo. Prima ha informato i lettori sul contenuto delle riforme universitarie: dal regolamento sull'autonomia didattica (che prevede una laurea di primo livello, triennale, e una laurea "specialistica", quinquennale, per tutte le facoltà) allo stato giuridico dei docenti (con l'aumento a 120 ore del carico didattico, annunciato per la prima volta dal Sole-24 Ore il 30 ottobre). Poi ha ospitato una serie di interventi critici, anche molto severi. Ma tutti su punti specifici.

Critici, per fare qualche esempio, sul rapporto tra laurea triennale e quinquennale (21 settembre), sulla preparazione dei giuristi (2 ottobre), sul "ciclo breve" (9 e 30 ottobre), sul rischio del "voto di scambio" tra sedi, favorito dalla nuova formula dei concorsi (13 novembre), sui contratti di tirocinio (20 novembre), sul "numero chiuso" (27 novembre), sulla burocratizzazione e la falsa autonomia (28 novembre e 1° dicembre), sulla crescente difficoltà per le sedi di chiamare docenti "esterni" (4 dicembre), sulla promozione indiscriminata dei ricercatori (17 dicembre). E oggi, in questa pagina, sul valore legale dei titoli di studio e sullo stato giuridico dei docenti. Al tempo stesso, "Il Sole-24 Ore" ha dato spazio alle risposte argomentate del sottosegretario Guerzoni (19 dicembre) e a chi, all'interno dell'università, è favorevole alle riforme, pur senza nascondersene i rischi (28 dicembre).

Questo è appunto l'atteggiamento prevalente negli atenei: sostegno alle linee generali delle riforme, con qualche apprensione e molte richieste di miglioramento su punti specifici. Lo dimostrano anche i colloqui con numerosi rettori e presidi di facoltà dell'area nord-orientale, pubblicati sul supplemento "Nord-Est" del Sole-24 Ore del Lunedì.

Se questo è vero, un attacco generico alle riforme rischia oggi di tradursi in sostegno all'immobilismo e alla storica tara delle politiche educative in Italia: la prassi dei veti incrociati. Una critica costruttiva su punti specifici sarebbe più utile. Le riforme - nelle intenzioni - non mirano a scambiare qualità con quantità, ma a laureare più giovani in tempi più brevi. Non è detto che ciò debba avvenire a scapito della preparazione, né per le lauree triennali né, tanto meno, per quelle di cinque anni. Dipenderà dalle risorse: oggi l'Italia produce pochi laureati anche perché investe sull'università assai meno degli altri Paesi industriali.