La FLC sulla riforma degli ordinamenti universitari
La Segreteria Nazionale della Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil, non condivide il parere della Commissione VII della Camera dei Deputati favorevole, pur con richieste di modifica, allo schema di Decreto di riforma della regolamentazione degli ordinamenti didattici universitari, e ribadisce la propria contrarietà
Università
16 giugno 2004
La Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil
sulla riforma degli ordinamenti universitari
La Segreteria Nazionale della Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil, non condivide il parere della Commissione VII della Camera dei Deputati favorevole, pur con richieste di modifica, allo schema di Decreto di riforma della regolamentazione degli ordinamenti didattici universitari, e ribadisce la propria contrarietà:
All’introduzione di modifiche prima che sia stato compiuto un adeguato monitoraggio dell’esperienza fatta.
Solo attraverso un’attenta riflessione sull’esperienza maturata – oggi impossibile, visto che si è appena concluso il primo ciclo di lauree triennali – sarebbe stato possibile individuare quanto delle innovazioni ritenute avrebbe dovuto passare attraverso modifiche nella normativa nazionale, quanto attraverso un diverso uso degli spazi di autonomia di ciascun Ateneo, quanto infine attraverso un ripensamento delle scelte concrete di applicazione del modello 3-2.
al percorso ad “Y”.
Secondo questo schema, dopo un anno comune, i percorsi che portano alla laurea triennale si biforcano in un indirizzo che trova il suo sbocco naturale e, forse, obbligato nella laurea di secondo livello ed un altro diretto all'acquisizione di specifiche competenze professionali, frequentato il quale sarà difficile, se non impossibile, accedere al corso di laurea di secondo livello.
E' lo stesso disegno della scuola secondaria: invece di favorire percorsi formativi modulari e flessibili che consentano allo studente di arricchire progressivamente la propria formazione, insieme culturale e professionale, ritagliando gli studi sulle proprie esigenze e necessità, si creano percorsi rigidi che rendono irreversibili le scelte via via compiute.
Il risultato sarà quello di studenti che hanno iniziato gli studi universitari con l'ambizione di percorrerli fino in fondo, scegliendo per questo il percorso per così dire "culturale", e che non essendo in grado, per le ragioni più varie, di portarlo fino in fondo, avranno un titolo triennale dichiaratamente non professionalizzante ovvero, viceversa, di studenti che hanno scelto il corso di laurea triennale "professionalizzante" che si vedranno ostacolati (e, forse, impediti) nella prosecuzione degli studi.
Con questo schema, si impone di rinunziare a priori alla vera sfida della riforma del 1999: quella di superare la rigida e scolastica distinzione tra insegnamenti formativi di base e insegnamenti professionalizzanti, realizzando un intreccio tra i due aspetti che consentisse alla laurea triennale di essere insieme professionalizzante e formativa di base.
Si ripropone la gerarchia tra sapere critico e sapere tecnico che sembrava in via di superamento. Né può essere trascurato che la gerarchia tra i percorsi formativi si rifletterà immediatamente in una gerarchia tra i docenti destinati all'uno o all'altro che poco avrà a che fare con la qualità del lavoro svolto.
alla abolizione dei corsi Master universitari.
L’Università, quale soggetto istituzionalmente deputato all’alta formazione, è il soggetto istituzionale più titolato ad un’attività didattica, da svolgersi in stretto collegamento con il mondo produttivo, diretta adattare l’imprescindibile formazione teorica dei corsi di laurea triennale e biennale alle concrete esigenze delle attività produttive e ad essere momento qualificato dei processi di formazione permanente per le alte professionalità.
Come è noto, è questo un campo nel quale le Università operano – con successo – in concorrenza con numerosi soggetti privati e l’abolizione in discorso assume obiettivamente un significato di favore per questi ultimi.
La Segreteria nazionale FLC CGIL considera inaccettabile che continui la politica delle riforme "a costo zero".
Già la riforma degli ordinamenti in corso ha comportato un incremento significativo della popolazione studentesca e dell’attività didattica senza un corrispondente incremento né degli organici di personale docente e tecnico amministrativo, né delle strutture fisiche (aule, biblioteche e laboratori), peraltro sollecitate anche dagli incrementi di frequenza ai corsi prodotti dalla stessa riforma.
Oggi si vorrebbe riproporre alle Università la creazione di un canale biennale aggiuntivo senza prevedere incrementi né di organici né di strutture fisiche. Inoltre l'introduzione di modifiche complesse nelle carriere degli allievi, mentre è in corso un delicato processo di transizione dal vecchio al nuovo ordinamento, potrà avere un impatto devastante sulla stessa capacità di tenuta delle strutture amministrative degli Atenei.